Certificates: con la riforma il loro vantaggio fiscale verrebbe meno

Fino ad ora le minusvalenze dei fondi e degli Etf non potevano essere compensate con performance realizzate da altri fondi. Ma i certificates potevano svolgere questa funzione di ottimizzazione fiscale
Il disegno di legge delega per la riforma fiscale, però, fissa l'obiettivo di “eliminare le interferenze fiscali sulle scelte di allocazione del capitale” equiparando redditi da capitale e redditi diversi di natura finanziaria
Questo ridurrebbe parte dell'attrattiva che i certificates hanno avuto fin qui
Il dibattito in parlamento è ancora in corso, ma le intenzioni del governo sulle modifiche da apportare alla tassazione degli investimenti finanziari sono chiare. Oggi, quando si parla di rendimenti finanziari, il fisco italiano mette il contribuente di fronte a uno dei sui numerosi bizantinismi: ci sono i redditi da capitale, che riguardano la tassazione dei proventi derivanti da un impiego statico del capitale (come interessi e dividendi) e, dall'altra parte, i redditi diversi di natura finanziaria, che ricomprendono i proventi derivanti da un impiego dinamico del capitale. Quando è il momento di calcolare l'imposta, non tutte le plusvalenze e le minusvalenze possono essere compensate: lo sono solo quelle appartenenti ai titoli o fondi appartenenti alla medesima “famiglia”. In particolare, è impossibile compensare le plusvalenze di fondi ed Etf (redditi da capitale) con le minusvalenze di altri fondi ed Etf (redditi diversi).
Il disegno di legge delega presentato dal ministro dell'Economia Giorgetti intende unificare i "redditi finanziari in un’unica categoria finalizzata al superamento della predetta differenza nella determinazione della base imponibile”. Lo scopo dichiarato è “eliminare le interferenze fiscali sulle scelte di allocazione del capitale”.
I certificates e quel vantaggio fiscale in bilico
Quando si parla di “interferenze fiscali” alla base delle scelte di portafoglio è difficile non chiamare in causa l'universo dei certificates, un mercato da 21,27 miliardi di euro, che pone fra le sue caratteristiche peculiari l'appartenenza al club dei “redditi diversi”. In particolare, il reddito generato dai certificates, può essere compensato fiscalmente con le perdite subite da fondi ed Etf, minimizzando così il prelievo fiscale sui profitti finanziari. La stessa cosa, come detto, non potrebbe essere fatta con un normale fondo.
Diversi consulenti citano questa caratteristica come una delle più interessanti per la considerazione di cui oggi godono i certificates.
Questo vantaggio relativo dei certificates verrebbe meno con la riforma fiscale attualmente prefigurata e, specialmente nelle sue forme più semplici come i prodotti che tracciano un indice, rimarrebbero penalizzati da costi mediamente più elevati al confronto con i normali Etf che, sostanzialmente, fanno la stessa cosa.
“Attualmente molti investitori trovano conveniente utilizzare i certificates a causa della distinzione fiscale tra redditi diversi di natura finanziaria e redditi da capitale. Considerando questo, se tale distinzione verrà eliminata, i certificates potrebbero perdere gran parte del loro appeal”, ha dichiarato a We Wealth Matteo Cadei, consulente finanziario autonomo presso Aegis Scf, “molti risparmiatori, infatti, dovrebbero preferire altri strumenti di investimento che offrono rendimenti migliori e un profilo di rischio più adatto alle proprie esigenze”.
“Il superamento della distinzione rappresenta indubbiamente un passo significativo anche e soprattutto per i consulenti finanziari che, in alcune situazioni, hanno le 'mani legate' e rimanendo privi di alternative vanno a consigliare al risparmiatore strumenti non sempre di facile comprensione”, ha aggiunto Cadei, “quindi, se la proposta di equiparazione fiscale diventerà legge il vantaggio dei certificates potrebbe subire un duro colpo e non sarà difficile affermare che in consulenza questi strumenti verranno proposti sempre meno”.
“Sulla specifica struttura dei benchmark certificates”, che attualmente costituiscono una nicchia da 104 milioni di euro, “il venir meno della convenienza fiscale ridurrebbe l’attrattività dello strumento”, ha dichiarato l'analista di Consultique Scf, Rocco Probo, “nel confronto con un semplice Etf, infatti, il benchmark certificate ha tendenzialmente spread bid-ask più elevati e, soprattutto, il rischio di credito dell’emittente”. Lo ricordiamo, il possesso di un certificato non coincide con la proprietà dei sottostanti, ma è un rapporto fra il risparmiatore e l'emittente – la cui solvibilità dovrebbe essere tenuta in considerazione.
Nell'universo dei certificati, comunque esistono strutture decisamente più complesse, che possono essere prese in considerazione anche senza l'attrattiva aggiuntiva del trattamento fiscale. “Le strutture più complesse”, come i certificates a capitale protetto o condizionatamente protetto, “saranno comunque considerate per la loro possibilità di offrire dei pay-off differenti dal classico long-only”, ha affermato Probo, riferendosi a quei prodotti che permettono di portare a casa un rendimento anche nel caso di un limitato ribasso dei sottostanti (azioni o altri prodotti).
LE OPPORTUNITÀ PER TE. Come si mette a punto una corretta asset allocation? Quanto pesano le considerazioni fiscali? Gli esperti selezionati da We Wealth possono aiutarti a trovare le risposte che cerchi. RICHIEDI LA TUA CONSULENZA GRATUITA
Una proposta in attesa del voto parlamentare
Un altro fattore per il quale occorre un po' di prudenza consiste nella variabile politica, ancora in campo, che separa la discussione parlamentare alla legge delega vera e propria, quella che vincolerà il governo in vista dei decreti. “Anche se la volontà di equiparare i redditi è presente nel modello di legge delega fiscale, dobbiamo considerare che la strada verso l'attuazione definitiva potrebbe essere ancora lunga”, ha ricordato Cadei, “alcuni aspetti, come le coperture finanziarie rappresentano un'incognita che potrebbe frenare l'attuazione delle buone intenzioni dei governi”. Redditi finanziari più facili da compensare fiscalmente, del resto, significano risparmi per gli investitori e minori entrate per lo Stato – a parità di altri fattori. “Per il momento, e nei limiti della consulenza con un esperto, bisogna ancora considerare i certificati tra gli strumenti di pianificazione finanziaria”.