Successioni: i pro e contro della cointestazione dei conti

28.2.2020
Tempo di lettura: 3'
Ai fini delle successioni, cosa capita ai conti correnti cointestati? Ecco gli aspetti da valutare nel caso di decesso di uno dei contitolari
È prassi frequente quella in cui soltanto uno dei contitolari apporti la provvista su un conto corrente, sia per consentire agli altri cointestatari di poter effettuare operazioni, sia anche come una sorta di pianificazione successoria, al fine di ridurre la massa imponibile della futura eredità: i casi più classici, infatti, sono quelli del genitore anziano che aggiunge la cointestazione del conto ai figli, oppure la cointestazione fra coniugi in separazione dei beni, oppure, e soprattutto, fra conviventi.
È altresì, frequente che il conto cointestato abbia la forma disgiunta, ed eccezionalmente quella congiunta.
Accanto tuttavia a queste utilità, vi sono aspetti da valutare nel caso di decesso di uno dei contitolari.
Accanto tuttavia a queste utilità, vi sono aspetti da valutare nel caso di decesso di uno dei contitolari.
È altresì, frequente che il conto cointestato abbia la forma disgiunta, ed eccezionalmente quella congiunta.
Accanto tuttavia a queste utilità, vi sono aspetti da valutare nel caso di decesso di uno dei contitolari.
Nel primo caso, forma disgiunta, per l'art. 9 delle condizioni generali relative al rapporto banca-cliente, allegato A alla circolare dell'Abi del 15 febbraio 2005, n. Lg/000906, la morte del cointestatario non interrompe il rapporto per gli altri contitolari che continueranno a esercitare i poteri disgiunti, mentre discorso diverso vale per gli eredi che saranno tenuti ad esercitare i poteri in modo congiunto. Al 4° comma, si afferma che in caso di opposizione da parte di un contitolare o erede, la banca deve pretendere il concorso di tutti.
Nel secondo caso, forma congiunta, il rapporto con la banca prosegue nella forma sempre congiunta, fra i titolari superstiti e gli eredi, in virtù dell'interpretazione analogica del mandato collettivo di cui all'art. 1726 c.c, in forza del quale “se il mandato è stato conferito da più persone con unico atto e per un affare d'interesse comune, la revoca non ha effetto qualora non sia fatta da tutti i mandanti, salvo che ricorra una giusta causa”..
Ad ogni buon conto, in entrambi i casi, sia di poteri disgiunti che congiunti, per effetto del decesso di un cointestatario, si crea una comunione incidentale, che genera diversi problemi, sia per i contitolari superstiti, sia per i contitolari sopraggiunti per effetto dell'eredità, sia per la banca chiamata a dover liquidare il saldo del conto.
Nella prassi può accadere che gli istituti bancari blocchino il conto (“congelamento” dell'intero), in attesa che venga presentata la dichiarazione di successione, in virtù dell' art. 48 Tus, 3° comma.
Tale metodologia sarebbe confermata anche da qualche decisione in ambito di Arbitrato finanziario bancario.
A volte, invece, può accadere che gli istituti bancari blocchino, non l'intero saldo, ma solo la parte presuntivamente destinata agli eredi e provvedano, naturalmente su richiesta, alla liquidazione dell'altra al contitolare o contitolari superstiti, in quanto diritto proprio e non dipendente dalla successione.
A prescindere da tali prassi, rimane, poi, il fatto che l'erede, ai sensi dell'art. 119 Tub voglia verificare la movimentazione del conto..
Tutto questo per quale motivo? Perché l'erede può ricercare quelle prove che potrebbero consentirgli di dimostrare che le somme presuntivamente cointestate al contitolare erano di fatto soltanto di proprietà del de-cuius, vincendo così la presunzione di contitolarità, attuando così il reintegro delle donazioni operate in vita dal disponente.
Si tratta della prova della titolarità reale delle somme, rispetto a quella presunta richiamata dalle varie norme più sopra richiamate alle quali aggiungere l'art. 11, 2° comma del Testo unico sulle successione ex L.346/90.
Al riguardo, a supporto, l'erede può contare su un'interpretazione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (n.18725/2017), secondo la quale, nel ripercorrere la distinzione fra donazioni dirette e indirette, ha statuito che la cointestazione del conto deve ricondursi a quella indiretta, per la quale non è richiesta la forma dell'atto pubblico.
L'excursus giurisprudenziale successivo, ha dimostrato una particolare attenzione a queste operazioni, nella parte in cui, dopo aver confermato la natura indiretta della donazione, ha, tuttavia, precisato la necessità di provare l'animus donandi.
Di recente sempre la Cassazione, ha tuttavia chiarito che il rapporto sottostante può essere anche di altra natura rispetto alla donazione indiretta, ma deve comunque essere provato dal richiedente, affermando a proposito della cointestazione la natura di cessione del credito.
In altre parole, mentre gli artt. 1854 e 1298 c.c. siglano la presunzione di contitolarità del contenuto del conto, sancendone una solidarietà attiva esterna nei confronti della banca e una solidarietà interna fra i contitolari, e quindi un'esigibilità delle somme da parte dei cointestatari, la recente sentenza precisa però che, in caso di decesso, occorra accertarne la titolarità in concreto che deve evidentemente essere provata attraverso il contratto sottostante (qualificato nel caso sopra richiamato) cessione di credito, ma ben potrebbe essere anche una donazione indiretta, come, peraltro, affermato dalla Suprema Corte a sezioni unite (più sopra riportata).
Pare che quest'ultimo orientamento superi quello precedente, secondo il quale in caso di cointestazione del conto si realizza una solidarietà dal lato attivo dell'obbligazione, che sopravvive alla morte di uno dei contitolari, sicché il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell'altro, l'adempimento dell'intero saldo del libretto di deposito a risparmio e l'adempimento così conseguito libera la banca verso gli eredi dell'altro contitolare.
In questo contesto, appare presumibile che gli istituti bancari, a fronte del decesso di un contitolare di un conto corrente, ricorrano esclusivamente alla prassi più rigida, ossia quella di congelare l'intero conto in attesa che venga risolta la questione ereditaria in modo da non essere chiamati a dover reintegrare delle somme, liquidate al cointestatario per diritto proprio, senza la prova della effettiva comproprietà sostanziale.
D'altra parte, quando un conto corrente cointestato viene pignorato per l'intero nonostante vi sia una contitolarità, la banca non può disporre delle somme presuntivamente dell'altro contitolare non debitore, ma dovrà evidenziare nella dichiarazione resa ai sensi dell'art. 547 c.p.c., l'esistenza di rapporti contestati al fine di consentire al giudice dell'esecuzione di disporre la comparizione degli altri cointestatari nel procedimento esecutivo affinché facciano valere le loro ragioni.
Accanto tuttavia a queste utilità, vi sono aspetti da valutare nel caso di decesso di uno dei contitolari.
Nel primo caso, forma disgiunta, per l'art. 9 delle condizioni generali relative al rapporto banca-cliente, allegato A alla circolare dell'Abi del 15 febbraio 2005, n. Lg/000906, la morte del cointestatario non interrompe il rapporto per gli altri contitolari che continueranno a esercitare i poteri disgiunti, mentre discorso diverso vale per gli eredi che saranno tenuti ad esercitare i poteri in modo congiunto. Al 4° comma, si afferma che in caso di opposizione da parte di un contitolare o erede, la banca deve pretendere il concorso di tutti.
Nel secondo caso, forma congiunta, il rapporto con la banca prosegue nella forma sempre congiunta, fra i titolari superstiti e gli eredi, in virtù dell'interpretazione analogica del mandato collettivo di cui all'art. 1726 c.c, in forza del quale “se il mandato è stato conferito da più persone con unico atto e per un affare d'interesse comune, la revoca non ha effetto qualora non sia fatta da tutti i mandanti, salvo che ricorra una giusta causa”..
Ad ogni buon conto, in entrambi i casi, sia di poteri disgiunti che congiunti, per effetto del decesso di un cointestatario, si crea una comunione incidentale, che genera diversi problemi, sia per i contitolari superstiti, sia per i contitolari sopraggiunti per effetto dell'eredità, sia per la banca chiamata a dover liquidare il saldo del conto.
Nella prassi può accadere che gli istituti bancari blocchino il conto (“congelamento” dell'intero), in attesa che venga presentata la dichiarazione di successione, in virtù dell' art. 48 Tus, 3° comma.
Tale metodologia sarebbe confermata anche da qualche decisione in ambito di Arbitrato finanziario bancario.
A volte, invece, può accadere che gli istituti bancari blocchino, non l'intero saldo, ma solo la parte presuntivamente destinata agli eredi e provvedano, naturalmente su richiesta, alla liquidazione dell'altra al contitolare o contitolari superstiti, in quanto diritto proprio e non dipendente dalla successione.
A prescindere da tali prassi, rimane, poi, il fatto che l'erede, ai sensi dell'art. 119 Tub voglia verificare la movimentazione del conto..
Tutto questo per quale motivo? Perché l'erede può ricercare quelle prove che potrebbero consentirgli di dimostrare che le somme presuntivamente cointestate al contitolare erano di fatto soltanto di proprietà del de-cuius, vincendo così la presunzione di contitolarità, attuando così il reintegro delle donazioni operate in vita dal disponente.
Si tratta della prova della titolarità reale delle somme, rispetto a quella presunta richiamata dalle varie norme più sopra richiamate alle quali aggiungere l'art. 11, 2° comma del Testo unico sulle successione ex L.346/90.
Al riguardo, a supporto, l'erede può contare su un'interpretazione della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (n.18725/2017), secondo la quale, nel ripercorrere la distinzione fra donazioni dirette e indirette, ha statuito che la cointestazione del conto deve ricondursi a quella indiretta, per la quale non è richiesta la forma dell'atto pubblico.
L'excursus giurisprudenziale successivo, ha dimostrato una particolare attenzione a queste operazioni, nella parte in cui, dopo aver confermato la natura indiretta della donazione, ha, tuttavia, precisato la necessità di provare l'animus donandi.
Di recente sempre la Cassazione, ha tuttavia chiarito che il rapporto sottostante può essere anche di altra natura rispetto alla donazione indiretta, ma deve comunque essere provato dal richiedente, affermando a proposito della cointestazione la natura di cessione del credito.
In altre parole, mentre gli artt. 1854 e 1298 c.c. siglano la presunzione di contitolarità del contenuto del conto, sancendone una solidarietà attiva esterna nei confronti della banca e una solidarietà interna fra i contitolari, e quindi un'esigibilità delle somme da parte dei cointestatari, la recente sentenza precisa però che, in caso di decesso, occorra accertarne la titolarità in concreto che deve evidentemente essere provata attraverso il contratto sottostante (qualificato nel caso sopra richiamato) cessione di credito, ma ben potrebbe essere anche una donazione indiretta, come, peraltro, affermato dalla Suprema Corte a sezioni unite (più sopra riportata).
Pare che quest'ultimo orientamento superi quello precedente, secondo il quale in caso di cointestazione del conto si realizza una solidarietà dal lato attivo dell'obbligazione, che sopravvive alla morte di uno dei contitolari, sicché il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell'altro, l'adempimento dell'intero saldo del libretto di deposito a risparmio e l'adempimento così conseguito libera la banca verso gli eredi dell'altro contitolare.
In questo contesto, appare presumibile che gli istituti bancari, a fronte del decesso di un contitolare di un conto corrente, ricorrano esclusivamente alla prassi più rigida, ossia quella di congelare l'intero conto in attesa che venga risolta la questione ereditaria in modo da non essere chiamati a dover reintegrare delle somme, liquidate al cointestatario per diritto proprio, senza la prova della effettiva comproprietà sostanziale.
D'altra parte, quando un conto corrente cointestato viene pignorato per l'intero nonostante vi sia una contitolarità, la banca non può disporre delle somme presuntivamente dell'altro contitolare non debitore, ma dovrà evidenziare nella dichiarazione resa ai sensi dell'art. 547 c.p.c., l'esistenza di rapporti contestati al fine di consentire al giudice dell'esecuzione di disporre la comparizione degli altri cointestatari nel procedimento esecutivo affinché facciano valere le loro ragioni.