Grandi città e micro living, nuovi format residenziali

21.12.2018
Tempo di lettura: 7'
Cambia il modo di concepire la casa: da bene a servizio. E nascono nuove opportunità nel mondo immobiliare per gli investitori specializzati, che offrono rendimenti medi che in Italia si aggirano sul 5,5-6%
Il micro living presenta da un lato una configurazione residenziale e dall'altro commerciale
Si concentra unicamente nelle grandi città a forte tensione abitativa e principalmente in modalità di locazione
A livello europeo i Paesi con il maggior sviluppo nel settore sono il Regno Unito e la Germania
In Italia è un fenomeno ancora nuovo, con esperienze a Milano e Roma
Complice una domanda in forte crescita e grazie a rendimenti che possono arrivare a fornire agli operatori 1,5-2 punti percentuali in più rispetto al classico investimento nel residenziale, anche in Italia, da 3-4 anni, si sta affermando una nuova tendenza: il micro living. In merito al termine è necessaria una precisazione preliminare, visto che assume definizioni e declinazioni diverse a seconda dei vari Paesi.
“Il micro living presenta da un lato una configurazione residenziale e dall'altro commerciale. La prima si traduce in locazioni di appartamenti per studenti, giovani professionisti e famiglie, la seconda in soluzioni commerciali come aparthotel, serviced apartment e corporate housing”, spiega Maurizio Carvelli, fondatore e amministratore delegato di Camplus, che oggi gestisce circa 7 mila posti letto in Italia e in Spagna. Non vi rientra, invece, l'offerta strutturata di posti letto negli studentati e nei collegi.
“Il micro living si concentra unicamente nelle grandi città a forte tensione abitativa e principalmente in modalità di locazione – puntualizza Carvelli - Tali città sono inoltre caratterizzate dalla richiesta abitativa di utenti millenials, e non solo, che si spostano per lavoro/studio alla ricerca di una soluzione in affitto e dalla richiesta di turisti che preferiscono soggiornare in appartamento rispetto al tradizionale hotel, beneficiando di servizi inclusi (come nei serviced apartment) e in ogni caso all'insegna della comodità e della funzionalità, spesso in un'ottica all inclusive che comprende anche una dimensione variabile di community e di condivisione di servizi e spazi”.
È il modo di concepire la casa che viene a cambiare: nel micro living, infatti, l'utente e il proprietario vivono l'abitazione non più come bene ma come servizio. In una ricerca sul micro living, realizzata da British Property Foundation e Jll (intervistando sviluppatori, locatori, pianificatori e policy maker) sono stati identificati elementi imprescindibili all'interno di un'abitazione e sono stati individuati alcuni fattori chiave che devono essere presenti (anche in condivisione) in qualsiasi soluzione abitativa: letto, lavatrice, wc, doccia, lavandino, divano o poltrona, cucina frigorifero, tavolo, armadio. La questione che si pone, tra le altre, il micro living riguarda la fornitura o meno in via esclusiva o la condivisione: se le famiglie condividono già questi elementi, perché non possono farlo inquilini diversi non imparentati o collegati tra di loro?
L'elemento chiave del micro living è la posizione. “Il focus è pertanto la comodità rispetto al luogo di studio, turismo e lavoro, l'essere liberi da incombenze pratiche legate alla gestione delle utenze, in alcuni casi anche delle pulizie, avendo accesso (in alcuni dei siti) a servizi comuni condivisi, quali palestra, cinema room, reception, etc”, spiega Carvelli. La strategia di progettazione permette di eliminare lo spreco di spazio, identificando le migliori soluzioni per lo storage e il massimo rapporto tra comfort e design. Mentre si riduce e si ottimizza lo spazio privato della camera, si ampliano le aree condivise. Questa dinamica della riduzione della dimensione privata al crescere degli spazi condivisi è possibile solo in grandi città con forte domanda di locazione dove c'è quindi alta tensione abitativa.
“In termini di metrature, in Italia ci si aggira sui 30 mq di Spl (superficie lorda di pavimento) per micro spazi progettati all'interno di edifici con ambienti abitativi comuni, quali lavanderia, zona dedicata a pranzo, cena, socializzazione, area relax, zone verdi sul tetto o esterne. A livello internazionale, anche in Svizzera in ambito micro living ci si attesta sui 30 mq, in Usa si ragiona sui 25-37 mq a seconda delle città (New York 38 mq, a Boston 32 mq), mentre in Giappone si scende a 5,8 mq”, spiega il fondatore e amministratore delegato di Camplus”, che poi aggiunge che in Italia l'obbligo di legge per un appartamento è di 28 mq per una persona e di 38 mq per due persone.
“A livello europeo i Paesi con il maggior sviluppo nel settore sono il Regno Unito e la Germania. Il mercato tedesco è dominato, infatti, da una forte percentuale di locazioni (70%) ed è il più avanzato d'Europa a livello residenziale. Nel settore in questione le città tedesche con il più forte sviluppo di soluzioni micro living sono Berlino, Francoforte e Amburgo”, prosegue Carvelli. “Nel Regno Unito nel 2016 sono state realizzate oltre 8mila abitazioni di micro living”, aggiunge Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari, che poi prosegue dicendo: “Nel 2017 in Germania i micro appartamenti sono circa 250 mila e il governo federale prevede di investire 120 milioni nell'espansione di questo settore. Quanto agli Usa, l'ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha promosso una competizione sponsorizzata dall'ufficio di pianificazione locale per la progettazione di micro appartamenti dal costo massimo di 3.400 dollari di affitto mensili a Manhattan”.
“In Italia è un fenomeno ancora nuovo, con esperienze a Milano e Roma. Le dimensioni sono ovviamente limitate ma il trend è in costante crescita”, dichiara Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, che conferma che “a New York le micro case sono sul mercato da decenni, così come anche a Parigi” e che, in generale, “la micro residenza, sia in proprietà sia in locazione, funziona dove i valori immobiliari sono più alti”.
Ma nel mercato immobiliare, questi nuovi format residenziali che tipi di rendimenti possono offrire e quali sono gli investitori? “I rendimenti oggi a livello mondiale vanno mediamente dal 5 al 6,5% con differenze fortissime tra chi sta al centro di Londra, dove il rendimento scende a circa il 4,5%, e le zone più periferiche dell'Inghilterra dove si arriva al 7,5%”, dichiara Zirnstein, che ricorda che il rendimento è correlato al rischio. “In Italia siamo intorno al 5,5-6%, contro il 4% del residenziale. In particolare, Milano e Roma rendono intorno al 5,5%, mentre nelle altre città universitarie meno grandi, come Firenze, Bologna, Torino, Padova e un po' Napoli, si arriva al 6%”, aggiunge Zirnstein, che interpellata sui soggetti interessati a questa nuova tipologia di soluzioni immobiliari alternative risponde: “Gli investitori sono soprattutto le grandi società immobiliari, i fondi immobiliari, i private equity, i Reit (Real estate investment trust, letteralmente società fiduciaria per l'investimento in beni immobili, ndr) ma anche i private client. È un mercato che ha grandissime opportunità di sviluppo, con investimenti a livello mondiale che sono stati molto elevati sia nel 2016, sia nel 2017, e un rallentamento naturale nel 2018”.
Il micro living è quindi un mercato solido, che dà discreti rendimenti e con una prospettiva di forte crescita, considerando l'ampia domanda non soddisfatta in questo comparto. Dal “Primo osservatorio sulle nuove forme di residenza per studenti, giovani e lavoratori”, realizzato da Camplus e da Scenari Immobiliari, è emerso che oggi circa 855mila giovani, in Italia, hanno esigenza di una abitazione temporanea. Ma nel panorama attuale, l'offerta gestita residenziale copre circa il 10% della domanda totale, mentre il 90% è lasciato al mercato privato.
“Gli spazi di crescita sono alti, se non si pensa alla domanda tradizionale della famiglia, ma si punta a studenti oppure al turismo breve”, precisa Breglia. Il mercato residenziale italiano presenta, infatti, delle opportunità, considerando: l'elevato numero di unità residenziali, le caratteristiche della popolazione stessa, che va riconfigurandosi verso unità famigliari composte da una sola persona e la crescente preferenza per le soluzioni in appartamento per turisti e mobile worker rispetto al tradizionale hotel. I dati Istat 2016 evidenziano che una famiglia italiana su tre è composta da una sola persona, una tendenza che a Londra si attesta al 50%, così come a New York. In ogni caso, nel nostro Paese, caratterizzato da appartamenti che in media superano abbondantemente i 100 mq, sarà necessaria un'opera di recupero efficiente del patrimonio e delle volumetrie delle abitazioni stesse. “La dimensione media di un alloggio in Italia è di 117 mq, ma in molte realtà si tratta di una dimensione che non risponde più alle esigenze e alle risorse dei nuclei familiari contemporanei”, precisa Zirnstein, che poi conclude dicendo: “Tagli più piccoli consentono una maggiore adattabilità degli spazi esistenti”.
“Il micro living presenta da un lato una configurazione residenziale e dall'altro commerciale. La prima si traduce in locazioni di appartamenti per studenti, giovani professionisti e famiglie, la seconda in soluzioni commerciali come aparthotel, serviced apartment e corporate housing”, spiega Maurizio Carvelli, fondatore e amministratore delegato di Camplus, che oggi gestisce circa 7 mila posti letto in Italia e in Spagna. Non vi rientra, invece, l'offerta strutturata di posti letto negli studentati e nei collegi.
“Il micro living si concentra unicamente nelle grandi città a forte tensione abitativa e principalmente in modalità di locazione – puntualizza Carvelli - Tali città sono inoltre caratterizzate dalla richiesta abitativa di utenti millenials, e non solo, che si spostano per lavoro/studio alla ricerca di una soluzione in affitto e dalla richiesta di turisti che preferiscono soggiornare in appartamento rispetto al tradizionale hotel, beneficiando di servizi inclusi (come nei serviced apartment) e in ogni caso all'insegna della comodità e della funzionalità, spesso in un'ottica all inclusive che comprende anche una dimensione variabile di community e di condivisione di servizi e spazi”.
È il modo di concepire la casa che viene a cambiare: nel micro living, infatti, l'utente e il proprietario vivono l'abitazione non più come bene ma come servizio. In una ricerca sul micro living, realizzata da British Property Foundation e Jll (intervistando sviluppatori, locatori, pianificatori e policy maker) sono stati identificati elementi imprescindibili all'interno di un'abitazione e sono stati individuati alcuni fattori chiave che devono essere presenti (anche in condivisione) in qualsiasi soluzione abitativa: letto, lavatrice, wc, doccia, lavandino, divano o poltrona, cucina frigorifero, tavolo, armadio. La questione che si pone, tra le altre, il micro living riguarda la fornitura o meno in via esclusiva o la condivisione: se le famiglie condividono già questi elementi, perché non possono farlo inquilini diversi non imparentati o collegati tra di loro?
L'elemento chiave del micro living è la posizione. “Il focus è pertanto la comodità rispetto al luogo di studio, turismo e lavoro, l'essere liberi da incombenze pratiche legate alla gestione delle utenze, in alcuni casi anche delle pulizie, avendo accesso (in alcuni dei siti) a servizi comuni condivisi, quali palestra, cinema room, reception, etc”, spiega Carvelli. La strategia di progettazione permette di eliminare lo spreco di spazio, identificando le migliori soluzioni per lo storage e il massimo rapporto tra comfort e design. Mentre si riduce e si ottimizza lo spazio privato della camera, si ampliano le aree condivise. Questa dinamica della riduzione della dimensione privata al crescere degli spazi condivisi è possibile solo in grandi città con forte domanda di locazione dove c'è quindi alta tensione abitativa.
“In termini di metrature, in Italia ci si aggira sui 30 mq di Spl (superficie lorda di pavimento) per micro spazi progettati all'interno di edifici con ambienti abitativi comuni, quali lavanderia, zona dedicata a pranzo, cena, socializzazione, area relax, zone verdi sul tetto o esterne. A livello internazionale, anche in Svizzera in ambito micro living ci si attesta sui 30 mq, in Usa si ragiona sui 25-37 mq a seconda delle città (New York 38 mq, a Boston 32 mq), mentre in Giappone si scende a 5,8 mq”, spiega il fondatore e amministratore delegato di Camplus”, che poi aggiunge che in Italia l'obbligo di legge per un appartamento è di 28 mq per una persona e di 38 mq per due persone.
“A livello europeo i Paesi con il maggior sviluppo nel settore sono il Regno Unito e la Germania. Il mercato tedesco è dominato, infatti, da una forte percentuale di locazioni (70%) ed è il più avanzato d'Europa a livello residenziale. Nel settore in questione le città tedesche con il più forte sviluppo di soluzioni micro living sono Berlino, Francoforte e Amburgo”, prosegue Carvelli. “Nel Regno Unito nel 2016 sono state realizzate oltre 8mila abitazioni di micro living”, aggiunge Francesca Zirnstein, direttore generale di Scenari Immobiliari, che poi prosegue dicendo: “Nel 2017 in Germania i micro appartamenti sono circa 250 mila e il governo federale prevede di investire 120 milioni nell'espansione di questo settore. Quanto agli Usa, l'ex sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha promosso una competizione sponsorizzata dall'ufficio di pianificazione locale per la progettazione di micro appartamenti dal costo massimo di 3.400 dollari di affitto mensili a Manhattan”.
“In Italia è un fenomeno ancora nuovo, con esperienze a Milano e Roma. Le dimensioni sono ovviamente limitate ma il trend è in costante crescita”, dichiara Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, che conferma che “a New York le micro case sono sul mercato da decenni, così come anche a Parigi” e che, in generale, “la micro residenza, sia in proprietà sia in locazione, funziona dove i valori immobiliari sono più alti”.
Ma nel mercato immobiliare, questi nuovi format residenziali che tipi di rendimenti possono offrire e quali sono gli investitori? “I rendimenti oggi a livello mondiale vanno mediamente dal 5 al 6,5% con differenze fortissime tra chi sta al centro di Londra, dove il rendimento scende a circa il 4,5%, e le zone più periferiche dell'Inghilterra dove si arriva al 7,5%”, dichiara Zirnstein, che ricorda che il rendimento è correlato al rischio. “In Italia siamo intorno al 5,5-6%, contro il 4% del residenziale. In particolare, Milano e Roma rendono intorno al 5,5%, mentre nelle altre città universitarie meno grandi, come Firenze, Bologna, Torino, Padova e un po' Napoli, si arriva al 6%”, aggiunge Zirnstein, che interpellata sui soggetti interessati a questa nuova tipologia di soluzioni immobiliari alternative risponde: “Gli investitori sono soprattutto le grandi società immobiliari, i fondi immobiliari, i private equity, i Reit (Real estate investment trust, letteralmente società fiduciaria per l'investimento in beni immobili, ndr) ma anche i private client. È un mercato che ha grandissime opportunità di sviluppo, con investimenti a livello mondiale che sono stati molto elevati sia nel 2016, sia nel 2017, e un rallentamento naturale nel 2018”.
Il micro living è quindi un mercato solido, che dà discreti rendimenti e con una prospettiva di forte crescita, considerando l'ampia domanda non soddisfatta in questo comparto. Dal “Primo osservatorio sulle nuove forme di residenza per studenti, giovani e lavoratori”, realizzato da Camplus e da Scenari Immobiliari, è emerso che oggi circa 855mila giovani, in Italia, hanno esigenza di una abitazione temporanea. Ma nel panorama attuale, l'offerta gestita residenziale copre circa il 10% della domanda totale, mentre il 90% è lasciato al mercato privato.
“Gli spazi di crescita sono alti, se non si pensa alla domanda tradizionale della famiglia, ma si punta a studenti oppure al turismo breve”, precisa Breglia. Il mercato residenziale italiano presenta, infatti, delle opportunità, considerando: l'elevato numero di unità residenziali, le caratteristiche della popolazione stessa, che va riconfigurandosi verso unità famigliari composte da una sola persona e la crescente preferenza per le soluzioni in appartamento per turisti e mobile worker rispetto al tradizionale hotel. I dati Istat 2016 evidenziano che una famiglia italiana su tre è composta da una sola persona, una tendenza che a Londra si attesta al 50%, così come a New York. In ogni caso, nel nostro Paese, caratterizzato da appartamenti che in media superano abbondantemente i 100 mq, sarà necessaria un'opera di recupero efficiente del patrimonio e delle volumetrie delle abitazioni stesse. “La dimensione media di un alloggio in Italia è di 117 mq, ma in molte realtà si tratta di una dimensione che non risponde più alle esigenze e alle risorse dei nuclei familiari contemporanei”, precisa Zirnstein, che poi conclude dicendo: “Tagli più piccoli consentono una maggiore adattabilità degli spazi esistenti”.