I laboratori Esg della finanza strutturata
I fattori di sostenibilità Esg stanno conquistando non solo fondi tradizionali ma anche prodotti di investimento alternativi
La nuova tassonomia Esg di Acepi punta a colmare un gap normativo, di creare standard comuni e di favorire la trasparenza e la comparabilità
La possibilità di investire “short” rappresenta uno strumento efficace di azionariato attivo, che incentiva maggiormente gli emittenti a muoversi nella giusta direzione in termini di sostenibilità
Non solo fondi tradizionali ma anche prodotti di investimento alternativi. Così i fattori di sostenibilità Esg stanno allargando il loro confine. Il risultato? Anche la finanza strutturata sta inglobando al suo interno i fattori ambientali, sociali e di governance. Siamo in pratica sulla frontiera dell'investimento Esg, la finanza strutturata appunto, i cui protagonisti trovandosi in un ambito di finanza innovativa si trovano ad occupare il ruolo di traino anche alla tassonomia ufficiale, ancora e sempre in ritardo rispetto all’offerta di soluzioni di investimento di tipo Esg. Di questa tematica si è parlato anche nel corso di una conferenza all’interno del Salone Sri organizzato da Eticanews che si è tenuto a metà novembre al Palazzo delle Stelline a Milano.
A raccontare la propria esperienza al pubblico e ai professionisti degli investimenti e della consulenza sono stati Acepi – Associazione Italiana Certificati e Prodotti d’Investimento, per voce del segretario generale Dario Savoia, e Kairos Partners Sgr nella persona di Riccardo Valeri, portfolio manager di KIS ActivESG.
I punti in discussione
Il dibattito si è concentrato sullo stato dell’arte dei prodotti di finanza strutturata, come ad esempio certificati, prodotti a leva, prodotti a capitale protetto, strategie long/short, e su come i criteri Esg siano utilizzati nella definizione di questi strumenti, con un occhio di riguardo alla regolamentazione e alla relazione con le aziende e gli operatori finanziari. Il punto di contatto tra i due protagonisti è stato la forza di saper proporre una strada per la regolamentazione Ue Esg offrendo ognuno per il proprio ambito un benchmark di autoregolamentazione Esg che siano uno stimolo per colmare le lacune ancora presenti nell'attuale regolamentazione Ue.
La tassonomia Esg per i certificati
Acepi ha occupato con decisione il ruolo di autoregolatore dei temi Esg per il mondo dei certificati italiano. Di recente ha presentate nell’evento annuale «Certificate day» realizzato con la collaborazione di Radiocor-Il Sole24 Ore un Codice di autodisciplina che ha l’obiettivo, come spiegato dallo stesso Savoia, di “colmare un gap normativo, di creare standard comuni e di favorire la trasparenza e la comparabilità” e di guidare verso una sempre maggiore sostenibilità un’industria in trend crescente come dimostrano dai numeri presentati: negli ultimi cinque anni sono stati collocati in Italia 58 miliardi di certificati. In sintesi, per stabilire se un certificato è sostenibile o meno Il codice di autodisciplina propone una verifica su quattro pilastri: gli emittenti (devono aderire ai principi Onu per l’attività bancaria responsabile e devono avere almeno un rating Esg che indichi rischio medio o basso), i tipi di prodotto (ad esempio devono avere un positivo impatto ambientale e di sostenibilità), la metodologia (deve essere sostenibile ad esempio nell’utilizzo dei fondi raccolti), e il sottostante (deve soddisfare alcuni requisiti minimi di sostenibilità).
Meritocrazia e sostenibilità nelle scelte dell’asset manager
Da parte sua, al Salone Sri sul fronte dei fondi azionari con strategie alternative Valeri ha sottolineato come oggi sia imprescindibile da un lato, quello dell’investitore, saper riconoscere le diverse soluzioni Esg sul mercato (articolo 8 o 9 dell’SFDR) e dall’altro, per un asset manager, saper “anticipare” la regolamentazione e distinguersi sul mercato fornendo soluzioni efficaci e innovative alla frontiera degli investimenti sostenibili.
“Per noi lo short, oltre a coprire l’esposizione e consentire una gestione del rischio di portafoglio, rappresenta uno strumento efficace di azionariato attivo, che incentiva maggiormente gli emittenti a muoversi nella giusta direzione in termini di sostenibilità rispetto ad un tradizionale investimento direzionale ESG” ha chiosato il portfolio manager.
Lo stimolo per una normativa più vicina al mercato
La mancanza di armonia tra la tassonomia ufficiale, la finanza di investimento ma anche le aziende stesse su cui si investe è sottolineato anche nel Primo Rapporto annuale di O-Fire, (“Osservatorio sulla Finanza d’Impatto e sue Ricadute Economiche”), l’Osservatorio sulla finanza sostenibile lanciato un anno fa dall’Università di Milano-Bicocca insieme a Banca Generali e Aifi-Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt. Il verdetto non lascia dubbi: c’è un forte disallineamento tra i dati Esg forniti dall’industria europea e i parametri indicati dalla Tassonomia europea. Alla finanza strutturata più virtuosa il compito, dunque, di indicare la strada all’Europa.