Residenza fiscale: come identificare la sede principale?

Roberta Moscaroli
Roberta Moscaroli
15.7.2022
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La Cassazione, con la pronuncia n. 16954/2022, è tornata sul tema della residenza fiscale, confermando l’orientamento secondo cui l’identificazione (e l’accertamento) della sede principale degli affari e interessi di un individuo discende da un processo valutativo complesso

Con l’ordinanza n. 16954 del 25 maggio 2022, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in materia di residenza fiscale delle persone fisiche e sui criteri in forza dei quali la stessa debba ritenersi individuata, attribuendo preminenza, nel caso di specie, ai rapporti economici e patrimoniali del contribuente rispetto a quelli personali e familiari di quest’ultimo. 


La pronuncia della Cassazione costituisce l’occasione per fare il punto sul tema, sia per la complessità della disciplina di riferimento, testimoniata dalla persistenza di un cospicuo contenzioso, sia per il crescente rilievo che la tematica è destinata ad assumere alla luce del sempre più elevato grado di mobilità degli individui


I criteri di determinazione della residenza fiscale nella prassi e nella giurisprudenza 

Al riguardo, si ricorda innanzitutto che la definizione del concetto di residenza fiscale delle persone fisiche è contenuta nell’articolo 2, comma 2, del Tuir, in base al quale sono considerate residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta – e cioè, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile) – sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza. 


Ancora, si ricorda che le nozioni di “residenza” e di “domicilio” contenute nel citato comma 2 dell’articolo 2 del Tuir sono mutuate dalla disciplina civilistica, che definisce la prima come il luogo di dimora abituale e il secondo come la sede principale degli affari ed interessi (cfr. articolo 43 del codice civile). 


Ora, storicamente, è stata la portata del concetto di “domicilio” l’elemento su cui si sono registrate le maggiori questioni interpretative, trattandosi di comprendere, in particolare, se la locuzione «affari e interessi», oltre a riferirsi alla sfera lavorativa, patrimoniale ed economica della persona, fosse da estendere alla dimensione dei rapporti affettivi e familiari e se questa dimensione fosse da considerare addirittura prevalente. 


Su tale questione, l’Amministrazione finanziaria ha adottato, da sempre, l’orientamento secondo cui alla locuzione «sede principale degli affari ed interessi» occorresse attribuire un «significato ampio», comprensivo non solo dei rapporti di natura economica e patrimoniale ma anche di quelli morali, sociali e familiari (cfr. ex multis la Circ. n. 304/E/1997). Secondo detto orientamento, la valutazione sul luogo del domicilio non può basarsi su criteri di valutazione meramente quantitativi, prestandosi piuttosto a essere valutata per lo più in base a criteri di carattere qualitativo (cfr. risposte a interpello n. 25 del 2018 e n. 294 del 2019). La circostanza che il soggetto abbia mantenuto in Italia i propri legami familiari o il "centro" dei propri interessi patrimoniali e sociali, pertanto, deve ritenersi sufficiente a dimostrare un collegamento effettivo e stabile con il territorio italiano tale da far ritenere soddisfatto il requisito temporale previsto dalla norma (circ. n. 304/E/1997, citata).


Sul concetto di “domicilio”, invece, la Cassazione ha fornito nel tempo un’interpretazione più composita e articolata. In alcune pronunce, infatti, la Suprema Corte ha identificato il domicilio con il luogo in cui erano radicate le relazioni personali e familiari del contribuente (cfr. Cass. n. 18702/2021). In altre pronunce, la Cassazione ha viceversa attribuito importanza preminente al profilo degli interessi economici e lavorativi, specialmente in casi in cui non fosse possibile basare il giudizio su relazioni affettive a causa della loro instabilità (Cass. n. 45752/2017; Cass. n. 16634/2018) o perché tali relazioni esistevano tanto in Italia quanto all’estero (Cass. 32992/2018), attribuendo prevalenza al luogo in cui la gestione degli interessi economici e patrimoniali fosse esercitata abitualmente e in modo riconoscibile anche dai terzi. In tema di residenza fiscale, tuttavia, l’orientamento prevalente della Cassazione è quello secondo cui il giudice deve operare una valutazione complessiva della situazione fattuale, che tenga conto del luogo in cui il contribuente intrattiene le sue più strette relazioni sia personali, che economiche. A tal fine, il giudizio dovrà comprendere anche il luogo in cui sono radicati i rapporti morali, sociali e familiari del soggetto, ma sempre nell’ottica di una valutazione d’insieme di una molteplicità di fattori rilevanti (cfr. ex multis, Cass. n. 26638/2017).

L’ordinanza n. 16954/2022 

Tornando a considerare l’ordinanza citata in premessa, si ricorda che il caso di specie trae origine da alcuni avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle entrate per recuperare a tassazione maggiori redditi Irpef e Irap nei confronti di un soggetto iscritto all’Aire perché trasferitosi in Svizzera. 


Nel caso de quo, infatti, l’Amministrazione finanziaria aveva raccolto una serie di elementi fattuali che indicavano il mantenimento, da parte di tale soggetto, di affari e interessi nel territorio dello Stato (quali: un elevato consumo di energia elettrica in Italia; la disponibilità di un’imbarcazione in un porto italiano; la disponibilità di uno studio professionale a Milano e la percezione di compensi in Italia; il rilievo di movimentazioni bancarie in Italia e di operazioni presso sportelli bancari italiani; residenza di prossimi congiunti in Italia), tali da far presumere la persistenza del “domicilio” in Italia. 


Interpellata sul caso, la Cassazione ha accolto la tesi dell’Agenzia e ha ribadito che «[a]i fini dell'individuazione della residenza fiscale del contribuente deve farsi riferimento al centro degli affari e degli interessi vitali dello stesso, dando prevalenza al luogo in cui la gestione di detti interessi è esercitata abitualmente in modo riconoscibile dai terzi». Rispetto a detta valutazione, le relazioni affettive e familiari non assumono un ruolo dirimente, ma «rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo col quale il soggetto ha il più stretto collegamento». 


Conclusioni 

La recentissima pronuncia della Cassazione conferma l’orientamento secondo cui l’identificazione (e l’accertamento) della sede principale degli affari e interessi di un individuo discende da un processo valutativo complesso, rispetto al quale non è possibile a priori indicare la prevalenza della sfera economica e patrimoniale rispetto a quella affettiva e familiare, o viceversa. Tale mutato approccio, che ambisce a cogliere la sostanza delle situazioni fattuali, pervade attualmente la stessa azione accertatrice dell’Agenzia ed in qualche modo segna il superamento del precedente orientamento sulla prevalenza dei legami familiari, da considerarsi ormai “recessivo”. Lo stesso contribuente che dovesse valutare il trasferimento della residenza all’estero dovrà tener conto della complessità della materia e valutare con attenzione la propria situazione (perché è difficile eliminare del tutto gli elementi di collegamento con il territorio dello Stato), al fine di prevenire l’insorgenza di un contenzioso in futuro.

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È partner dello studio legale Dentons, nella sede di Roma. Dottore commercialista e
revisore contabile, si occupa di fiscalità a 360°, pianificazione fiscale, tax ruling e
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