Allarme acqua: ecco i tre strumenti per investire sull'oro blu

Davide Chiaroni: “Una quota importantissima di acqua che preleviamo, fra il 40 e il 48%, viene dispersa per effetto delle perdite nel nostro sistema infrastrutturale. E l’attuale tasso d’investimenti nel settore permetterebbe di rinnovare l’intera rete in 250 anni”
Proposta l’introduzione dei “certificati blu”, sulla falsa riga dei certificati bianchi adottati con successo nel settore dell’efficienza energetica, per supportare le necessarie azioni di risparmio, riuso e riutilizzo dell’acqua attraverso meccanismi di incentivazione
Chiaroni: introdurre i “certificati blu”
Un mercato, aggiunge, che tipicamente coinvolge principalmente i gestori di rete e, dunque, i soggetti istituzionali. Ma l'obiettivo è quello di mobilitare risorse anche di privati e piccole imprese. “La proposta che abbiamo presentato nel 2019 e attorno alla quale si sono catalizzati gli interessi di alcuni operatori del settore è stata quella di ragionare su un certificato blu, sulla falsa riga dei certificati bianchi adottati con successo nel settore dell'efficienza energetica, per supportare le necessarie azioni di risparmio, riuso e riutilizzo dell'acqua attraverso meccanismi di incentivazione. Abilitando un mercato in cui anche i privati o le piccole imprese che promuovono interventi di efficientamento idrico possano contribuire al risultato finale ottenendo in cambio una remunerazione”, aggiunge Chiaroni.
Dai fondi azionari tematici agli etf
Ma quali sono gli strumenti più adeguati per investire oggi nell'oro blu? “Il meccanismo degli etf, da un certo punto di vista, rappresenta un aspetto interessante perché si basa sul principio che il valore della risorsa-acqua potrebbe modificarsi in maniera significativa nel tempo”, spiega l'esperto. Un investimento di “natura speculativa” nella prospettiva del piccolo investitore, ma che può diventare una “scommessa” per le imprese, i gestori di bacini, i soggetti industriali e i grandi consumatori di acqua, che “potrebbero immaginare strumenti di copertura connessi al costo della risorsa idrica”.

Resta poi il tema dei green bond. “Se guardiamo alle emissioni che ricadono su questa categoria, ne abbiamo viste tantissime sul fronte energetico e sull'efficientamento ma c'è ancora poca mobilità da parte delle imprese del comparto idrico”, interviene Chiaroni. Poi conclude: “Un comparto che ha ricadute importanti in termini ambientali, perché non dimentichiamoci che tutta l'acqua che estraiamo, pompiamo in giro e disperdiamo nelle nostre infrastrutture si trascina dietro consumi energetici e una serie di costi di gestione e manutenzione non affatto banali. Di conseguenza, la capacità del comparto di utilizzare meglio alcuni strumenti a sua disposizione per ottenere fonti di finanziamento alternative potrebbe essere la strada giusta da perseguire. E uno dei punti sui quali bisognerà fare qualche ragionamento”.
