Residenza all’estero: perché l’iscrizione all’Aire non basta

Ai fini della ricostruzione del reddito si tiene conto anche dei movimenti bancari
Essere iscritti all’Aire a certe condizioni non esclude la residenza fiscale in Italia
L'Aire a volte non basta
Per escludere la residenza fiscale in Italia di un cittadino che vive e lavora oltre confine, non è sufficiente l’iscrizione nell’anagrafe dei residenti all’estero, la c.d. Aire.
È questo uno dei principi ricavabili dalla recente sentenza della Corte di Cassazione, segnatamente n. 1042575/2022, a mente della quale, secondo i giudici di legittimità, ci sono anche altri elementi che occorre considerare per dimostrare di avere lo status di soggetto fiscalmente all’estero.
Essere fiscalmente residenti all’estero: cosa occorre dimostrare?
Secondo la Corte, la mera iscrizione all’Aire non basta se:
- il soggetto ha nel territorio dello Stato il proprio domicilio
- il soggetto ha nel territorio dello Stato le proprie (principali) relazioni.
In effetti, affermano i giudici della Suprema Corte, la circostanza che:
- il luogo del domicilio, quale sede principale degli affari ed interessi economici e il luogo delle relazioni personali (quale centro vitale degli interessi)
sia diverso dal luogo in cui il soggetto iscritto all’Aire dichiara di risiedere, stride con l’esigenza di tutelare l'affidamento dei terzi.
Per tale ragione, per individuare il luogo di residenza va data prevalenza al posto in cui la gestione di detti interessi viene esercitata abitualmente, in modo riconoscibile dai terzi.
La residenza fiscale secondo la norma e secondo l’interpretazione dei giudici
Per la configurabilità della residenza fiscale nello Stato, occorre guardare a tre presupposti, indicati in via alternativa:
- il primo (formale) è rappresentato dall'iscrizione nelle anagrafi delle popolazioni residenti
- il secondo e il terzo (di fatto) sono costituiti dalla residenza o dal domicilio nello Stato ai sensi del codice civile.
Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo di imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile e si considerano altresì residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale.
In questi termini, osservano i giudici, l'iscrizione del cittadino nell'anagrafe dei residenti all'estero non è elemento determinante per escludere la residenza fiscale in Italia, allorché il soggetto abbia “nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle proprie relazioni personali, non risultando determinante, a tal fine, il carattere soggettivo ed elettivo della ‘scelta’ dell'interessato, rilevante solo quanto alla libertà dell'effettuazione della stessa, ma non ai fini della verifica del risultato di quella scelta; a tal fine, dunque, per il principio dell’affidamento, il centro principale degli interessi vitali del soggetto non può che essere individuato dando prevalenza al luogo in cui vi sia l’effettività della la gestione di detti interessi e sempre che sia riconoscibile dai terzi”.