Donazioni: l’infedeltà fra coniugi è sufficiente per la revocazione?

Francesco Frigieri
Francesco Frigieri
28.6.2022
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Per la revocazione delle donazioni non basta l’infedeltà del coniuge. Serve qualcosa in più. Ecco cosa dice la Cassazione

Com’è noto, le donazioni più frequenti avvengono all’interno della famiglia, specie fra coniugi ovvero fra genitori e figli. Com’è, altrettanto, noto, queste forme di “regalie” assumono la forma della donazione diretta o indiretta.

Nel primo caso, si tratta di un contratto che richiede la forma dell’atto pubblico, come, ad esempio, la cessione della nuda proprietà di un immobile da parte del genitore al figlio, con riserva di usufrutto in capo al donante; 

Nel secondo caso, si tratta sempre di un contratto nel quale tuttavia lo spirito di liberalità si manifesta attraverso un altro contratto, come, ad esempio, la compravendita di un immobile attraverso il prezzo pagato dal coniuge e intestazione del bene all’altro. 


La natura comunque di contratto, esclude che la donazione, sia diretta che indiretta, possa essere revocata da parte del donante, se non nei casi previsti dalla legge, peraltro elencati dall’art. 463 c.c., richiamato dall’art. 801 del codice civile, fra i quali, in particolare, spicca il caso in cui il donatario si sia reso colpevole di ingiuria grave verso il donante.


Non è un caso che, soprattutto di recente, la giurisprudenza abbia avuto modo di interpretare il concetto di ingiuria grave, sia perché il ricorso allo strumento della donazione è stato negli ultimi anni molto apprezzato e utilizzato nel passaggio dei cespiti all’interno del nucleo familiare, sia perché, evidentemente, i donatari si sono resi sempre più spesso responsabili di comportamenti/condotte non proprio tollerate dai donanti.


Recentissimamente, infatti, la Corte di Cassazione (sentenza n.19816, depositata il 20.6.2022) è stata chiamata a decidere sulla revocazione di una donazione fra coniugi, (nel caso specifico di diverse donazioni dirette e indirette da un coniuge all’altro) ritenendo fondata la domanda del donante volta ad “annullare” la donazione sul solo presupposto, non già della accertata relazione extra-coniugale del donatario (nella fattispecie, il marito), ma del pregiudizio morale subìto dal donante nel contesto in cui tale relazione era stata intrattenuta.

La Corte di Cassazione ha ritenuto come ingiuria grave integrante la revocazione delle donazioni, ex art. 801 c.c, non già la sola e accertata relazione extra-coniugale, non sufficiente a integrare l’ingiuria grave, ma il fatto che tale relazione fosse stata intessuta dal marito con la cognata (moglie del fratello dell'attrice) e vissuta all'interno dell'azienda di famiglia della moglie, in cui lavoravano anche i rispettivi coniugi, oltre che numerosi dipendenti.


I giudici di merito avevano infatti correttamente interpretato come presupposto determinante, non già la relazione extra-coniugale, ma  le modalità dell’adulterio e, in particolare, il contesto nel quale si era consumato, ossia all’interno dell’azienda di famiglia laddove si era venuto a  «minare, oltre alla stabilità del rapporto coniugale (…) anche quella familiare», essendo evidente come «le conseguenze della scoperta del tradimento avevano provocato ripercussioni estese a tutto il tessuto familiare, non limitandosi al mero ambito matrimoniale»).


In pratica, è stato ritenuto come il contesto in cui era stata accertata la relazione extra-coniugale comportasse quel pregiudizio per la dignità della moglie, per un atteggiamento di noncuranza e di assenza di rispetto del marito nei confronti del donante, oltretutto coniuge. 


Nello stesso senso, si era già pronunciata la Corte di Cassazione, (sentenza n. 24965 del 10.10.2018) a proposito di una donazione indiretta attraverso la quale il futuro marito, prima del matrimonio, aveva corrisposto direttamente il prezzo dell’immobile al venditore, accettando di intestare l’immobile alla futura moglie.

Ebbene, in quel caso, accertata la relazione extra-coniugale, i giudici non accoglieranno la domanda di revocazione per ingiuria grave, in quanto la Corte preciserà che l’ingratitudine non si riscontra a fronte di qualsiasi atto o comportamento che leda in modo rilevante il patrimonio morale del donante, e palesi per ciò solo un sentimento di avversione da parte del donatario, ma quando la relazione extra coniugale ha una risonanza di cui si è reso responsabile il donante: nella fattispecie era stata accertata una diffusione mediatica a causa della notorietà del nuovo compagno e non per colpa della “ex moglie, per cui è stata respinta la domanda di revocazione richiesta dal marito.


In conclusione, come, peraltro, affermato da tempo dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n.22013 del 31.10.2016) l’ingiuria grave richiesta dall’art. 801 c.c. pur mutuando dal diritto penale la sua natura di offesa all’onore ed al decoro della persona del donante, deve venire a esistenza mediante il comportamento del donatario, tanto che la ragione dell’ingratitudine non è solo la relazione extra coniugale, bensì il pregiudizio morale per il donante che nasce dalla ostentazione della relazione stessa da parte del donatario.

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Da oltre vent'anni assiste clienti nei contenziosi per eredità e successioni, ma anche per pianificare in modo strategico gli avvicendamenti proprietari all'interno della famiglia e dell'azienda, cercando di condividere gli obiettivi di tutte le parti coinvolte. Di recente ha acquisito la certificazione di Law Business Coach e ha fondato il network www.patrimoniatest.it, al fine di studiare e applicare anche forme di tutela patrimoniale innovative, con l'aiuto di esperti della finanza.

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