Pir più eltif, tandem vincente

20.12.2019
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Un emendamento al decreto fiscale approvato in commissione finanze apre la strada a una nuova primavera per i piani individuali di risparmio, azzoppati dalla precedente legge di bilancio
Pir 3.0 o eltif? È questo uno degli argomenti di discussione ai tavoli di lavoro presso il governo, a quanto è dato sapere, e che sta attirando l'attenzione di varie associazioni di categoria.

Dal loro debutto nel 2017 i piani individuali di risparmio hanno riscosso un notevole successo. Trattandosi di strumenti di facile sottoscrizione per gli investitori retail in grado di canalizzare i risparmi in startup e pmi e con benefici fiscali attrattivi, nel loro primo anno di vita hanno registrato numeri da record.
Trend tuttavia destinato poco dopo ad arrestarsi. Un simile deflusso (o pressoché paralisi totale) si deve in gran parte all'intervento modificativo del legislatore in materia con la Legge di Bilancio del 2019 e relativo decreto attuativo.
Senza voler scendere troppo nel dettaglio un dato è evidente: la struttura dei pir “2.0” è apparsa fin da subito concettualmente incoerente con gli obiettivi perseguiti. L'incentivazione degli investimenti in fondi tendenzialmente illiquidi e/o nel venture capital (almeno per il 3,5% del valore del pir) è sicuramente inadatta al sistema dei fondi aperti ed alla clientela retail con profilo di rischio contenuto ed orizzonte d'investimento di medio periodo.
Un errore legislativo che non è di certo passato inosservato e che ha generato anche pesanti critiche da parte degli operatori di mercato, i quali si sono trovati a dover valutare se porre o meno “in vetrina” tali prodotti.
Ed ecco la prima manovra correttiva. Non è strano infatti che, negli ultimi giorni, sia arrivata l'approvazione (con consenso unanime) da parte della commissione Finanze all'emendamento al decreto fiscale per la riforma dei pir. Grazie alla rimozione dei tanto dibattuti e per certi versi insensati vincoli introdotti nella scorsa legge di Bilancio, nasceranno forse dei nuovi pir 3.0?
Diretti concorrenti di questi ultimi sono senza dubbio gli eltif, i quali mirano invece a un pubblico più propenso al rischio, tipicamente del private banking e, in linea di principio, perché no, anche a clienti professionali. Le incongruenze non mancano però anche in relazione ad essi: il ticket d'investimento annuo e complessivo è decisamente troppo contenuto rispetto alla capacità finanziaria di tale clientela il che ne riduce drasticamente l'appeal.
Se a ciò si somma il fatto che la sola esenzione dei rendimenti finanziari maturati a scadenza, sia pur accompagnata dal beneficio ai fini dell'imposta di successione, potrebbe rivelarsi una misura agevolativa insufficiente a promuovere realmente la diffusione di detti strumenti, si comprende quali misure correttive siano da intraprendersi in relazione agli eltif.
Dallo scenario appena descritto emerge come il primo passo da compiersi sia quello di identificare un target market preciso: retail, professionali o la categoria intermedia di clienti private di cui tanto di discute. Quest'ultimo appare essere il normale mercato di riferimento di tanto per gli eltif quanto per i pir, sebbene, come detto, alcune decisioni legislative abbiano suscitato alcune perplessità. Se si pensa alla scelta (o meglio al dietrofront) che ha portato a limitare l'investimento nelle società di investimento semplici (“Sis”) ai soli investitori professionali, appare ancor più lapalissiano come, allo stato attuale, non sempre obiettivi migliorativi per l'economia reale siano accompagnati da strategie efficienti.
Ora che l'adozione della disciplina attuativa della Legge di Bilancio 2020 è alle porte, sarebbe auspicabile in primo luogo un intervento legislativo più coerente e soprattutto, rispetto al passato, diversificato su più fronti. Recenti esperienze di cronaca sembrano voler insegnare quanto importante sia la possibilità di offrire ai potenziali investitori un'ampia gamma di strumenti idonei onde evitare la concentrazione della domanda su pochi (e in molti casi fallaci) asset. Per scongiurare per un verso l'effetto “bolla” e ricercare per altro verso il miglior modo per dare nuovo impulso alla canalizzazione dei risparmi nell'economia reale, sarebbe utile puntare parallelamente sia sui pir che sugli eltif, strumenti che, se leggermente ripensati ed affinati, appaiono essere mezzi di pronta e facile soluzione. Ciò potrebbe avvenire anche mediante un'uniformazione (o come si suole dire, un “common level playing field”) delle agevolazioni fiscali attualmente previste. Allo stato, però, pare che si stia scommettendo unicamente sui pir.