"Sconto" fiscale sui fondi: quando conviene anticipare le tasse

Ci sarà tempo fino al 30 giugno per pensarci: pagare le tasse sulle plusvalenze dei fondi e delle polizze in anticipo, oppure no? Per chi dovesse cogliere quest'occasione, il governo ha predisposto, nella nuova Legge di Bilancio, un prelievo fiscale agevolato. Anziché pagare l'aliquota del 26% sulle plusvalenze, che sarebbe dovuta nel momento in cui le quote dei fondi comuni (Oicr) saranno liquidate, si potrà versare subito il 14% sulla differenza fra il valore d'acquisto e quello di fine 2022. Lo sconto è sostanzioso in particolare per i fondi, un po' meno per le polizze vita, all'interno delle quali buona parte delle gestioni sono investite in titoli di Stato, le cui plusvalenze sono tassate al 12,5%. In ogni caso, attraverso il cosiddetto “affrancamento delle quote” si andrebbe ad abbassare di qualche punto anche l'aliquota mediamente applicata alle gestioni assicurative (scontando le tasse sulle plusvalenze di tutti i sottostanti che non siano, come detto, titoli di Stato).
Per il governo Meloni l'aspettativa è quella di incamerare, in un sol colpo, un'entrata fiscale anticipata che potrebbe dare ossigeno alle casse dell'erario.
Se ai contribuenti converrà o meno anticipare il pagamento dell'imposta sulle plusvalenze dipenderà da una serie di fattori, alcuni personali, altri difficilmente imprevedibili. In primo luogo, a determinare il vantaggio di pagare subito la plusvalenza maturata (al 31 dicembre 2022) sarà il futuro andamento dei mercati e, di conseguenza, il valore che le quote dei fondi avranno raggiunto nel momento in cui verranno effettivamente liquidate. Infatti, la tassa sulle plusvalenze (o sul capital gain) è dovuta nel momento in cui il prodotto finanziario viene venduto. In sintesi, un positivo (o comunque non negativo) andamento dei mercati , nel periodo compreso fra il 31 dicembre 2022 e il momento della vendita delle quote dei fondi, renderà più conveniente aderire all'affrancamento. Vediamolo con un esempio:
Affrancamento delle quote Oicr e polizze, un esempio pratico
Supponiamo che Giorgia abbia acquistato nel 2015 quote di un fondo comune per un valore di 100 euro e che, alla fine del 2022, queste abbiano raggiunto un valore di 120. Immaginiamo, poi, due differenti scenari per il 2025, quando Giorgia venderà il fondo: nello scenario A le quote si valorizzano ulteriormente, raggiungendo quota 130; nello scenario B, invece, arretrano a 110.
Scenario A:
- Se Giorgia aderisce all'affrancamento offerto quest'anno dal governo pagherà:
Nel 2022, il 14% su 20 (ossia la plusvalenza rispetto al valore d'acquisto), ossia 2,8 euro.
Nel 2025, il 26% su 10 (ossia la plusvalenza fra il momento dell'affrancamento, 31 dicembre 2022 e il momento di vendita) ossia 2,6 euro.
In totale: 2,8+2,6= 5,4 euro.
- Se Giorgia NON aderisce all'affrancamento pagherà solamente nel 2025, ma verserà un importo più elevato: il 26% su 30, ossia 7,8 euro.
In sintesi, nello scenario A, nel quale il mercato continua a salire, l'aver aderito all'affrancamento avrebbe prodotto un risparmio del 30,77%.
Scenario B:
- Come nel caso precedente, se Giorgia aderisce all'affrancamento pagherà nel 2022, il 14% su 20 (ossia la plusvalenza rispetto al valore d'acquisto), ossia 2,8 euro.
Tuttavia, in questo secondo scenario le quote del fondo avranno perso valore rispetto a fine 2022 nel momento della relativa vendita, nel 2025: pertanto non sarà dovuta alcuna tassa.
- Se Giorgia non avrà aderito all'affrancamento, nel 2025 pagherà il 26% su 10 (la differenza fra 100, il prezzo d'acquisto e 110 il prezzo di vendita), ossia 2,6 euro.
In sintesi, nello scenario B, in cui il mercato va incontro a un ribasso fra la fine del 2022 e il 2025, aver pagato in anticipo sarebbe costato di più: per la precisione il 7,69% in più.
In questa elaborazione, chiaramente, ciascun investitore può calcolare solo quanto pagherà sulle plusvalenze maturate finora, mentre è impossibile sapere quale sarà il futuro andamento dei mercati. In linea generale, si potrebbe affermare che, qualora il contribuente preveda di vendere le quote in un momento lontano nel tempo, fra alcuni anni, le probabilità che si verifichi un aumento del loro valore crescono (alla lunga, i mercati tendono a crescere di valore). Di conseguenza è più facile che si ricada nello scenario A piuttosto che in quello B.
Compensazione con credito d'imposta? In questo caso no (almeno per le polizze)
Un altro ordine di considerazioni poi, riguardano una peculiarità di questa imposta sostitutiva: essa deve essere pagata sotto forma di liquidità e, dunque, non è possibile utilizzare i crediti di imposta eventualmente maturati, quantomeno per le polizze vita di ramo I e V che possono accedere all'affrancamento (cfr. comma 114 della Legge di Bilancio). Di conseguenza, non si potranno vendere alcuni investimenti in perdita per compensare tali minusvalenze con l'aliquota dell'affrancamento: bisognerà attingere alle proprie riserve di liquidità per pagare l'imposta, precludendosi così la possibilità di investirle e guadagnarci sopra negli anni successivi. Come muoversi? Dipende dalle preferenze personali e da quanta disponibilità ci sia a pagare imposte immediatamente su una plusvalenza, di fatto, ancora non realizzata e (dunque) non incassata.