Cda e internazionalizzazione perché gli amministratori esterni sono cruciali

Alfredo De Massis, in collaborazione con Francesco Debellis
6.3.2023
Tempo di lettura: 3'
Quando un’impresa sceglie di espandersi all’estero deve affrontare un processo decisionale complesso e mettere in campo risorse, competenze e capacità di governance ingenti. Che spesso la famiglia non possiede. Vale soprattutto per le organizzazioni più giovani, dove il coinvolgimento socio-emotivo dell’imprenditore è più alto

L'internazionalizzazione espone le imprese familiari a un complesso processo decisionale e ad una ingente necessità di risorse, competenze e capacità di governance. Diventa quindi fondamentale capire come la composizione del Consiglio di amministrazione (CdA) – l’organo preposto al controllo, al supporto decisionale e all’approvazione delle strategie dell’azienda - influisca sulla capacità dell’azienda di espandersi nei mercati esteri

I CdA delle aziende familiari sono solitamente caratterizzati da una prevalenza di amministratori familiari che possiedono conoscenze approfondite delle dinamiche interne all'azienda e al settore industriale di riferimento, ma spesso hanno una minore esperienza internazionale e un più ridotto network di rapporti commerciali e istituzionali all’estero. Gli amministratori non familiari, invece, scevri dal legame emozionale con la famiglia, sono più propensi al cambiamento e alla crescita, e più inclini ad intraprendere strategie di crescita internazionale che possano aumentare anche il proprio prestigio personale.

Gli amministratori non familiari sono infatti spesso individui con spiccate skills e con posizioni di vertice ricoperte in altri contesti, che vengono nominati dall’azienda proprio per superare la mancanza di esperienza e di capitale sociale degli amministratori familiari ed acquisire la legitimacy necessaria per operare nei mercati internazionali, dove è fondamentale tessere relazioni con partners strategici e avere importanti connessioni a livello istituzionale.

L’importanza della presenza di amministratori esterni cambia però a seconda delle caratteristiche dell’impresa familiare. In particolare, bisogna considerare che con il susseguirsi dei passaggi generazionali, l’importanza del capitale socioemotiovo (o socioemotional wealth) e degli obiettivi non-economici tende a diminuire, facendo sempre più largo alla centralità degli obiettivi economici anche per gli amministratori familiari.

I risultati di un nostro recente studio su un campione di aziende familiari italiane suggeriscono infatti che quando l’azienda è nelle fasi iniziali, i fondatori sono spesso caratterizzati da un così forte attaccamento alla propria azienda che li porta a proteggere il proprio capitale socio-emotivo anche a discapito di obiettivi economici. Inoltre, le aziende giovani spesso soffrono di scarsità di risorse finanziarie e di mancanza di legittimità nel contesto internazionale. In questo caso, l’accesso alle risorse tramite il capitale sociale degli amministratori non familiari diventa fondamentale. Quando le aziende sono invece più mature, i membri familiari mostrano spesso una maggiore propensione alla crescita internazionale

Da una parte, infatti, l’esperienza e la conoscenza internazionale delle generazioni successive è solitamente maggiore, così come è forte la loro volontà di mostrare ai propri predecessori di meritare la posizione di vertice assunta nella propria azienda. In questo caso, quindi, la possibilità di entrata delle nuove generazioni può fornire una spinta forte a livello di cultura organizzativa per il perseguimento di una crescita internazionale. In tale circostanza il ruolo degli amministratori non familiari può essere addirittura percepito dagli amministratori familiari come un sostituto delle proprie competenze piuttosto che come un necessario valore aggiunto, generando così malcontento e tensioni all’interno della famiglia.

Queste considerazioni hanno importanti implicazioni manageriali in quanto offrono alle imprese spunti di riflessione su fattori importanti che dovrebbero essere presi in considerazione quando si decide di espandersi nei mercati internazionali. Innanzitutto, la presenza di amministratori non-fa- miliari ha solitamente un impatto positivo sull’internazionalizzazione dell’impresa. Il potenziale effetto positivo degli amministratori non familiari può essere sfruttato, tuttavia, solo se questi sono liberi di esprimere il loro potenziale, evitando dannose tensioni emotive con la famiglia proprietaria. 

È necessario quindi trovare dei compromessi tra il controllo della famiglia sulla strategia aziendale e la capacità di competere con successo sui mercati internazionali

La conoscenza, l'esperienza internazionale e le solide relazioni con partners stranieri sono elementi fondamentali nel determinare il successo del processo di internazionalizzazione. Se i membri della famiglia non dispongono di questi elementi, le possibilità di successo nel percorso di espansione internazionale devono necessariamente essere affidate a consulenti, managers e amministratori esterni, con il rischio, però, di diluire il proprio controllo diretto sull'azienda e creare dei mal- contenti all’interno della famiglia imprenditoriale.

Una possibile soluzione alternativa può essere costituita dal forte investimento nello sviluppo del capitale sociale e umano dei membri della famiglia imprenditoriale - in particolare dei più giovani – per esempio attraverso l’obbligo di effettuare esperienze lavorative in altre aziende all’estero per qualche anno prima di entrare a far parte dell’azienda di famiglia, al fine di garantire l’acquisizione di esperienza e legittimità necessarie per gestire le operazioni a livello internazionale. 


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Alfredo De Massis, in collaborazione con Francesco Debellis
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