Africa & Co: le clausole segrete del credito cinese

Lorenzo Magnani
Lorenzo Magnani
12.4.2021
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I paesi africani, come molti altri in via di sviluppo, sono caduti nella trappola del debito della Cina. Esaminando i singoli contratti di credito emergono molte clausole a tutto vantaggio della seconda

Secondo il rapporto “How China Lends” di AidData, i creditori cinesi stanno redigendo clausole di riservatezza che vanno ben oltre i requisiti solitamente richiesti dai paesi creditori o dalle banche di sviluppo

Sui 100 contratti analizzati (2000-2021), tre quarti prevedano una clausola contro il Club di Parigi, il 30% clausole a garanzia del prestito, il 90% una di recesso nel caso di cambiamenti politici nel paese ed infine (tutto i contratti dal 2014) clausole di riservatezza

La Cina, il più grande creditore al mondo e il più grande partner economico dell'Africa, è stata spesso accusata di mettere in atto una vera e propria trappola del debito nei confronti dell'Africa: le condizioni di credito - nonché il carattere segreto dei contratti - imposte ai paesi africani per molti hanno carattere predatorio. In effetti, a ben vedere i contratti, sembra essere così. A dirlo è il report condotto da AidData, un laboratorio di ricerca e innovazione con sede negli Stati Uniti, che evidenzia come i prestatori cinesi, tramite certe clausole contrattuali, stiano cercando di ottenere un vantaggio rispetto agli altri creditori nei paesi in via di sviluppo, al contempo limitando le opzioni dei mutuatari per la gestione delle crisi e complicando la rinegoziazione del debito.
I ricercatori hanno esaminato 100 contratti stipulati tra il 2000 e il 2020 tra istituti di credito cinesi e 24 paesi in via di sviluppo, di cui 11 africani, per un valore di 36,6 miliardi di dollari. In 84 casi i finanziatori sono la China Development Bank, la Export-Import Bank of China (China Eximbank) e China Development Bank (CDB).  I ricercatori hanno scoperto che i contratti contenevano spesso disposizioni che posizionano le banche statali cinesi come "creditori privilegiati”: i loro prestiti devono essere rimborsati prima degli altri. Ma questa non è l'unica clausola sospetta.

Le clausole “segrete”



  • Clausola "No Paris Club": uno dei risultati più controversi del rapporto è che quasi tre quarti dei contratti risultano contenere clausole "no Paris Club". Clausole per le quali i paesi mutuatari si impegnano a non partecipare a ristrutturazioni del debito realizzate del Club di Parigi, gruppo informale di organizzazioni finanziarie dei 22 paesi più ricchi del mondo, che procede ad una accurata rinegoziazione del debito pubblico bilaterale dei Paesi del Sud del mondo e di cui la Cina non fa parte.

  • Clausola di riservatezza: in molti casi poi, questi contratti (tutti quelli analizzati dal 2014) presentano ampie clausole di riservatezza che impediscono ai mutuatari di condividere i dettagli sui contratti e in alcuni casi anche di far sapere che esistono. "Gli  impegni di riservatezza dei mutuatari rendono difficile per tutte le parti interessate, compresi gli altri creditori, accertare la reale posizione finanziaria del mutuatario sovrano, individuare pagamenti preferenziali e progettare politiche di risposta alle crisi" scrivono gli autori del report.

  • Clausola di garanzia: i ricercatori hanno anche scoperto che gli istituti di credito cinesi (30% dei contratti analizzati) richiedono che i proventi dei progetti finanziati dai prestiti siano tenuti in deposito a garanzia o in conti bancari speciali presso una banca "accettabile per il prestatore". Ma come osservano gli autori "se una quota sostanziale delle entrate di un paese è sotto il controllo effettivo di un singolo creditore, è probabile che le misure convenzionali di sostenibilità del debito sovrastimano la reale capacità di servizio del debito del paese e sottostimano il rischio di sofferenza del debito".

  • Clausole di inadempimento e recesso: spesso i contratti hanno poi "clausole di annullamento, accelerazione e stabilizzazione" che danno agli istituti di credito un'ampia libertà per annullare i prestiti o accelerare il rimborso se non sono d'accordo con le politiche del mutuatario.  Ciò consente potenzialmente agli istituti di credito cinesi di influenzare le politiche interne ed estere dei paesi mutuatari, affermano i ricercatori. Tra queste clausole, c'è anche una clausola che stabilisce che la violazione delle relazioni diplomatiche equivale a un'inadempienza. E il 90% degli accordi esaminati nel rapporto permettono al creditore cinese di chiedere il rimborso nel caso di un significativo cambiamento politico o legale nel paese debitore. Infine tutti i contratti della CDB prevedano in caso di default del debitore nei confronti di altri prestatori l'immediato rimborso.

Laureato in Finanza e mercati Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano, nella redazione di We Wealth scrive di mercati, con un occhio anche ai private market. Si occupa anche di pleasure asset, in particolare di orologi, vini e moto d’epoca.

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