Transazioni finanziarie nell’epoca dello scambio di informazioni

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L’entrata in vigore del Fatca e del Common reporting standard ha rivoluzionato i modelli di pianificazione fiscale internazionale e richiede un approccio sempre più tax compliant. La nuova frontiera oggi è però la lotta all’anonimato garantito dalle transazioni in criptovalute

Nell’era della globalizzazione e della progressiva interdipendenza delle economie nazionali sono state avviate iniziative internazionali sempre più cogenti per fronteggiare le pratiche fiscali aggressive. Infatti emerge ormai frequentemente da parte di famiglie e imprese l’esigenza di una pianificazione fiscale cross-border, esigenza tuttavia da contemperare con la necessità da parte degli Stati di prevenire e contrastare ogni forma di evasione o elusione fiscale nelle transazioni.


Dal momento che il trasferimento di numerosi capitali in realtà “offshore” ha prodotto a livello globale una notevole erosione delle risorse fiscali dei singoli Paesi, Stati Uniti e Unione europea hanno fatto forti pressioni nei confronti dei Paesi black list affinché questi, con la minaccia dell’isolamento nell’operatività mondiale, aderiscano a un sistema di scambio automatico dei dati.


In questo contesto internazionale di lotta globale all’evasione fiscale, dapprima gli Stati Uniti con l’introduzione nel 2010 della normativa Fatca (Foreign account tax compliance act), poi l’Ocse, con il G20 e l’Unione europea, hanno dunque imposto un protocollo globale per lo scambio automatico delle informazioni (Common reporting standard).


In forza di tali accordi internazionali, le amministrazioni finanziarie degli Stati aderenti otterranno informazioni dalle istituzioni finanziarie ivi stabilite in ordine ai conti detenuti da persone fisiche e società (compresi i trust e fondazioni); con frequenza annuale le amministrazioni finanziarie scambieranno automaticamente con gli altri Paesi aderenti le informazioni raccolte sui soggetti titolari delle giacenze e ivi residenti.


Vi è un primo gruppo di Paesi (i promotori) che ha adottato rapidamente il nuovo standard e ha iniziato il primo scambio di informazioni, con riferimento alle attività finanziarie detenute nel 2016, sin dal settembre 2017: si tratta dei Paesi che traggono vantaggio dall’accordo in quanto interessati a individuare capitali sfuggiti al proprio potere impositivo (fra gli altri, Italia, Germania, Olanda e Irlanda ma anche Isole Vergini e Isole Cayman). 

Un secondo gruppo di Paesi aderenti invece ha iniziato a scambiare le informazioni dal 2018, con riferimento alle attività finanziarie detenute nel 2017, ed è in pratica costituito dai quei Paesi tradizionalmente poco collaborativi che sono stati “costretti” alla partecipazione: vi appartengono fra gli altri Svizzera, Bahamas, Monaco e Arabia Saudita.


Allo stato attuale, dunque, solo cinque Paesi con un sistema bancario proprio (Bahrain, Cook Islands, Nauru, Panama e Vanuatu) restano esclusi dal Common reporting standard (Crs), l'accordo in base al quale le amministrazioni finanziarie dei Paesi aderenti hanno la possibilità di ottenere, su base annua e attraverso uno scambio automatico, le informazioni considerate rilevanti dalle banche dei sistemi finanziari facenti parte dell'accordo.

Le istituzioni finanziarie su cui ricade l’obbligo di segnalazione non sono soltanto le banche ma anche gli intermediari finanziari, i broker, le compagnie di assicurazione e gli organismi di investimento collettivo.

Le informazioni finanziarie da segnalare comprendono tutti i tipi di redditi da capitale, quindi gli interessi, i dividendi, i redditi derivanti da alcuni contratti assicurativi, nonché i redditi derivanti dalle attività finanziarie o dalla loro vendita.


Pertanto, a seguito dell’entrata in vigore dello scambio automatico, l’amministrazione finanziaria italiana viene automaticamente a conoscenza dell’esistenza, ad esempio, di conti correnti e dei contratti assicurativi con contenuto finanziario intrattenuti all’estero ma intestati a soggetti che abbiano la residenza (amministrativa o fiscale) in Italia. La conseguenza più importante di questi accordi è, dunque, quella di consentire alle agenzie fiscali di richiedere informazioni finanziarie relative ai propri contribuenti che detengano attività non dichiarate in Svizzera, nel Principato di Monaco o in altri paradisi fiscali decretando di fatto la fine del segreto bancario.


In questo quadro è emersa l’esigenza di rafforzare la cooperazione amministrativa in ambito fiscale anche tra i Paesi membri dell’Unione europea. Sono state perciò adottate numerose direttive in materia (cosiddetto Dac) al fine di introdurre lo scambio automatico di informazioni quale strumento di carattere generale volto alla cooperazione amministrativa tra Stati. Oggi però la nuova frontiera è fronteggiare il rischio derivante dal cyberlaundering o riciclaggio informatico aumentato esponenzialmente negli ultimi anni con la diffusione delle criptovalute. In passato infatti il rischio riguardava principalmente l’uso dell’online banking (stante l’impossibilità di verificare l’identità del cliente) mentre oggi le criticità maggiori riguardano il sistema dei pagamenti tramite le monete virtuali, del tutto alternativo al sistema bancario e non controllato da alcuna autorità, tale da garantire l’anonimato delle transazioni. Per tali motivi sono stati introdotti, a partire dalla Dac 6, obblighi di comunicazione in capo agli intermediari finanziari e ai professionisti in ordine ai cosiddetti meccanismi transfrontalieri ossia schemi di pianificazione fiscale aggressiva che comprendono anche meccanismi finalizzati a compromettere il funzionamento dello scambio automatico di informazioni sui conti finanziari o l’identificazione delle persone fisiche titolari effettive di asset e redditi schermati da strutture opache come nel caso di utilizzo di società offshore (con il meccanismo dei nominee) intestatarie di wallet di criptovalute cui possono accedere da qualsiasi parte del globo. 

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Fondatore dello studio legale Tamagnone Di Marco e di Wealth Trust srl, società di consulenza dedicata alla
pianificazione patrimoniale per famiglie e imprese. Specializzato in ambito internazionale, ha conseguito il
master in Diritto tributario, in wealth management e in diritto dei trust. Si occupa di gestione di patrimoni,
anche detenuti all’estero, trust, successioni internazionali, passaggio generazionale e corporate
governance.

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