Emerging, mai due anni consecutivi di perdite

8.11.2018
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Si è tenuta a Palazzo Reale l'appuntamento annuale di M&G Investments sul panorama obbligazionario internazionale per i mesi a venire, fra conferme e scommesse
Per quanto riguarda gli emerging, “dal 1994 non ci sono mai stati due anni consecutivi di performance negative”. La frase potrebbe meravigliare, ma è solo la traduzione in parole di una serie storica. A parlare è Carlo Putti, investment specialist di M&G Investments. L'asset manager internazionale ha infatti tenuto a Milano, presso Palazzo Reale, il suo Bond Vigilantes Forum. Quello di Carlo Putti è stato l'intervento conclusivo, e si è focalizzato su due fondi:
“Emerging markets e High Yield rappresentano due asset class per cui il premio al rischio deve essere molto ben remunerato”.
Il 2018 ha visto cambiare diverse cose sul mercato. In primis, hanno fatto il loro debutto i dazi di Trump, causando un indebolimento delle valute locali. Il rafforzamento del dollaro ha aggiunto ulteriore volatilità sui paesi emergenti, particolarmente quelli con fondamentali meno solidi e con una gran parte del loro debito denominato in dollari (come ad esempio la Turchia). Le carte in tavola sono dunque cambiate e i Paesi emergenti si sono giustamente riprezzati per riflettere questo nuovo contesto. Non è stata la prima volta e non sarà l'ultima. Ma la serie storica che da 24 anni traccia l'andamento comunicato dallo specialista è un fatto. Certo non è possibile sapere se il 2019 sarà l'anno che lo confuterà, ma il mercato l'anno prossimo dovrebbe perdere il 7% (rendimento medio che si ottiene oggi sugli emergenti) perché gli investitori subiscano delle perdite. Molto dipenderà dall'evoluzione delle tariffe e del dollaro. Oggi gli spread sono tornati a livelli di forte stress e le valutazioni sui paesi emergenti stanno pagando il prezzo di uno spread molto elevato.
Sono determinati dal carry, ossia dall'operazione che consiste nel prendere a prestito capitali in una valuta conveniente per poi investire gli stessi in strumenti finanziari denominati in altre valute, con un rendimento superiore al costo del finanziamento. Si tratta di un'operazione diffusa nel comparto del reddito fisso. In generale quest'anno, visto il forte riprezzamento di alcune valute, il carry di molti paesi emergenti è aumentato, offrendo algli investitori un buon cuscinetto di partenza. Il Paese con il carry attualmente più conveniente è l'Argentina, che ne ha uno del 45%. “Ciò vuol dire che per cominciare a perdere sul peso argentino nel 2019 quest'ultimo dovrebbe perdere un altro 45%”, chiosa Putti.
Un terzo del portafoglio è denominato in valuta locale, in parte perché un rafforzamento del dollaro sembrava più evidente e in parte perché i rendimenti su titoli in valuta forte (principalmente dollaro) sono aumentati notevolmente e oggi offrono quanto i titoli in valuta locale.
Al momento ci focalizziamo principalemte su tre aree:
Tatticamente poi giochiamo su altre valute come il real brasiliano, aumentato per catturare il rally di breve termine dovuto ai risultati elettorali in Brasile, o il peso uruguaiano, molto correlato a quello argentino, ma meno volatile essendo l'Uruguary un paese considerato più stabile (rating tripla B).
Il fondo punta a dare accesso al mercato high yield in maniera più cauta, sia sul lato duration, in quanto investe in titoli a tasso variabile (“floating rate”), sia sul lato credito, in quanto almeno il 50% dei titoli in portafoglio sono titoli senior garantiti (nel caso la società dovesse fallire, i titolari di queste obbligazioni sarebbero tra i primi a venire risarciti).
I titoli del fondo sono sia fisici che derivati: il 50,5% del fondo è investito in titoli fisici, poi in cds (22,8%), obbligazioni a tasso fisso con interest rate swap (18,2%), in titoli di Stato e liquidità (8,5%).
- M&G Emerging Markets Bond Fund e
- M&G Global Floating Rate High Yield Fund,
“Emerging markets e High Yield rappresentano due asset class per cui il premio al rischio deve essere molto ben remunerato”.
Un breve outlook per gli emergenti
Il 2018 ha visto cambiare diverse cose sul mercato. In primis, hanno fatto il loro debutto i dazi di Trump, causando un indebolimento delle valute locali. Il rafforzamento del dollaro ha aggiunto ulteriore volatilità sui paesi emergenti, particolarmente quelli con fondamentali meno solidi e con una gran parte del loro debito denominato in dollari (come ad esempio la Turchia). Le carte in tavola sono dunque cambiate e i Paesi emergenti si sono giustamente riprezzati per riflettere questo nuovo contesto. Non è stata la prima volta e non sarà l'ultima. Ma la serie storica che da 24 anni traccia l'andamento comunicato dallo specialista è un fatto. Certo non è possibile sapere se il 2019 sarà l'anno che lo confuterà, ma il mercato l'anno prossimo dovrebbe perdere il 7% (rendimento medio che si ottiene oggi sugli emergenti) perché gli investitori subiscano delle perdite. Molto dipenderà dall'evoluzione delle tariffe e del dollaro. Oggi gli spread sono tornati a livelli di forte stress e le valutazioni sui paesi emergenti stanno pagando il prezzo di uno spread molto elevato.
I rendimenti in ambito valutario
Sono determinati dal carry, ossia dall'operazione che consiste nel prendere a prestito capitali in una valuta conveniente per poi investire gli stessi in strumenti finanziari denominati in altre valute, con un rendimento superiore al costo del finanziamento. Si tratta di un'operazione diffusa nel comparto del reddito fisso. In generale quest'anno, visto il forte riprezzamento di alcune valute, il carry di molti paesi emergenti è aumentato, offrendo algli investitori un buon cuscinetto di partenza. Il Paese con il carry attualmente più conveniente è l'Argentina, che ne ha uno del 45%. “Ciò vuol dire che per cominciare a perdere sul peso argentino nel 2019 quest'ultimo dovrebbe perdere un altro 45%”, chiosa Putti.
La composizione attuale del portafoglio M&G Emerging Markets Bond
Un terzo del portafoglio è denominato in valuta locale, in parte perché un rafforzamento del dollaro sembrava più evidente e in parte perché i rendimenti su titoli in valuta forte (principalmente dollaro) sono aumentati notevolmente e oggi offrono quanto i titoli in valuta locale.
Quali valute?
Al momento ci focalizziamo principalemte su tre aree:
- Valute di paesi con una forte bilancia dei pagamenti, come ad esempio la Russia e la Malesia.
- Valute che hanno sofferto molto quest'anno ma che hanno dei deficit delle parite correnti gestibili. Appartengono a questa categoria la rupia indiana e la rupia indonesiana.
- Valute tipicamente decorrelate all'andamento generale dei mercati come ad esempio il nuevo sol peruviano e il peso dominicano.
Tatticamente poi giochiamo su altre valute come il real brasiliano, aumentato per catturare il rally di breve termine dovuto ai risultati elettorali in Brasile, o il peso uruguaiano, molto correlato a quello argentino, ma meno volatile essendo l'Uruguary un paese considerato più stabile (rating tripla B).
Il fondo Global Floating Rate High Yield
Il fondo punta a dare accesso al mercato high yield in maniera più cauta, sia sul lato duration, in quanto investe in titoli a tasso variabile (“floating rate”), sia sul lato credito, in quanto almeno il 50% dei titoli in portafoglio sono titoli senior garantiti (nel caso la società dovesse fallire, i titolari di queste obbligazioni sarebbero tra i primi a venire risarciti).
I titoli del fondo sono sia fisici che derivati: il 50,5% del fondo è investito in titoli fisici, poi in cds (22,8%), obbligazioni a tasso fisso con interest rate swap (18,2%), in titoli di Stato e liquidità (8,5%).