L'addizionale Ires per enti creditizi e finanziari

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Il 5 novembre è prevista la discussione dinanzi alla Consulta della questione di legittimità costituzionale sull'addizionale Ires (8,5%) prevista DL n. 133/2013 per gli enti creditizi e finanziari. Si tratta di un prelievo che ha suscitato molte polemiche
È di ormai prossima discussione in Corte Costituzionale (5 novembre 2019) la questione di legittimità relativa a una delle tante penalizzazioni fiscali gravanti sul comparto finanziario e bancario. Si tratta della disposizione di cui all'articolo 2, comma 2, del DL n. 133/2013, che ha introdotto per il periodo d'imposta 2013, a carico degli enti creditizi e finanziari, un'addizionale dell'8,5% sull'aliquota Ires ordinaria, determinando un'imposizione complessiva del 36%. La sentenza, attesa entro la fine dell'anno, interessa una vasta platea di contribuenti che hanno attivato procedure per il rimborso dell'addizionale versata.

Si tratta, infatti, di un prelievo – ennesima misura afflittiva nei confronti del comparto finanziario ma anche, a cascata, sui clienti risparmiatori – che ha suscitato molte polemiche. Questa previsione, introdotta dal governo per compensare il mancato gettito della seconda rata dell'Imu sulla prima casa (abolita con lo stesso D.L.), ha infatti generato più di un dubbio in relazione al rispetto dei principi costituzionali di uguaglianza, capacità contributiva nonché con riferimento allo strumento normativo utilizzato, e ha dato luogo a numerose istanze di rimborso da parte degli operatori che ne sono stati incisi.

Al riguardo, né la legge istitutiva né i lavori parlamentari chiariscono le ragioni politiche ed economiche che hanno indotto l'introduzione di questa misura straordinaria una tantum e, soprattutto, la ratio di porla a carico delle sole imprese operanti nel settore finanziario. Con ciò contravvenendo alle indicazioni della Consulta stessa, secondo cui i prelievi derogatori al regime ordinario possono ritenersi costituzionalmente legittimi solo se “sorretti da non irragionevoli motivi di politica redistributiva ed economica” (sent. n. 21/2005) e se il prelievo differenziato sia ancorato a “una adeguata giustificazione obbiettiva, da tradurre in modo coerente, proporzionale e ragionevole nella struttura dell'imposta” (sent. n. 142/2014).

Diversamente il sacrificio dei principi di eguaglianza e di capacità contributiva risulta sproporzionato e la differenziazione impositiva degrada in arbitraria discriminazione, che non può essere giustificata dalla necessità del governo di reperire risorse per attuare il proprio programma politico (men che meno per “finanziare” la soppressione dell'Imu 2013 sulla prima casa – misura che, in quanto prevista indifferentemente per tutti i proprietari, non realizza finalità redistributive della ricchezza).

Altro profilo di incostituzionalità attiene alla circostanza che i soggetti passivi dell'addizionale siano individuati non per un'effettiva maggiore produttività, ma per la mera appartenenza a un determinato settore. Al riguardo si nota che il legislatore non manifesta l'intenzione di colpire un maggior reddito o volume di affari: l'addizionale è infatti applicata al reddito complessivo netto senza raccordo con la (presunta) maggiore capacità contributiva di tali soggetti. Inoltre, l'utilizzo del decreto legge, costituzionalmente ammesso “in casi straordinari di necessità e di urgenza”, non appare giustificato dal coevo intervento sull'Imu, che non assurge a situazione straordinaria e imprevedibile per la quale servisse una celere risposta normativa.

Queste ragioni hanno spinto ben due giudici tributari – nell'ambito dei procedimenti di rimborso attivati dai contribuenti – a sollevare la questione di legittimità dinanzi alla Consulta (CTR del Piemonte, ord. n. 354/7/2018 e CT II grado Trento, ord. n. 25/1/2019).

La sentenza della Corte Costituzionale è poi particolarmente attesa anche perché, nel caso di un'altra addizionale Ires (Robin Hood Tax su operatori petroliferi ed energetici), la decisione “politica” è stata quella di considerare il prelievo illegittimo solo pro futuro e non anche per i rimborsi ancora teoricamente suscettibili di richiesta. È quindi di particolare interesse per il settore creditizio e finanziario verificare quale sarà la decisione della Consulta, non solo con riguardo alla legittimità del prelievo, ma anche con riferimento all'efficacia temporale della sentenza che eventualmente ne potrebbe decretare l'incostituzionalità.

Qualora la Corte dovesse infatti pronunciarsi per la illegittimità costituzionale della disposizione de qua, è ragionevole che la declaratoria spieghi efficacia per i procedimenti di rimborso ancora pendenti. Infatti, un'eventuale limitazione “politica” dell'efficacia della pronuncia per i soli periodi d'imposta successivi al deposito della sentenza, come previsto, ad esempio, nella pronuncia sulla Robin Hood Tax, renderebbe la stessa inutiliter data e improduttiva di qualsivoglia effetto. L'addizionale in discorso, infatti, non è “a regime” e non esiste un futuro cui limitare gli effetti della sentenza bensì solo un passato (il 2013) nel quale non avrebbe senso dichiarare la norma illegittima senza riconoscere anche il diritto al rimborso dei contribuenti.
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Partner dello studio legale Gattai, Minoli, Partners, Domenico Ponticelli è specializzato in fiscalità internazionale e dei prodotti finanziari, fondi di private equity e real estate, operazioni di finanza straordinaria ed M&A e contenzioso tributario. Membro del Tax & legal committee Aifi è inoltre relatore in seminari e convegni nazionali e autore di pubblicazioni su tematiche di diritto tributario e internazionale.

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