Posizione paritetica tra fisco e contribuente: utopia o possibilità?

24.9.2021
Tempo di lettura: 5'
Le pretese del fisco sono guardate, spesso, con antagonismo dal contribuente. È invece opportuno trovare nuove vie per allineare le esigenze dell'amministrazione finanziaria con quelle dei cittadini, in quanto pagare un'imposta non deve più voler dire perdere ricchezza ma, semmai, riceverne. Sotto forma di servizi e tutele
La materia del diritto tributario, grazie alla globalizzazione, prima, e alla digitalizzazione, poi, non è più di stretta applicazione nazionale
Occorre creare standard internazionali comuni per tutelare il contribuente a livello mondiale e individuare nuove regole che assicurino una fair taxation e un’equa ripartizione del potere impositivo tra gli Stati
Il dialogo rappresenta una forma di comunicazione dotata di intrinseca reciprocità: vi è dialogo quando, tra i soggetti coinvolti nella realizzazione del colloquio, vi è uno scambio più o meno simmetrico. Uno scambio che, fino al momento in cui si raggiunge una comprensione, oscilla tra le istanze e le esigenze, di una parte, e le conseguenti argomentazioni e repliche, dell'altra.
Ebbene, come si articola il dialogo tra fisco e contribuente? Dove si colloca nel rapporto tra amministrazione finanziaria e cittadino la zona di equilibrio? Dov'è il nodo che unisce due voci – solo a prima vista – distanti, in un punto di convergenza che, tra autorità e contribuente, permette di disinnescare l'ipotesi dello scontro, del contrasto e dell'antagonismo per valorizzare quella della cooperazione?
Non è certo facile rispondere a queste domande. Lo sanno bene i relatori del convegno Anti (Associazione nazionale tributaristi italiani), che nel convegno "Freedoms, fair taxation and tax morale", che si è svolto a Milano, presso l'auditorium Testori, si sono interrogati sui nuovi equilibri possibili tra fisco e contribuente; dunque si sono confrontati su temi cruciali (come libertà e diritti fondamentali, equità tributaria e tax morale) tanto per il diritto tributario quanto per l'intera collettività; in quanto quest'ultima, poiché composta da individui, imprese, cittadini, è formata, in buona sostanza, da contribuenti.
Nella prima giornata del convegno, curato da Diego Conte - coordinatore del gruppo Giovani di Anti Lombardia, professionista dello studio legale De Berti Jacchia Franchini Forlani - in collaborazione con Alessandro Foti - delegato Europa per la Tax law commission di Aija - Lorenzo Pavoletti – presidente dell'Udgcec Milano - ed Erika Cresti – presidente Iuya, dopo l'apertura dei lavori, l'attenzione si è focalizzata sui "miti e paradossi della giustizia tributaria"; per dirla mutuando il titolo di un celebre libro di Luigi Einaudi.
In questi termini, i contributi resi, tra gli altri, da Maurizio Logozzo (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Raffaele Sabato (Giudice presso la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo), Juliane Kokott (avvocato generale presso la Cgue), Roberto Conti, (giudice presso la Corte di Cassazione), Pasquale Pistone, presidente comitato scientifico Ibfd, Università di Salerno e Vienna), Luca Antonini (giudice presso la Corte Costituzionale), hanno alimentato un dibattito attorno alla necessità di una riforma fiscale, a partire da una ragionata semplificazione del sistema tributario.
“È ora di fare un salto”, avverte Logozzo: “Bisogna incidere non tanto sulle aliquote ma sulla semplificazione del sistema. Questa è la direzione che deve avere la riforma tributaria. Perché ad oggi nessuno conosce il numero dei tributi esistenti in Italia”.
In questi termini, come è emerso nel corso del dibattito, è necessario, per far funzionare genuinamente il sistema fiscale, sviluppare una codificazione del diritto tributario. È a partire da una perimetrazione del diritto che si possono applicare in modo corretto i principi fondamentali di trasparenza, equità, collaborazione.
“Oggi - continua Logozzo - il fisco conosce tutto di noi, al punto che, ad esempio, il redditometro è stato definito troppo invasivo, ma noi non conosciamo molte cose del fisco”. Questo significa che non c'è equilibrio e che non si è costruito, nel tempo, un rapporto sano tra contribuente e amministrazione finanziaria.
Ma non solo. Nel corso del simposio è stato approfondito il tema che involge la protezione dei diritti dei contribuenti sul piano internazionale. Dunque: può il diritto tributario avere una dimensione globale? È questa la domanda che ha fatto da sfondo ad alcune interessanti riflessioni.
La materia del diritto tributario, grazie alla globalizzazione prima, e alla digitalizzazione, poi, non è più di stretta applicazione nazionale. “Per tale ragione, occorre creare standard internazionali comuni per tutelare il contribuente a livello mondiale”, spiega Pasquale Pistone.
Una convergenza e un coordinamento delle normative dei vari Stati è sempre più un'esigenza per garantire una fair taxation. Le imprese, ad esempio pur operando worldwide prescindendo dal territorio in cui sono collocate, si trovano in concorrenza tra loro senza avere gli stessi strumenti di tutela.
Si rende, pertanto, “sempre più necessaria una disciplina che permetta di comprendere in modo esaustivo come ripartire il potere impositivo tra gli Stati”, rimarca Juliane Kokott, Avvocato generale della Corte di giustizia europea, “per disciplinare i fenomeni anti-concorrenziali che mettono in deroga i principi di uguaglianza e di equità e si rivelano dannosi per le imprese e per il tessuto sociale in cui queste operano”. In assenza di un tribunale fiscale internazionale, “occorre implementare nuove forme di tutela effettiva ed immediata anche nelle operazioni transnazionali".
Nella prima giornata del convegno, curato da Diego Conte - coordinatore del gruppo Giovani di Anti Lombardia, professionista dello studio legale De Berti Jacchia Franchini Forlani - in collaborazione con Alessandro Foti - delegato Europa per la Tax law commission di Aija - Lorenzo Pavoletti – presidente dell'Udgcec Milano - ed Erika Cresti – presidente Iuya, dopo l'apertura dei lavori, l'attenzione si è focalizzata sui "miti e paradossi della giustizia tributaria"; per dirla mutuando il titolo di un celebre libro di Luigi Einaudi.
In questi termini, i contributi resi, tra gli altri, da Maurizio Logozzo (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Raffaele Sabato (Giudice presso la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo), Juliane Kokott (avvocato generale presso la Cgue), Roberto Conti, (giudice presso la Corte di Cassazione), Pasquale Pistone, presidente comitato scientifico Ibfd, Università di Salerno e Vienna), Luca Antonini (giudice presso la Corte Costituzionale), hanno alimentato un dibattito attorno alla necessità di una riforma fiscale, a partire da una ragionata semplificazione del sistema tributario.
“È ora di fare un salto”, avverte Logozzo: “Bisogna incidere non tanto sulle aliquote ma sulla semplificazione del sistema. Questa è la direzione che deve avere la riforma tributaria. Perché ad oggi nessuno conosce il numero dei tributi esistenti in Italia”.
In questi termini, come è emerso nel corso del dibattito, è necessario, per far funzionare genuinamente il sistema fiscale, sviluppare una codificazione del diritto tributario. È a partire da una perimetrazione del diritto che si possono applicare in modo corretto i principi fondamentali di trasparenza, equità, collaborazione.
“Oggi - continua Logozzo - il fisco conosce tutto di noi, al punto che, ad esempio, il redditometro è stato definito troppo invasivo, ma noi non conosciamo molte cose del fisco”. Questo significa che non c'è equilibrio e che non si è costruito, nel tempo, un rapporto sano tra contribuente e amministrazione finanziaria.
Ma non solo. Nel corso del simposio è stato approfondito il tema che involge la protezione dei diritti dei contribuenti sul piano internazionale. Dunque: può il diritto tributario avere una dimensione globale? È questa la domanda che ha fatto da sfondo ad alcune interessanti riflessioni.
La materia del diritto tributario, grazie alla globalizzazione prima, e alla digitalizzazione, poi, non è più di stretta applicazione nazionale. “Per tale ragione, occorre creare standard internazionali comuni per tutelare il contribuente a livello mondiale”, spiega Pasquale Pistone.
Una convergenza e un coordinamento delle normative dei vari Stati è sempre più un'esigenza per garantire una fair taxation. Le imprese, ad esempio pur operando worldwide prescindendo dal territorio in cui sono collocate, si trovano in concorrenza tra loro senza avere gli stessi strumenti di tutela.
Si rende, pertanto, “sempre più necessaria una disciplina che permetta di comprendere in modo esaustivo come ripartire il potere impositivo tra gli Stati”, rimarca Juliane Kokott, Avvocato generale della Corte di giustizia europea, “per disciplinare i fenomeni anti-concorrenziali che mettono in deroga i principi di uguaglianza e di equità e si rivelano dannosi per le imprese e per il tessuto sociale in cui queste operano”. In assenza di un tribunale fiscale internazionale, “occorre implementare nuove forme di tutela effettiva ed immediata anche nelle operazioni transnazionali".
La legislazione fiscale, sollecita Raffaele Sabato, giudice della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, non è in grado di tenere il passo con la crescente velocità dell'economia e lo sviluppo di nuove strategie potenzialmente elusive.
L'elusione fiscale, l'azione intrapresa per ridurre la debenza fiscale e massimizzare il reddito, è più rapida della norma che cerca di neutralizzarla. Per questo bisogna incidere sugli strumenti di collaborazione con il fisco e stimolare la fiducia dei contribuenti verso l'amministrazione finanziaria.
L'obbligo di pagare le imposte deve diventare necessità: consapevolezza che il prelievo, se esercitato con trasparenza, proporzionalità ed equità, è lo strumento idoneo per il raggiungimento del diffuso benessere sociale; dunque per lo svolgimento della vita in comune; per la realizzazione degli obiettivi personali e di impresa.
L'elusione fiscale, l'azione intrapresa per ridurre la debenza fiscale e massimizzare il reddito, è più rapida della norma che cerca di neutralizzarla. Per questo bisogna incidere sugli strumenti di collaborazione con il fisco e stimolare la fiducia dei contribuenti verso l'amministrazione finanziaria.
L'obbligo di pagare le imposte deve diventare necessità: consapevolezza che il prelievo, se esercitato con trasparenza, proporzionalità ed equità, è lo strumento idoneo per il raggiungimento del diffuso benessere sociale; dunque per lo svolgimento della vita in comune; per la realizzazione degli obiettivi personali e di impresa.