Scegliere il cognome del figlio: quali risvolti (non solo) patrimoniali?

Alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale, potrebbero profilarsi alcune criticità nei rapporti tra marito e moglie
L’attribuzione ai figli legittimi del solo cognome paterno derivava dall’interpretazione sistematica di alcune disposizioni dell’ordinamento
Come noto, la sentenza della Corte costituzionale n. 131/2022 in materia di attribuzione del cognome ai figli, di aprile dello scorso anno, ha destato particolare scalpore, scardinando, per certi versi, un approccio tradizionale consolidato ormai da tempo immemore.
Alla luce della pronuncia della Consulta, infatti, è stata riconosciuta, tra le altre cose, la facoltà dei genitori di scegliere quale cognome attribuire ai figli e secondo quale ordine: prima quello della madre e poi quello del padre o viceversa.
Spesso, infatti, l’ordinamento è stato oggetto di critiche in materia, alla luce di un’asserita disparità di trattamento fra i coniugi che, per quanto concerne l’attribuzione del cognome ai figli, avrebbe determinato una mancanza di evidenziazione dell’identità della moglie e della sua famiglia di origine.
Siffatta pronuncia pertanto, da un lato, ha segnato un importante passo avanti verso il percorso di parificazione dei diritti tra uomo e donna, dall’altro, ha sollevato numerose (quanto inevitabili) questioni, in ambito civilistico.

Doppio cognome e trasmissione generazionale della ricchezza
La circostanza che la Consulta abbia dichiarato incostituzionali le norme che impongono di attribuire automaticamente ai figli il solo cognome del padre impatta anche nell'ambito della trasmissione generazionale della ricchezza.
Questa importante pronuncia, infatti, riconoscendo maggiore evidenza al cognome materno, ha determinato riflessi dal punto di vista della protezione e tutela del patrimonio: si pensi a coloro che intendono valorizzare l’appartenenza al ramo familiare della moglie il cui cognome, ad esempio, è collegato ad un grande brand, ad un’importante realtà imprenditoriale o ad un business promettente.
Sfruttando inoltre la trasmissibilità del cognome celebre e notorio della madre è possibile, mediante l’impiego di alcuni strumenti messi a disposizione dall’ordinamento per consentire il passaggio generazionale, dare continuità (anche d’immagine) al marchio.
Perché fino ad ora è stato attribuito in via automatica il cognome paterno?
Come messo in evidenza dal Consiglio nazionale del notariato con lo Studio n. 200-2022/P, la circostanza che nel nostro ordinamento, fino alla pronuncia in esame della Corte Cost. n. 131 del 2022, si prevedesse un sistema automatico di acquisizione del cognome paterno rispondeva ad un’esigenza non arbitraria quanto, per così dire, “fisiologica”: attribuendo come regola il cognome paterno il legislatore ha ritenuto di prendere atto della realtà sociale, riconoscendo una tradizione modellatasi lungo il corso di secoli in base a esigenze concrete, alla luce del fatto che mater semper certa est, il padre, invece, lo diviene.
La necessità di aggiornare la materia
Il cognome a differenza del nome, segnala il Consiglio nazionale del notariato, consente di individuare la famiglia di appartenenza e di collocare in modo immediato il soggetto nella sua linea di discendenza cogliendo il nesso fra le generazioni.
In buona sostanza, il cognome unito al nome permette l’identificazione esatta di ogni persona.
Nell’ambito familiare, - stando a quanto emerge dal citato Studio n. 200-2022/P – l’assegnazione al figlio legittimo del cognome del padre è, fino a prima della sentenza della Corte cost. n. 131/2022, avvenuta non per statuizioni codificate espresse ma mediante una norma di sistema, presupposta da una serie di disposizioni regolatrici (di fattispecie diverse e afferenti al cognome), sostenuta dalla cultura sociale e storica italiana.
Tuttavia, la necessità di aggiornare la materia – come emerge dalla sentenza della Corte cost. n. 131 del 2022 – è discesa, tra le altre cose, da un contrasto:
- con il principio di parità ed eguaglianza ex art. 3 Cost.
- con il principio di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi ex art. 29 Cost.
- con il principio di libera manifestazione della personalità all’interno dell’ambito familiare ex art. 2 Cost.
Le conseguenze della recente pronuncia: profili critici
L’attribuzione ai figli legittimi del cognome paterno appare – come osservato dal Consiglio nazionale del notariato – derivare dall’interpretazione sistematica dell’ordinamento, ricavabile da disposizioni del codice civile e dalla disciplina dello stato civile.
Alla luce della disapplicazione di tale norma, in forza della recente sentenza della Corte Costituzionale, si paventano – osserva il Consiglio del notariato – possibili criticità:
- circa l’interesse dei figli minori, che potrebbero essere considerati, ormai soprattutto dal punto di vista sociale e non più giuridico, a motivo dell’attribuzione del solo cognome materno, naturali, non legittimi
- circa l’armonia familiare, per la complessità di un accordo fra i coniugi riguardo l’opzione del cognome dei figli
- circa l’armonia familiare, poiché la scelta del cognome rimessa alla disponibilità dei coniugi, non risponde comunque neppure ad astratte esigenze di parità, poiché se il principio sarebbe in quest’ottica di applicazione dell’art. 3 Cost. (sostanzialmente non considerando l’art. 29 Cost.) rispettato fra marito e moglie, l’accordo fra i coniugi esclude e non considera il rapporto fra genitori e figli.
I figli, inoltre, potrebbero dissentire dall’opzione effettuata dai genitori e lamentare di non avere manifestato la propria eventualmente differente volontà.
Si tratta di preoccupazioni di carattere generico che identificano questioni di ampio spettro e non sono declinabili ad ogni singolo caso concreto. Tuttavia, è sempre opportuno rivolgersi ad un consulente esperto per identificare per tempo possibili criticità.
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