Comunione legale dei beni: cosa succede ai debiti e ai crediti?

Quando si pensa alla comunione legale dei beni, i “non addetti ai lavori”, per lo più, ritengono sia simile alla comunione ordinaria, laddove si formano delle quote in ragione del numero dei proprietari del bene: nel matrimonio di conseguenza si reputa diventino proprietari i coniugi, o meglio, comproprietari al 50% dei beni acquistati durante il loro rapporto.
Comunione legale dei beni: cosa succede se il debitore è un singolo coniuge?
Tale convincimento va, tuttavia, contestualizzato e corretto soprattutto di fronte al pignoramento da parte di un creditore del singolo coniuge, poiché, in questo caso, questi rivolgendosi all’avvocato per eccepire l’appartenenza del bene alla comunione scoprirà che il bene sarà pignorabile per l’intero e non solo per il 50%.
Per fare un esempio, il coniuge che abbia un debito nei confronti di un fornitore, a fronte del mancato pagamento, non potrà evitare il pignoramento, sempre per fare un esempio, dell’immobile acquistato dopo il matrimonio.
Il creditore, infatti, deve (e non può) pignorare l’intero e non la quota ipotetica del 50% per cui l’altro coniuge si troverà esposto alla procedura esecutiva, potendo contare solo nel rimborso del 50% all’esito della vendita forzata del bene, al lordo delle spese.
La giurisprudenza, anche di legittimità, ha da tempo confermato l’orientamento secondo il quale “la comunione legale tra i coniugi costituisce (……), una comunione senza quote, nella quale i coniugi sono solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto tutti i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei (…), trattandosi di comunione finalizzata, a differenza della comunione ordinaria, non già alla tutela della proprietà individuale, ma piuttosto a quella della famiglia (..); essa può sciogliersi nei soli casi previsti dalla legge ed è indisponibile da parte dei singoli coniugi, i quali, tra l'altro, non possono scegliere quali beni farvi rientrare e quali no, ma solo mutare integralmente il regime patrimoniale (...)”.
La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l'espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene pignorato/staggito all'atto della sua vendita o assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione (Cass. Civi. N.6575/2013).
Anche le Corti di merito si sono uniformate all’interpretazione della Suprema Corte (in questo senso Tribunale di Velletri 10.10.2019; Tribunale Roma 10.11.2020; due provvedimenti del Tribunale di Agrigento 23.02.2021).
È vero che esiste la possibilità di eccepire la sussidiarietà o escussione preventiva dei beni personali, ossia il creditore particolare del singolo coniuge dovrebbe preventivamente pignorare i beni personali del coniuge, ma di fronte alla loro infruttuosità, ex art. 189 c.c. i beni della comunione verranno assoggettati a pignoramento per intero. Ciò rappresenta per i creditori, una sorta di favore, perché a differenza di quanto avviene nella comunione ordinaria, non dovranno procedere alla divisione dei beni per vendere solo la quota intestata al loro creditore, ma potranno contare sulla vendita dell’intero bene, senza dover affrontare sub-procedimenti interni che implicano poi anche un aggravio di costi.
Comunione legale dei beni: cosa succede se i coniugi sono creditori?
Per altro vero, quando sono i coniugi a essere creditori, nel loro rapporto interno, occorre fare attenzione, perché il pagamento da parte di un debitore dell’intero debito nelle mani di un solo coniuge, comporta la liberazione anche nei confronti dell’altro.
Sul punto si è espressa di recente la Corte di Cassazione con la sentenza n. 23819, depositata in data 1 agosto 2022, la quale ha respinto il ricorso proposto dal marito al fine di ottenere la restituzione del 50% del credito nei confronti dei debitori, pagato da questi ultimi e per intero alla moglie, mentre vigeva il regime della comunione legale dei beni. Il marito si era rivolto alla Cassazione rilevando che al caso specifico, non poteva applicarsi la disciplina relativa all'amministrazione dei beni della comunione legale tra i coniugi, ma avrebbe dovuto essere applicata la disciplina relativa alle obbligazioni soggettivamente complesse, delle quali si presume la parziarietà dal lato attivo, come avviene nel rapporto che vede più creditori di un unico debito: in queste situazioni il pagamento del debito nelle mani di un solo creditore, non libera il debitore nei confronti degli altri.
La Corte, invece, sarà di diverso avviso, in quanto, il debitore che restituisca l'intero importo a uno solo dei coniugi dovrà ritenersi liberato anche nei confronti dell'altro creditore, per la prevalenza delle regole della comunione legale sul principio della parziarietà delle obbligazioni solidali dal lato attivo.
La ricezione di una somma ingente di denaro, della quale non si specifica che venga incassata a titolo personale, da parte di uno dei due coniugi in regime di comunione legale, è qualificabile come acquisto in costanza di matrimonio e, come tale, ricompresa nella comunione, ex art. 177, lettera a) c.c..