Rivalutazione partecipazioni: Ok proroga, occhio alle insidie

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La Legge di conversione del Decreto Rilancio ha esteso i termini al 15 novembre del 2020. Ma la disciplina non si applica a chi ha già venduto prima del 30 giugno. Focus sulla pianificazione successoria




La rivalutazione delle partecipazioni rappresenta un indubbio vantaggio fiscale (fino al 15% di Irpef sul capital gain) per chi intende disinvestire e monetizzare le proprie partecipazioni e costituisce, quindi, una leva finanziaria e negoziale molto importante per la riuscita di operazioni di investimento nel capitale delle piccole e medie imprese controllate dall'imprenditore e dai suoi familiari.







Anche se ormai familiare agli operatori professionali, è utile riepi- logare i tratti essenziali della disciplina rivolta principalmente alle persone fisiche (nonché alle società semplici e i soggetti equiparati), perché non mancano le insidie per chi voglia usufruire della norma. La rivalutazione si esercita con una perizia redatta da professionista qualificato (e giurata presso un notaio o presso la cancelleria del Tribunale) che attesti il valore del 100% del capitale della società (senza premi di maggioranza o sconti di minoranza) e col pagamento dell'imposta sostitutiva applicata su tale valore in proporzione alla percentuale di partecipazione. L'aliquota dell'im- posta sostitutiva è pari all'11% (contro il 26% ordinariamente applicabile sui capital gain).

La scadenza per la redazione della perizia e il versamento dell'imposta (o della prima rata in caso di opzione per il versamento in tre quote annuali) è il 30 giugno dell'anno per cui essa è consentita. In sostanza, per determinare la plusvalenza derivante dalla cessione delle partecipazioni (pari alla differenza tra prezzo incassato e costo di acquisto) è possibile assumere, in luogo del costo di acquisto, il valore risultante dalla perizia; di fatto, la plusvalenza viene così azzerata.

È bene ricordare a chi non è ancora pronto a disinvestire o non ha ancora ricevuto l'offerta giusta, che non si tratta di un regime previsto stabilmente dall'ordinamento, ma una facoltà che il legislatore fiscale riconosce di anno in anno mediante una specifica disposizione (tendenzialmente contenuta nella Legge di Bilancio). Quindi, attenzione a fare affidamento su una riproposizione in futuro della norma, quando si potrebbe usufruire di un periodo di rivalutazione in corso.

L'incertezza legata agli effetti sull'economia e sulle aziende del lockdown ha certamente rallentato, anche se per fortuna non arrestato, le strategie di investimento di capitale di rischio in società non quotate da parte di fondi di private equity, family office e club deal, e lo stesso vale per le politiche di crescita tramite acquisizione dei gruppi industriali.






Il conseguente protrarsi dei processi di negoziazione e closing delle operazioni di M&A e di riorganizzazione familiare originariamente destinati a chiudersi nei primi due trimestri dell'anno ha reso progressivamente insufficiente dapprima la finestra di rivalutazione originariamente fissata dalla Legge di Bilancio 2020 (legge n. 160/2019) al 30 giugno 2020 per il titolare di partecipa- zioni sociali non quotate al 1 gennaio 2020 e poi anche la nuova finestra al 30 settembre (per il titolare al 1 luglio) introdotta dal decreto legge 19 maggio 2020, n. 34 (cosiddetto Decreto Rilancio). Sollecitato dagli operatori del settore, il Parlamento ha risposto presente con la legge 17 luglio 2020 n. 77 di conversione e modifica del Decreto Rilancio, prorogando al 15 novembre 2020 la possibilità di rivalutare il costo delle partecipazioni non quotate (nonché il costo dei terreni) da soggetti che operano al di fuori del regime d'impresa.
È bene precisare che quella introdotta dal Decreto Rilancio e modificata in sede di conversione non rappresenta una proroga della rivalutazione prevista dalla Legge di Bilancio.
Per chi era titolare delle partecipazioni al 1°gennaio 2020 ma le abbia cedute senza usufruire della rivalutazione prevista dalla Legge di Bilancio 2020 è preclusa la “nuova” rivalutazione. In sintesi:

  • chi era proprietario delle partecipazioni al 1° gennaio 2020 e le ha vendute prima del 30 giugno avrebbe dovuto perfezionare la rivalutazione al 30 giugno (Legge di Bilancio 2020), in quanto al 1° luglio 2020 non possiede più le partecipazioni e non può rivalutare;

  • chi era proprietario al 1° luglio 2020 potrà rivalutare entro il 15 novembre 2020 (Decreto Rilancio convertito).


Per il resto, il Decreto Rilancio ripropone la disciplina, sopra riepilogata; in particolare, resta confermata l'aliquota dell'imposta sostitutiva all'11% da versare integralmente entro il 15 novembre o in tre rate annuali di pari importo maggiorate di interessi. L'ultima insidia che occorre segnalare è per chi abbia già rivalutato in passato le partecipazioni, non le abbia ancora cedute e dia per scontato di “consegnare” alle future generazioni azioni e quote rivalutate. Attenzione perché il costo rivalutato delle partecipazioni possedute dal de cuius non si trasmette per successione agli eredi. Solo una corretta pianificazione successoria permette di conservare il costo rivalutato dai senior a favore della generazione successiva.



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Socio responsabile del team legale dello Studio Russo De Rosa Associati. E' specializzato nella consulenza ai clienti imprenditori e alle loro famiglie nella gestione di passaggi generazionali d'azienda, nell'apertura o cessione del capitale a terzi e nella trasmissione e protezione del patrimonio familiare. Nell'ambito di operazioni di acquisizione di pacchetti societari, con particolare focus sulle PMI, assiste importanti gruppi industriali internazionali e fondi di private equity.

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