Come portare l'intelligenza artificiale nelle micro imprese?

Rita Annunziata
3.11.2020
Tempo di lettura: 3'
L'Italia, differentemente dagli Stati Uniti e dalla Cina, possiede un terreno imprenditoriale composto soprattutto da piccole, medie e micro aziende. Come far arrivare l'intelligenza artificiale anche a questi operatori?

In Italia si parla di un mercato da 200 milioni di euro, investiti per il 33% in data processing e per il 28% in natural language processing, chatbot e virtual assistant

I principali elementi critici che impedirebbero una crescita delle imprese in termini di intelligenza artificiale sono la reperibilità di competenze interne e di figure professionali sul mercato

Roberto Viola: “Non si può chiedere a una micro impresa familiare di acquistare un calcolatore, ma occorrono grandi punti di accumulazione in cui le aziende possano essere accompagnate nell'accesso all'intelligenza artificiale”

Il tessuto imprenditoriale italiano, alla stregua di quello europeo, è caratterizzato da piccole, medie e micro aziende. Un contesto in cui l'intelligenza artificiale fatica a far affondare le proprie radici. Ma secondo Pietro Poccianti, presidente dell'Associazione italiana per l'intelligenza artificiale intervenuto nell'ambito dell'Ai forum, non tutto è perduto.
Stando alla terza edizione dell'Osservatorio del Politecnico di Milano sull'intelligenza artificiale, che ha coinvolto 205 aziende sul territorio nazionale, il 90% ha una chiara consapevolezza di cosa sia. Si parla di un mercato da 200 milioni di euro, investiti per il 33% in data processing, per il 28% in natural language processing, chatbot e virtual assistant, per il 18% in recommendation system, per l'11% in robotic process automation e per il 10% in computer vision. In termini di settori, invece, l'utilizzo di soluzioni di intelligenza artificiale si concentra in buona parte nella finanza e nei servizi bancari (25%), nel manifatturiero (13%), nelle utility (13%) e nell'assicurativo (12%).

Eppure, i numeri dimostrano che mancano professionisti con “skill e competenze da poter spendere” su questo fronte, spiega Nicola Gatti, direttore dell'osservatorio e docente del Politecnico di Milano. I principali elementi critici che impedirebbero una crescita delle imprese in termini di intelligenza artificiale, infatti, sono la reperibilità di figure professionali sul mercato (45%), la security&privacy (42%) e la presenza di competenze interne (65%). Un trend, continua Gatti, “condiviso sia con l'Europa che con il mondo in generale, dove continua a crescere il gap tra la richiesta delle aziende di figure professionali specializzate e la forza lavoro a disposizione”.
“Abbiamo un terreno economico particolare, non confrontabile con quello degli Stati Uniti e della Cina, composto soprattutto da micro imprese”, aggiunge Poccianti. “Quello che possiamo fare è sia portare soluzioni di intelligenza artificiale anche agli artigiani sia semplificare le cose, creando documenti in grado di far colloquiare i sistemi informativi delle aziende tra loro, un vocabolario comune che consenta di tradurre dati e comunicare”.

“Non si può chiedere a una micro impresa familiare di acquistare un calcolatore – continua Roberto Viola, direttore generale di Dg Connect della Commissione europea – ma occorrono grandi punti di accumulazione in cui le imprese possano godere di spazi di co-working ed essere accompagnate nell'accesso all'intelligenza artificiale. Sul fronte dell'Unione europea, inoltre, stiamo finanziando la messa sul cloud di tutto l'apparato dei dati, affinché possano raggiungere qualsiasi piccola impresa”. E il Recovery fund? “Il 10% sarà dedicato allo sviluppo digitale e sicuramente l'intelligenza artificiale dovrebbe essere al centro di questo progetto”, spiega Viola. Poi conclude: “Mi auguro che si definisca un percorso chiaro, che guardi all'introduzione dell'intelligenza artificiale nell'industria, senza dimenticare le piccolissime imprese”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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