Banche: il "quasi monopolista” svizzero e gli effetti dei salvataggi

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I salvataggi seguiti alle recenti crisi bancarie, da Silicon Valley Bank a Credit Suisse, hanno introdotto degli elementi distorsivi, che possono avere un impatto negativo sul sistema

Per l’avvocato Bochicchio, In Svizzera, si è assistito non solo al (grave) sacrificio degli obbligazionisti subordinati, ma alla nascita di un “colosso smisurato, monopolista quasi assoluto sul mercato bancario svizzero e con valori economici superiori a quelli dello Stato svizzero”.

In America “vi è stata una salvaguardia totale dei risparmiatori non azionisti, in deroga a tutti i limiti fissati dalla normativa”. Questo potrebbe generare rischi a lungo termine.

Nelle tre gravissime crisi bancarie recentemente verificatesi, i salvataggi sono scattati immediatamente, con salvaguardia piena dei depositanti e degli obbligazionisti nel caso di Silicon Valley e con l’acquisizione - a prezzi stracciati alla luce della, abnorme, speculazione sul titolo - di Credit Suisse da parte di Ubs, prima banca svizzera, e con sacrificio degli obbligazionisti subordinati. 


In Germania, d’altro canto, gli scossoni su Deutsche Bank, la prima banca tedesca, sono stati superati e normalizzati solo in quanto vi era stato un salvataggio profondo e corposo dello Stato in presenza di una situazione di crisi, simile a quella ora di Credit Suisse se non addirittura peggiore.


Le modalità di salvataggio sono non solo eloquenti, ma anche profondamente innovative ed addirittura dirompenti: in America vi è stata una salvaguardia totale dei risparmiatori non azionisti, in deroga a tutti i limiti fissati dalla normativa.


Le crisi di Credit Suisse e Silicon Valley Bank

In Svizzera, vi è stato il sacrificio degli obbligazionisti subordinati, trattati in modo deteriore rispetto agli stessi azionisti (questi pur penalizzati enormemente dalla speculazione sul titolo, i cui effetti sul titolo hanno così favorito la banca subentrante in virtù di una forte diminuzione del costo dell’acquisizione). Ma quel che conta - e che oscura tutto il resto - è che nato un colosso smisurato, monopolista quasi assoluto sul mercato bancario svizzero e con valori economici superiori a quelli dello Stato svizzero.


Le esigenze improcrastinabili di salvataggio hanno mandato in soffitta in America ogni limite in materia, mentre in Svizzera hanno fatto accantonare profili di tutela della concorrenza, ed addirittura hanno posto lo Stato in posizione sostanziale di dipendenza totale dal colosso appena nato, provvisto di un potere economico e, con sequenzialmente, politico smisurato.


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La stabilità del settore bancario

La stabilità e la solidità del settore bancario sono superiori a qualsiasi altra esigenza.

Certamente, è questo un segno di salutare realismo, in grado di rendere superate le velleitarie pretese - che hanno preso piede in Europa ed in Italia con la demenziale direttiva “bail-in” - di limitare fortemente i salvataggi, in un’ottica concorrenziale (che è invece) insuscettibile di essere applicata fino alle estreme conseguenze - vale a dire anche in caso di dissesto - all’attività bancaria, in cui - quella ordinaria, di deposito, s’intende, che regge tutto il resto - i debiti sono mezzi di pagamento, con rischio dei flussi monetari in caso di mancato pagamento.


A base di tali velleitarie pretese vi è la convinzione che la banca sia un’impresa come tutte le altre, il che è profondamente ed intrinsecamente erroneo proprio alla luce delle caratteristiche strutturali dell’attività bancaria.   

Tale segno di salutare realismo è fondamentale, ma non è sufficiente se non si interviene anche “ex ante”, ed ora il quadro è al riguardo del tutto carente e privo di strumenti efficaci, come dimostrato proprio dall’esplosione dei dissesti: ciò alla luce di cause endemiche. 


Peraltro, proprio mettendo a fuoco la portata dei salvataggi si può comprendere se, andando a ritroso e pertanto invertendo i termini della questione - il che non è da criticare se si riesce percorrendo tale via a risolvere un improbo problema -, si sia in grado di collegare ai salvataggi stessi un intervento più ambizioso e completo. 

Ebbene, i punti fermi dei recenti salvataggi sono chiari ed univoci.


Il sacrificio degli obbligazionisti subordinati e il “quasi monopolio” svizzero

I limiti ai salvataggi vengono accantonati, salvo il sacrificio degli obbligazionisti subordinati in Svizzera, del tutto irrazionale. Non è, infatti, ammissibile che gli obbligazionisti subordinati siano trattati in modo deteriore rispetto agli azionisti, il cui rischio d’impresa è pieno, e scatta prima degli altri, ivi compresi i primi. 

Ma non solo: sempre in Svizzere è emerso che le concentrazioni per salvare una banca non incontrano limiti, fino a formare monopoli, oramai consentiti ed anzi inevitabili. Il salvataggio è illimitato ed addirittura spinto all’estremo fino a violare ogni criterio di ragionevolezza. 


Concorrenza e criteri di ripartizione dei sacrifici in situazioni atipiche sono sacrificati. Sulla concorrenza, è da dire che, nel settore bancario, la limitazione della concorrenza non significa affatto sua esclusione od anche suo restringimento entro limiti troppo angusti.

Ed infatti, certamente, la concorrenza è innaturale in materia bancaria sia perché vi sono barriere ineliminabili all’uscita, sia perché vi sono barriere anche all’entrata e nella vita di ogni giorno, in quanto occorre impedire la presenza di operatori dai comportamenti abusivi. 


Ma tale innaturalità, nel comportare indefettibilmente la sua natura limitata, con conseguente accettazioni di posizioni di forza e di oligopoli e addirittura di gigantismi, che costituiscono anche un elemento di sicurezza e non vanno demonizzati, incontra un punto di resistenza insuperabile, costituito dalla necessità che vi sia sempre la possibilità di selezionare i gruppi più validi e, conseguentemente, che questa possibilità comprenda anche i gruppi già consolidati e si traduca nell’accertamento della conferma e della persistenza della validità.


Il rischio: lo snaturamento dell’attività bancaria

In sintesi, il divieto di quasi monopoli (e non solo di monopoli veri e propri), ed anche di oligopoli troppo pervasivi è imperativo ed ineliminabile. Altrimenti si perde il controllo sui gruppi bancari più importanti e si è privi di strumenti per impedire che gli stessi abbiano comportamenti idonei a mettere in discussione ed addirittura a ledere i criteri di sano comportamento bancario (“sana e prudente gestione”, come recita la norma fondamentale in materia).  

La stabilità bancaria, solo ex “post”, vale a dire che scatta solo dopo il disastro, sacrifica ogni altro valore. Ebbene, nel concreto, si è visto quali siano i valori sacrificati.


In sintesi, sono i valori collegati all’esercizio corretto dell’attività ed al rispetto delle regole.

Pertanto, da un lato i salvataggi rientrano in una tutela della stabilità “ex post”, in quanto non vi sono strumenti per evitare i dissesti, e dall’altro i salvataggi di questi ultimi, quando scattano, sacrificano tutti i valori non attinenti alla stabilità stessa.

Il salvataggio assurge al livello di “ipostasi” (si intende per “ipostasi, l’universale del concreto, vale a dire l’assunzione di un caso particolare e specifico a legge universale eterna) fine a sé stessa ed unico elemento di tutela della stabilità, e così non ha limiti.

Si realizza evidentemente uno snaturamento dell’attività bancaria visto che si favoriscono la speculazione di altissimo livello e sfrenata, nonché oligopoli enormi e condizionati il mercato intero, addirittura al limite del monopolio.  


Mancano, nell’opera di salvataggio, una tenuta complessiva del settore bancario ed una capacità di prevenire le situazioni negative: ciò comporta, indefettibilmente, ed anzi inesorabilmente, la mancanza di soluzioni di equilibrio sia specifico sia complessivo ed anche di  soluzioni temporanee, come nel nostro Ordinamento dovrebbe essere con l’Amministrazione Straordinaria - e come in effetti è stato realmente fino al recepimento della direttiva “bail-in”-, intermedia tra la situazione “in bonis” e l’insolvenza. Pertanto vi è la carenza – “rectius”, assenza “tout court” - di miglioramenti della situazione complessiva -c ome invece è stato lungamente nel dopoguerra, basti pensare al salvataggio del Banco Ambrosiano che ha portato gradualmente e faticosamente a quella che è ora la prima banca italiana: ma non solo, vi è assenza finanche dell’introduzione di strumenti atti ad impedire la riproposizione di una situazione di crisi e men che mai si va a cercare di introdurli nelle altre banche.


La strada per evitare crisi future

L’elemento sconvolgente è proprio questo: i fattori di crisi non vengono rimossi ed anzi si accentua dell’attività bancaria la natura aggressiva e speculativa ed espansiva, che invece dovrebbe essere tenuta ben a freno.

In conclusione, il nodo vero – e che invece viene nella sostanza eluso - consiste nel rimuovere i fattori di crisi. Tale nodo - sia ben chiaro - investe anche i salvataggi, anche loro da utilizzare non solo in quanto di per sé ed intrinsecamente necessari, ma anche per perseguire un equilibrio del settore.

Ebbene, occorre un’inversione totale di marcia: l’equilibrio richiede una direzione del settore ora al di fuori dell’ottica di vigilanza.

Solo così il salvataggio può diventare una fase di una realtà ben più grande: in tal modo, esso si rivelerebbe finanche più agevole, in quanto favorito dalla situazione complessiva. Il risultato è che i profili anomali diventino residuali.


La direzione del settore bancario - qui prospettata - non è nient’altro che è la valorizzazione dei profili bancari, rispetto alla quale i salvataggi devono essere completamente funzionali. 

Essa non si traduce in profili anti-imprenditoriali, in quanto persegue la valorizzazione di profili bancari, vale a dire imprenditoriali specifici del settore, che dovrebbero essere perseguiti in autonomia dalle stesse banche. Poiché tale valorizzazione in autonomia è ora preclusa dalla situazione concreta, è necessaria la sua introduzione “ab externo” e pertanto necessariamente imperativa.


Il mutamento a 180 gradi della vigilanza qui prospettato non risponde così ad una valutazione politica, ma è una precondizione di efficienza e di natura sana del settore, (che dovrebbe essere) trasversale a tutti gli orientamenti politici.

Nell’ancorarsi strettamente al salvataggio, un corollario della conclusione appena vista va messo a fuoco. Nel salvataggio è centrale - anzi è consustanziale ad esso - la riconversione profonda e radicale se non totale di una situazione pregiudicata alla radice.

Ma, al fine di evitare i profili negativi dei salvataggi attuali, profili negativi che potranno essere dirompenti nel futuro, anche a brevissimo, la salvaguardia della stabilità non potrà limitarsi alla riconversione: occorre qualcosa di più e che deve essere ben corposo se non addirittura prevalente.


È un qualcosa di duplice. Occorre, infatti, dare rilievo centrale a:

  1. il momento riparatorio e punitivo/sanzionatorio nei confronti dei responsabili del dissesto, intendendo per questi non solo i protagonisti ed i comprimari, ma anche coloro che ne hanno approfittato, finanche in termini di speculazione a carico della banca; finora, i profili di responsabilità sono stati affrontati a carico degli Organi (a volte in maniera anche persecutoria), trascurando un’analisi sostanzialistica e di ricerca certosina degli effettivi ulteriori responsabili;
  2. b) la ripartizione equa dei sacrifici da sopportare per la riconversione e la ripresa.

L’elemento unitario è il controllo e l’equilibrio del mercato, che non si raggiungono se non si interviene in modo coerente sull’ultimo atto, vale a dire il salvataggio.

Opinione personale dell’autore
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Laureato in Giurisprudenza presso l’università degli Studi di Roma, dal 2010 è professore a contratto di diritto degli Intermediari finanziari presso la Facoltà di Economia dell’Università di Parma. Da maggio 2000 svolge la professione di avvocato a Milano ed è fondatore dello studio
legale Bochicchio&Partners, con un’ampia specializzazione che contempla, tra gli alti, il settore bancario, finanziario e dell’intermediazione mobiliare, i profili societari e giuslavoristici, contemplando anche i profili penalistici del diritto dei mercati finanziari e del diritto societario.

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