Tiziano Ferro stecca sulla residenza fiscale all'estero

18.11.2020
Tempo di lettura: 3'
La corte di Cassazione ha convalidato l'accertamento dell'Agenzia delle Entrate volto a qualificare come fittizio il trasferimento della residenza fiscale di Tiziano Ferro in Gran Bretagna con conseguente obbligo di pagamento delle imposte in Italia
Il trasferimento della residenza fiscale nel Regno Unito, operato nel corso del 2006 dal noto artista Tiziano Ferro, è stato ritenuto dalla corte di Cassazione non effettivo con le recenti sentenze n. 21.694 - 21.695 e 21.696 dell'8 ottobre 2020. In tal modo è stata confermata la pretesa dell'Agenzia delle Entrate volta a far pagare le imposte in Italia in relazione alle annualità 2006, 2007 e 2008. Infatti, alle già sfavorevoli decisioni dei primi due gradi di giudizio si è ora aggiunta quella della Cassazione che ha quindi reso definitivi gli accertamenti.
Si è in tal modo ritenuto che l'artista abbia mantenuto nella città italiana di provenienza la generalità dei rapporti, compresi quelli di carattere familiare, sociale, morale, oltre a quelli di natura patrimoniale. Hanno in tal senso giocato un ruolo determinante la prevalenza dell'attività artistica esercitata in Italia rispetto a quella svolta nel Regno Unito, l'utilizzo di carte di credito, praticamente quotidiano per acquisti effettuati in Italia, i profondi legami familiari testimoniati peraltro dalla ricostruzione dei numerosi viaggi effettuati nel territorio nazionale.

Le prove contrarie offerte invece dall'artista, e in particolare la locazione di un immobile in Uk, le relative spese condominiali, le utenze e l'abbonamento a una palestra, sono state giudicate esigue e inidonee a superare quanto dimostrato dall'Agenzia delle Entrate.
Il caso di Tiziano Ferro non è l'unico sul tema. L'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero è soggetta a monitoraggio da parte dell'Agenzia delle Entrate e a verifiche fiscali nei casi più controversi. Ma non è detto che l'Erario abbia sempre ragione, ben potendo il contribuente fornire la prova contraria circa la sua reale residenza estera. E così è andata bene al tennista Davide Sanguinetti che nel 2017 ha visto decadere la contestazione di evasione fiscale dopo aver trasferito nel 1999 la sua residenza fiscale nel Principato di Monaco. Bene è anche andata a un altro sportivo di successo, Loris Capirossi, che nel 2012 ha conseguito il medesimo risultato favorevole. Meno bene è andata invece a Valentino Rossi che ha definito con un accordo milionario l'accertamento fiscale per il trasferimento della residenza a Londra. Ma sono tanti i casi citati dalle cronache con alterne vicende.
Ogni caso va quindi analizzato singolarmente sulla base della documentazione probatoria disponibile. Nel nostro ordinamento si considerano fiscalmente residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile” (art. 2, comma 2, del Tuir).
Le tre condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato uno solo dei requisiti affinché una persona fisica sia considerata fiscalmente residente in Italia. Viceversa solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d'imposta di riferimento una persona fisica può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.
La cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente e l'iscrizione all'Aire non sono elementi sufficienti a determinare l'esclusione della residenza fiscale in Italia. L'Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire in un recente documento che, indipendentemente dall'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente, assume fondamentale importanza, ai fini della qualificazione fiscale quale soggetto residente in Italia, la verifica della sussistenza di almeno uno dei restanti requisiti e cioè la residenza e il domicilio (risposta a interpello n. 294 del 7 luglio 2020 dell'Agenzia delle Entrate). In tal caso occorre rifarsi alle nozioni civilistiche di residenza e di domicilio. La residenza è definita dal codice civile come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Il domicilio di una persona, invece, coincide con “la sede principale dei suoi affari ed interessi” a prescindere dalla presenza effettiva in tale luogo.
In merito ai citati requisiti la giurisprudenza italiana ha dato particolare rilievo, quale criterio di individuazione della residenza fiscale di una persona fisica, al luogo nel quale sono prioritariamente localizzati gli interessi economici ed affettivi della persona, partendo dalla sfera delle relazioni personali, intese come vincoli familiari.
Si possono verificare tuttavia dei casi di contestuale residenza fiscale italiana e estera in base alla normativa interna. In tali ipotesi il conflitto di residenza tra i due Paesi viene risolto facendo ricorso alle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito stipulate dall'Italia con il Paese estero.
Il caso di Tiziano Ferro non è l'unico sul tema. L'iscrizione all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero è soggetta a monitoraggio da parte dell'Agenzia delle Entrate e a verifiche fiscali nei casi più controversi. Ma non è detto che l'Erario abbia sempre ragione, ben potendo il contribuente fornire la prova contraria circa la sua reale residenza estera. E così è andata bene al tennista Davide Sanguinetti che nel 2017 ha visto decadere la contestazione di evasione fiscale dopo aver trasferito nel 1999 la sua residenza fiscale nel Principato di Monaco. Bene è anche andata a un altro sportivo di successo, Loris Capirossi, che nel 2012 ha conseguito il medesimo risultato favorevole. Meno bene è andata invece a Valentino Rossi che ha definito con un accordo milionario l'accertamento fiscale per il trasferimento della residenza a Londra. Ma sono tanti i casi citati dalle cronache con alterne vicende.
Ogni caso va quindi analizzato singolarmente sulla base della documentazione probatoria disponibile. Nel nostro ordinamento si considerano fiscalmente residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile” (art. 2, comma 2, del Tuir).
Le tre condizioni sopra citate sono tra loro alternative, essendo sufficiente che sia verificato uno solo dei requisiti affinché una persona fisica sia considerata fiscalmente residente in Italia. Viceversa solo quando i tre presupposti della residenza sono contestualmente assenti nel periodo d'imposta di riferimento una persona fisica può essere ritenuta non residente nel nostro Paese.
La cancellazione dall'anagrafe della popolazione residente e l'iscrizione all'Aire non sono elementi sufficienti a determinare l'esclusione della residenza fiscale in Italia. L'Agenzia delle Entrate ha avuto modo di chiarire in un recente documento che, indipendentemente dall'iscrizione nell'anagrafe della popolazione residente, assume fondamentale importanza, ai fini della qualificazione fiscale quale soggetto residente in Italia, la verifica della sussistenza di almeno uno dei restanti requisiti e cioè la residenza e il domicilio (risposta a interpello n. 294 del 7 luglio 2020 dell'Agenzia delle Entrate). In tal caso occorre rifarsi alle nozioni civilistiche di residenza e di domicilio. La residenza è definita dal codice civile come “il luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Il domicilio di una persona, invece, coincide con “la sede principale dei suoi affari ed interessi” a prescindere dalla presenza effettiva in tale luogo.
In merito ai citati requisiti la giurisprudenza italiana ha dato particolare rilievo, quale criterio di individuazione della residenza fiscale di una persona fisica, al luogo nel quale sono prioritariamente localizzati gli interessi economici ed affettivi della persona, partendo dalla sfera delle relazioni personali, intese come vincoli familiari.
Si possono verificare tuttavia dei casi di contestuale residenza fiscale italiana e estera in base alla normativa interna. In tali ipotesi il conflitto di residenza tra i due Paesi viene risolto facendo ricorso alle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito stipulate dall'Italia con il Paese estero.