La futura pensione di Titta

12.8.2019
Tempo di lettura: 3'
A quanto ammonta la futura pensione di un professionista della finanza, gestore per ironia di fondi pensionistici? Quando arriverà? Risponde, con la consueta verve, un misterioso operatore della City*
Quando daranno la pensione a Titta, uno che ha lavorato in finanza e ha investito secondo la regola della zia Assunta – cento meno i tuoi anni mettili in azioni, il resto in buoni del Tesoro – quello che gli daranno, a Titta, non si sa. E' una pensione contributiva, la sua. Sa quanto ha contribuito ma non sa come andranno i suoi investimenti. Di pensioni però, dove vive Titta e nel resto del mondo, ce ne sono ancora molte a prestazione definita. Il fondo pensione in questo caso si impegna a garantire una data prestazione previdenziale. E Titta, ironia della sorte, sebbene della sua pensione futura sappia ben poco, si trova a gestire queste pensioni a prestazione definita. Il mestiere, all'inizio, non era poi così complesso.
Dicono che Titta anni fa lavorasse in una nazione in cui per gestire pensioni si compravano titoli di stato. I titoli pagavano un lauto interesse e tutti sapevano che lo Stato, sebbene non florido, sarebbe durato a lungo. Chi gestiva poteva acquistare buoni del Tesoro e aspettare lo stacco della cedola.
Poi con gli anni i tassi d'interesse sono diminuiti e di asset di durata sufficiente a poter pagare la futura pensione ce ne sono rimasti ben pochi. I gestori di pensioni a prestazioni definite come Titta si sono tirati su le maniche ed hanno cercato rendimenti altrove. Una prima fonte d'ispirazione è stata la performance degli endowments universitari americani.
Anni fa Titta fece un viaggio nelle americhe, e visitò una grande università che aveva una smisurata ricchezza. L'università pensava che sarebbe esistita per sempre e poteva perciò correre rischi che la maggior parte degli altri investitori non avrebbe voluto assumersi. E così l'università si concentrò su azionario ed investimenti illiquidi, o alternativi, e mantenne pochissimo fixed income.
Prima di tutto, infatti, chi fa il lavoro di Titta si è reso conto che per pagare pensioni a prestazione definita si possono distinguere due fasi. Una iniziale, o di maturazione, e una finale, matura. Nella prima fase i fondi debbono investire per crescere e possono farlo secondo gli stessi principi degli endowment universitari. Esposizione ai mercati azionari, a strumenti illiquidi o alternativi, enfasi sull'asset allocation e selezione dei manager come fonti principali dei rendimenti. Nella seconda, debbono invece costruire un portafoglio che paghi quando ci sono gli esborsi pensionistici, ovvero ci vuole un matching portfolio.
Passare da una fase all'altra è complicato: si tratta di gestire crescita degli asset, liquidità, collateral, e rischio, tutti insieme in concerto. Molti si concentrano sulla gestione del rapporto tra attività finanziarie e passività (le pensioni). Bisogna che questo rapporto, che prende il nome di funding ratio, si mantenga sopra livello minimi di non ritorno – in cui cioè risulterebbe del tutto impossibile poter pagare le pensioni – e che anzi converga nel tempo a un numero superiore a uno. Cioè che si riesca a pagare i pensionati in toto.
Per gestire il funding ratio, chi fa il mestiere di Titta, usa derivati finanziari. Prima di tutto protezione azionaria. Se nella fase di crescita si vuole essere compensati per l'equity premium, si deve poi potersi difendere da rischi di perdite troppo grandi. Poi protezione a tassi e inflazione. Il valore ad oggi delle pensioni da pagare in futuro aumenta se i tassi sono più bassi e molte pensioni sono indicizzate all'inflazione: ma vale la pena tenersi in tasca tutti questi rischi?
Si racconta che Titta tanti anni fa conobbe un investitore le cui passività diminuivano quando i tassi d'interesse aumentavano. Per difendersi dal rischio di fluttuazione dei tassi pensò allora di entrare in un contratto in cui potesse ricevere un tasso fisso e pagare quello corrente. Trovò un altro investitore che era desideroso di fare l'esatto contrario. E fu così che nacque un interest rate swap. La costruzione di un matching portfolio poi non si può più fare comprando solo titoli governativi. Questi infatti sono portafogli che pagano quando ci sono da pagare le pensioni, ma, con rendimenti ormai molto bassi, è difficile costruirli. Non è che questi strumenti non abbiano più un ruolo nel portafoglio, tutt'altro, è che gli investitori del settore si sono resi conto che si possono ridurre i costi usando altri asset, ad esempio corporate bonds.
Chi fa il mestiere di Titta, nel paese dove vive Titta, si trova a gestire asset in un settore pur consistente ma certamente più ridotto rispetto a quello delle pensioni a contribuzione definita. Le lezioni però di questa esperienza si estendono a vari altri ambiti in cui ci siano garanzie di varia sorta sul tipo di performance pensionistica attesa. La storia delle pensioni a prestazione definita è una storia di ineluttabile aumento della complessità finanziaria, sia per il tipo di asset ed asset allocation, che per l'uso di derivati e finanza strutturata. Ci sono delle lezioni da trarne nel contesto della riforma europea delle rendite previdenziali.
(*)Titta Di Girolamo: con questo pseudonimo, preso a prestito da un film di Paolo Sorrentino, si firma un importante gestore italiano della City.
Dicono che Titta anni fa lavorasse in una nazione in cui per gestire pensioni si compravano titoli di stato. I titoli pagavano un lauto interesse e tutti sapevano che lo Stato, sebbene non florido, sarebbe durato a lungo. Chi gestiva poteva acquistare buoni del Tesoro e aspettare lo stacco della cedola.
Poi con gli anni i tassi d'interesse sono diminuiti e di asset di durata sufficiente a poter pagare la futura pensione ce ne sono rimasti ben pochi. I gestori di pensioni a prestazioni definite come Titta si sono tirati su le maniche ed hanno cercato rendimenti altrove. Una prima fonte d'ispirazione è stata la performance degli endowments universitari americani.
Anni fa Titta fece un viaggio nelle americhe, e visitò una grande università che aveva una smisurata ricchezza. L'università pensava che sarebbe esistita per sempre e poteva perciò correre rischi che la maggior parte degli altri investitori non avrebbe voluto assumersi. E così l'università si concentrò su azionario ed investimenti illiquidi, o alternativi, e mantenne pochissimo fixed income.
Prima di tutto, infatti, chi fa il lavoro di Titta si è reso conto che per pagare pensioni a prestazione definita si possono distinguere due fasi. Una iniziale, o di maturazione, e una finale, matura. Nella prima fase i fondi debbono investire per crescere e possono farlo secondo gli stessi principi degli endowment universitari. Esposizione ai mercati azionari, a strumenti illiquidi o alternativi, enfasi sull'asset allocation e selezione dei manager come fonti principali dei rendimenti. Nella seconda, debbono invece costruire un portafoglio che paghi quando ci sono gli esborsi pensionistici, ovvero ci vuole un matching portfolio.
Passare da una fase all'altra è complicato: si tratta di gestire crescita degli asset, liquidità, collateral, e rischio, tutti insieme in concerto. Molti si concentrano sulla gestione del rapporto tra attività finanziarie e passività (le pensioni). Bisogna che questo rapporto, che prende il nome di funding ratio, si mantenga sopra livello minimi di non ritorno – in cui cioè risulterebbe del tutto impossibile poter pagare le pensioni – e che anzi converga nel tempo a un numero superiore a uno. Cioè che si riesca a pagare i pensionati in toto.
Per gestire il funding ratio, chi fa il mestiere di Titta, usa derivati finanziari. Prima di tutto protezione azionaria. Se nella fase di crescita si vuole essere compensati per l'equity premium, si deve poi potersi difendere da rischi di perdite troppo grandi. Poi protezione a tassi e inflazione. Il valore ad oggi delle pensioni da pagare in futuro aumenta se i tassi sono più bassi e molte pensioni sono indicizzate all'inflazione: ma vale la pena tenersi in tasca tutti questi rischi?
Si racconta che Titta tanti anni fa conobbe un investitore le cui passività diminuivano quando i tassi d'interesse aumentavano. Per difendersi dal rischio di fluttuazione dei tassi pensò allora di entrare in un contratto in cui potesse ricevere un tasso fisso e pagare quello corrente. Trovò un altro investitore che era desideroso di fare l'esatto contrario. E fu così che nacque un interest rate swap. La costruzione di un matching portfolio poi non si può più fare comprando solo titoli governativi. Questi infatti sono portafogli che pagano quando ci sono da pagare le pensioni, ma, con rendimenti ormai molto bassi, è difficile costruirli. Non è che questi strumenti non abbiano più un ruolo nel portafoglio, tutt'altro, è che gli investitori del settore si sono resi conto che si possono ridurre i costi usando altri asset, ad esempio corporate bonds.
Chi fa il mestiere di Titta, nel paese dove vive Titta, si trova a gestire asset in un settore pur consistente ma certamente più ridotto rispetto a quello delle pensioni a contribuzione definita. Le lezioni però di questa esperienza si estendono a vari altri ambiti in cui ci siano garanzie di varia sorta sul tipo di performance pensionistica attesa. La storia delle pensioni a prestazione definita è una storia di ineluttabile aumento della complessità finanziaria, sia per il tipo di asset ed asset allocation, che per l'uso di derivati e finanza strutturata. Ci sono delle lezioni da trarne nel contesto della riforma europea delle rendite previdenziali.
(*)Titta Di Girolamo: con questo pseudonimo, preso a prestito da un film di Paolo Sorrentino, si firma un importante gestore italiano della City.