Il 2020 dell'Italia in pillole: boom dei fondi esg, ma poche Ipo

30.3.2021
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Stando all'ultimo osservatorio sul mercato dei capitali in Italia di Equita, il 2020 è stato contrassegnato da una quasi totale mancanza di Ipo e di aumenti di capitale. Accelera, invece, la raccolta esg
L'unico dato rilevante sul mercato domestico è la ricomparsa delle emissioni convertibili: sei nel corso dell'anno per oltre due miliardi e ottocentomila euro
Registrata una quasi totale assenza degli aumenti di capitale e delle Ipo (se ne contano tre nel corso dell'anno per oltre 10 milioni di raccolta)
Per quanto riguarda il mercato del debito, l'Italia resta ben posizionata: i volumi risultano in crescita di circa il +15% sul 2019 e gli emittenti del +11%
Secondo il Quinto osservatorio sul mercato dei capitali in Italia di Equita, lo scorso anno è stato caratterizzato da una “fortissima volatilità” e una diffusa incertezza economica a livello globale. Solo nel mese di marzo tutti gli indici hanno perso circa il 40%, ma il rapido e massiccio intervento delle banche centrali ha consentito un graduale recupero, con l'S&P addirittura in crescita di 15 punti percentuali. E, in questo contesto, il mercato tricolore “ha rappresentato solo una piccola porzione dei volumi dei mercati europei”, spiega Marco Clerici, co-head of investment banking dell'istituto.
“Solo il 5% delle nuove emissioni sono riferibili al mercato italiano e meno della metà di queste sono effettivamente raccolte in nuovi capitali”, precisa Clerici. “L'unico dato rilevante sul mercato domestico è la ricomparsa delle emissioni convertibili: sei nel corso dell'anno per oltre due miliardi e ottocentomila euro, il dato migliore rispetto a tutti gli altri paesi, escluse Germania e Francia”. Il 2020, aggiunge, è stato contrassegnato da una quasi totale mancanza di Ipo (Initial public offering). Se ne contano infatti tre nel corso dell'anno, per oltre 10 milioni di raccolta, e solo una sull'Aim (l'indice della Borsa di Milano dedicato alle piccole e medie imprese ad alto potenziale di crescita, ndr).
Inoltre, si registra una “quasi totale assenza degli aumenti di capitale e una grossa presenza degli ABB e dei convertibili (che non erano più presenti sul mercato dal 2017). E questo trend lo stiamo vedendo anche nei primi mesi del 2021, probabilmente dettato dai tassi d'interesse che continuano a essere ai minimi storici e dalle attese di ulteriore recovery sui titoli azionari”, spiega Clerici. “I temi principali sono storici e strutturali: alta volatilità e minore liquidità rispetto agli altri mercati europei, ma soprattutto la mancanza di una base solida degli investitori domestici, che sono i naturali sottoscrittori soprattutto per quelle Ipo di minori dimensioni che non vedono negli investitori internazionali particolare interesse”, aggiunge.
Per quanto riguarda il mercato del debito, l'Italia resta ben posizionata. I volumi risultano in crescita di circa il +15% sul 2019 e gli emittenti del +11% (da 44 a 49). Si parla di una raccolta totale di circa 30 miliardi di euro, il “dato migliore dal 2017 ad oggi, a conferma del fatto che il mercato del debito in generale, e quindi anche in Italia, sia un mercato molto sostenuto dagli investitori istituzionali”, interviene Clerici. L'unica nota in controtendenza è rappresentata dai minibond, che hanno conosciuto un crollo di circa il 50% dei volumi e il 38% delle emittenti. “I motivi principali sono la forte concorrenza del sistema bancario, particolarmente liquido, e la disponibilità di nuove forme di debito, come i finanziamenti garantiti. Pensiamo che questo trend continuerà, anche perché stiamo assistendo a una forte crescita della raccolta dei fondi di private debt”, spiega.
Ma la novità principale dell'anno della crisi, secondo l'esperto, è la forte crescita e accelerazione della raccolta dei fondi esg (environmental, social, governance), con l'Europa che cattura l'80% degli afflussi globali e l'Italia che tiene il passo soprattutto nella seconda metà del 2020. “Per la prima volta nella storia c'è stata una divaricazione importante dei rendimenti dei fondi esg rispetto ai fondi tradizionali. Fino al 2019 gli investimenti nei fondi esg erano considerati una sorta di nice to have (bisognava averli per questioni più qualitative che quantitative) mentre nel 2020 gli indici dei fondi esg hanno addirittura sovraperformato del 15%. E lo stesso vale per il mondo del debito, che ha visto negli ultimi due anni i fondi obbligazionari esg sovraperformare i fondi investment grade”, dichiara Clerici. Per poi volgere uno sguardo sul trend italiano dei green bond. “La raccolta negli ultimi sette anni ha riportato un tasso di crescita media ponderata del 43%. Ma la novità maggiore è che, dei 14 miliardi raccolti, il 35% è stato emesso dalle istituzioni finanziarie. Questo significa che le istituzioni finanziarie raccolgono fondi da destinare agli esg e creano un volano in quanto possono investire e reinvestire in società che a loro volta sono esg eligible, generando chiaramente un circolo virtuoso sul mercato”, conclude.
Inoltre, si registra una “quasi totale assenza degli aumenti di capitale e una grossa presenza degli ABB e dei convertibili (che non erano più presenti sul mercato dal 2017). E questo trend lo stiamo vedendo anche nei primi mesi del 2021, probabilmente dettato dai tassi d'interesse che continuano a essere ai minimi storici e dalle attese di ulteriore recovery sui titoli azionari”, spiega Clerici. “I temi principali sono storici e strutturali: alta volatilità e minore liquidità rispetto agli altri mercati europei, ma soprattutto la mancanza di una base solida degli investitori domestici, che sono i naturali sottoscrittori soprattutto per quelle Ipo di minori dimensioni che non vedono negli investitori internazionali particolare interesse”, aggiunge.
Debito: volumi in crescita del 15%
Per quanto riguarda il mercato del debito, l'Italia resta ben posizionata. I volumi risultano in crescita di circa il +15% sul 2019 e gli emittenti del +11% (da 44 a 49). Si parla di una raccolta totale di circa 30 miliardi di euro, il “dato migliore dal 2017 ad oggi, a conferma del fatto che il mercato del debito in generale, e quindi anche in Italia, sia un mercato molto sostenuto dagli investitori istituzionali”, interviene Clerici. L'unica nota in controtendenza è rappresentata dai minibond, che hanno conosciuto un crollo di circa il 50% dei volumi e il 38% delle emittenti. “I motivi principali sono la forte concorrenza del sistema bancario, particolarmente liquido, e la disponibilità di nuove forme di debito, come i finanziamenti garantiti. Pensiamo che questo trend continuerà, anche perché stiamo assistendo a una forte crescita della raccolta dei fondi di private debt”, spiega.
Accelera la raccolta dei fondi esg
Ma la novità principale dell'anno della crisi, secondo l'esperto, è la forte crescita e accelerazione della raccolta dei fondi esg (environmental, social, governance), con l'Europa che cattura l'80% degli afflussi globali e l'Italia che tiene il passo soprattutto nella seconda metà del 2020. “Per la prima volta nella storia c'è stata una divaricazione importante dei rendimenti dei fondi esg rispetto ai fondi tradizionali. Fino al 2019 gli investimenti nei fondi esg erano considerati una sorta di nice to have (bisognava averli per questioni più qualitative che quantitative) mentre nel 2020 gli indici dei fondi esg hanno addirittura sovraperformato del 15%. E lo stesso vale per il mondo del debito, che ha visto negli ultimi due anni i fondi obbligazionari esg sovraperformare i fondi investment grade”, dichiara Clerici. Per poi volgere uno sguardo sul trend italiano dei green bond. “La raccolta negli ultimi sette anni ha riportato un tasso di crescita media ponderata del 43%. Ma la novità maggiore è che, dei 14 miliardi raccolti, il 35% è stato emesso dalle istituzioni finanziarie. Questo significa che le istituzioni finanziarie raccolgono fondi da destinare agli esg e creano un volano in quanto possono investire e reinvestire in società che a loro volta sono esg eligible, generando chiaramente un circolo virtuoso sul mercato”, conclude.