Raider tax: un mercato senza speculazione?

2.8.2019
Tempo di lettura: 3'
Addio alla piatta Tobin tax. In arrivo la Raider tax, una tassa progressiva su titoli azionari, derivati e altri strumenti finanziari, nonché criptovalute. L'obiettivo è colpire le speculazioni finanziarie, favorendo nel contempo gli investimenti a lungo termine. Ma…
La chiamano “Raider tax”: si tratta di una nuova forma di tassazione – questa volta addirittura con aliquote progressive – sulle transazioni finanziarie, che, modificando ampiamente l'attuale tassa piatta detta “Tobin tax”, si propone l'obiettivo di colpire le speculazioni finanziarie, favorendo nel contempo gli investimenti a lungo termine, senza penalizzare tuttavia la capacità del mercato italiano di attrarre investimenti esteri.
La proposta – presentata in sede di conversione del decreto-legge n. 34/2019 (cosiddetto “Decreto crescita”) tra gli atti di indirizzo rivolti al Governo – è stata accolta dalle Commissioni riunite sesta e decima del Senato.
La “Raider tax” dovrebbe conformarsi alle seguenti linee guida (così come desumibili dalla proposta in questione):
- trasformazione da tassa piatta a tassa, per l'appunto, progressiva per scaglioni, basati sulle operazioni di vendita (si presume, cioè, in relazione ai volumi transati), tenendo conto anche della soggettività economica (e non solo di quella giuridica – si pensi a operazioni effettuate da diverse società dello stesso gruppo);
- inasprimento della progressività di tassazione in caso di strumenti finanziari derivati, o comunque con sottostanti strumenti finanziari partecipativi, specie ove le operazioni di vendita superino il milione di euro;
- innalzamento delle aliquote d'imposta in caso di “vendite ad alta frequenza”, penalizzando le transazioni al crescere dell'importo transato e al decrescere del periodo di possesso dello strumento venduto;
- infine, introduzione di una regolamentazione fiscale ad hoc per le operazioni di trading speculativo su criptovalute.
Non appare del tutto chiaro, a dire il vero, come saranno combinate tutte le variabili in campo (volumi, frequenza, periodo di possesso, tipologia di strumento, etc.); in ogni caso, è evidente l'intento di abbandonare una tassazione proporzionale (e quindi indipendente dalle variabili menzionate), per adottare un prelievo che si rivelerebbe tanto più penalizzante quanto più “intensiva” è l'attività di trading.
Ove accolta dal governo (e tradotta in legge dal parlamento), la proposta risulterebbe comunque fortemente in controtendenza, dal momento che da vari anni si registra un abbandono della tassazione progressiva a favore di sistemi di tipo “flat tax” (si pensi, ad esempio, alla tassazione forfettaria sui canoni di locazione immobiliare – la cosiddetta “cedolare secca”).
Se son tasse, fioriranno; nel frattempo vien da chiedersi se la speculazione sia davvero un male: i teorici della finanza ci ricordano, infatti, che senza speculazione il mercato secondario perde spessore, e con esso la liquidabilità degli strumenti che ivi si negoziano (a tutto danno degli investitori, specie quelli meno informati).
Per contro, è altrettanto vero che una regolamentazione delle criptovalute appare senza dubbio necessaria; con l'occasione, è peraltro auspicabile uno sforzo ulteriore per inquadrare l'intero fenomeno della finanza digitale, ormai in progressiva e inarrestabile espansione.
La proposta – presentata in sede di conversione del decreto-legge n. 34/2019 (cosiddetto “Decreto crescita”) tra gli atti di indirizzo rivolti al Governo – è stata accolta dalle Commissioni riunite sesta e decima del Senato.
La “Raider tax” dovrebbe conformarsi alle seguenti linee guida (così come desumibili dalla proposta in questione):
- trasformazione da tassa piatta a tassa, per l'appunto, progressiva per scaglioni, basati sulle operazioni di vendita (si presume, cioè, in relazione ai volumi transati), tenendo conto anche della soggettività economica (e non solo di quella giuridica – si pensi a operazioni effettuate da diverse società dello stesso gruppo);
- inasprimento della progressività di tassazione in caso di strumenti finanziari derivati, o comunque con sottostanti strumenti finanziari partecipativi, specie ove le operazioni di vendita superino il milione di euro;
- innalzamento delle aliquote d'imposta in caso di “vendite ad alta frequenza”, penalizzando le transazioni al crescere dell'importo transato e al decrescere del periodo di possesso dello strumento venduto;
- infine, introduzione di una regolamentazione fiscale ad hoc per le operazioni di trading speculativo su criptovalute.
Non appare del tutto chiaro, a dire il vero, come saranno combinate tutte le variabili in campo (volumi, frequenza, periodo di possesso, tipologia di strumento, etc.); in ogni caso, è evidente l'intento di abbandonare una tassazione proporzionale (e quindi indipendente dalle variabili menzionate), per adottare un prelievo che si rivelerebbe tanto più penalizzante quanto più “intensiva” è l'attività di trading.
Ove accolta dal governo (e tradotta in legge dal parlamento), la proposta risulterebbe comunque fortemente in controtendenza, dal momento che da vari anni si registra un abbandono della tassazione progressiva a favore di sistemi di tipo “flat tax” (si pensi, ad esempio, alla tassazione forfettaria sui canoni di locazione immobiliare – la cosiddetta “cedolare secca”).
Se son tasse, fioriranno; nel frattempo vien da chiedersi se la speculazione sia davvero un male: i teorici della finanza ci ricordano, infatti, che senza speculazione il mercato secondario perde spessore, e con esso la liquidabilità degli strumenti che ivi si negoziano (a tutto danno degli investitori, specie quelli meno informati).
Per contro, è altrettanto vero che una regolamentazione delle criptovalute appare senza dubbio necessaria; con l'occasione, è peraltro auspicabile uno sforzo ulteriore per inquadrare l'intero fenomeno della finanza digitale, ormai in progressiva e inarrestabile espansione.