Testamento olografo: cosa succede se è scritto in stampatello?

Il testamento olografo ha senza dubbio il pregio di essere uno strumento legale utilizzabile in qualunque momento da chiunque abbia capacità di agire e voglia disporre delle proprie sostanze, in estrema autonomia e segretezza, per il momento in cui abbia cessato di vivere. Esso, infatti, non prevede l’intervento del notaio né richiede la presenza di testimoni. Va da sé che, proprio per tali caratteristiche, la tipologia di testamento in parola è tuttavia maggiormente soggetta ai rischi di smarrimento, falsificazione o soppressione.
Cosa serve affinché un testamento olografo sia valido?
Affinché un testamento olografo sia valido, occorre che esso rispetti i tre requisiti richiesti dall’art. 602 del Codice civile, ovverosia la scrittura, la sottoscrizione e la datazione di mano del testatore.
In particolare, per quanto riguarda l’olografia, è necessario che il testamento sia redatto dal testatore di suo pugno, utilizzando la propria grafia abituale e normale, in modo da assicurarne la riconducibilità allo scrivente, determinandone la provenienza.
Posto che il requisito dell’olografia esclude per certo che si possa validamente confezionare un testamento olografo attraverso strumenti diversi dalla scrittura a mano (quali, per esempio, la macchina da scrivere o il computer), è questione controversa l’ammissibilità dell’utilizzo, da parte del testatore, della scrittura in stampatello (al posto del tradizionale carattere corsivo) a tal fine.
Diversi orientamenti giurisprudenziali sul testamento scritto in stampatello
Al riguardo, un primo orientamento ritiene che sia invalido il testamento olografo confezionato dal testatore in stampatello, poiché tale carattere è privo degli elementi di individualità, abitualità e normalità tipicamente riscontrabili nella scrittura in corsivo ed è inoltre agevolmente falsificabile, rendendo più difficile l’accertamento della paternità dello scritto. In base a tale approccio, dunque, l’utilizzo dello stampatello sarebbe ammissibile soltanto ove il testatore scrivesse abitualmente in questo modo.
Un secondo orientamento, invece, sostiene che l’art. 602 del Codice civile non pone l’abitualità e la normalità della scrittura tra i requisiti del testamento olografo, richiedendone soltanto, per l’appunto, l’autografia. Sarebbe dunque perfettamente valido il testamento scritto in maiuscolo dal testatore che, consapevole dell’illeggibilità della propria grafia, proceda in tal modo per facilitare la comprensione delle sue ultime volontà, ancorché egli non utilizzi tali caratteri nella sua quotidianità. In pratica, viene operata una netta distinzione tra il profilo della validità e quello della prova del negozio, riconducendo a quest’ultimo il tema della scrittura in stampatello del testamento.
A fronte dei sopramenzionati opposti schieramenti, la giurisprudenza dominante (si vedano, da ultimo, Cass. civ., sez. II, ordinanza del 31 dicembre 2021, n. 42124 e Cass. civ., sez. II, sentenza del 5 dicembre 2018, n. 31457) sembra al momento abbracciare l’orientamento più liberale, sostenendo che l’abitualità e la normalità del carattere grafico adoperato dal testatore non rientrano fra i requisiti formali del testamento olografo ai sensi dell'art. 602 del Codice civile in termini di validità dello stesso; esse, piuttosto, rilevano a fini probatori per l’attribuzione della scheda al testatore.
Conseguentemente, l’utilizzo dello stampatello non può escludere di per sé l'autenticità della scrittura del testatore, che va invece valutata alla luce di ulteriori elementi, quali le condizioni psico-fisiche del testatore stesso, le sue abitudini o altre circostanze rilevanti.
Cosa si può fare in caso di testamento olografo scritto in stampatello da persona però che scrive, abitualmente, in corsivo? Quando si può contestare la firma (in stampatello) in un testamento olografo?
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