Più chiarezza sui trust opachi

13.2.2020
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La nuova normativa introduce delle novità in tema di trattamento fiscale sulle distribuzioni erogate a favore di beneficiari italiani. Rimangono dei dubbi interpretativi
L'art.13 del d.l. 26 ottobre 2019, n.124 (“Decreto fiscale”), attualmente in fase di conversione in legge da parte del Parlamento, introduce nuove e importanti disposizioni fiscali aventi ad oggetto le distribuzioni erogate a favore di beneficiari italiani da parte di trust esteri fiscalmente “opachi”.
Ai fini fiscali, si qualificano come “opachi” tutti i trust che non sono considerati:
1. fiscalmente interposti: si tratta tipicamente di quei trust rispetto ai quali il settlor (disponente) o i beneficiari hanno nella sostanza un diretto controllo sui beni del trust); oppure
2. fiscalmente trasparenti: sono tali i trust diversi da quelli interposti e rispetto ai quali i beneficiari sono identificati e hanno diritto a ricevere distribuzioni su base annua del reddito generato dal trust. Nel caso dei trust esteri opachi, il reddito generato non è imputato né al disponente né al beneficiario e non era soggetto ad alcuna tassazione in Italia se le attività erano situate al di fuori del territorio italiano. Infatti, prima che il Decreto fiscale introducesse le nuove disposizioni qui in commento, le distribuzioni erogate da trust esteri opachi non erano oggetto di alcuna specifica norma fiscale e – nono- stante permanessero diverse incertezze sul tema – erano in generale considerate non imponibili in capo ai beneficiari residenti, alla luce di un'interpretazione che in passato è stata condivisa anche dalla stessa Amministrazione finanziaria in alcuni interpelli (mai resi pubblici). Le nuove norme introdotte dal Decreto fiscale stabiliscono che le distribuzioni erogate da un trust estero opaco sono imponibili in capo ai beneficiari italiani come redditi di capitale soggetti ad Irpef con aliquota progressiva, nella misura in cui:
a) le distribuzioni hanno ad oggetto redditi generati dal trust e non il patrimonio in precedenza apportato al trust dal settlor (disponente); e b) il trust è stabilito in uno Stato o territorio che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust stesso si considera a “fiscalità privilegiata” ai sensi di cui all'art. 47-bis del Tuir e, quindi, in uno Stato o territorio nel quale i redditi del trust scontano un onere fiscale inferiore alla metà dell'onere fiscale gravante su un trust residente in Italia.
Numerosi sono i dubbi interpretativi connessi alla nuova norma e al fine di comprenderne appieno gli effetti sarà quindi indispensabile attendere la conversione in legge del Decreto e i chiarimenti che verranno forniti da parte dell'Agenzia delle Entrate. Tra i dubbi di maggior rilievo vi sono in particolare:
a. l'applicabilità o meno delle nuove disposizioni ai trust “stabiliti” negli Stati Ue/See. Secondo alcune interpretazioni, questi ultimi potrebbero essere esclusi dall'ambito applicativo delle nuove norme e le distribuzioni erogate dagli stessi potrebbero essere in ogni caso considerate non imponibili in capo ai beneficiari italiani;
b. le modalità di confronto dell'onere fiscale estero gravante sul trust con l'onere fiscale che avrebbe trovato applicazione ad un trust residente in Italia. In particolare, non è chiaro se occorra fare riferimento alla tassazione “nominale” ovvero alla tassazione “effettiva” e se, oltre all'imposizione che i redditi hanno scontato in capo al trust, si debbano altresì considerare anche le imposte che hanno trovato applicazione nei confronti del settlor o dei beneficiari (anche se diversi dai beneficiari residenti in Italia che ricevono le relative distribuzioni) nei rispettivi Stati di residenza;
c. l'entrata in vigore della norma e, in particolare, se la stessa abbia natura interpretativa, e trovi quindi applicazione anche retroattivamente, ovvero se si applichi in relazione alle distribuzioni effettuate a partire dalla entrata in vigore (27 ottobre 2019) ovvero, ancora, se si applichi solamente alle distribuzioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2020;
d. l'impatto ai fini degli obblighi di monitoraggio fiscale in capo ai beneficiari residenti. Attualmente, l'opinione prevalente è che i beneficiari di trust opachi esteri non siano soggetti ad alcun obbligo di monitoraggio fiscale ma non si può escludere che le modifiche normative potrebbero avere un impatto anche a tali fini. Complessivamente la nuova norma – una volta risolti i dubbi interpretativi – dovrebbe consentire una maggiore chiarezza in relazione al trattamento fiscale dei trust fiscalmente residenti all'estero e, in tal senso, deve essere accolta con favore. Un esempio è costituito dal fatto che è stato finalmente confermato che l'eventuale tassazione è in ogni caso limitata alle distribuzioni di redditi e non anche a quelle di patrimonio. È comunque chiaro che l'istituzione di trust in paesi e territori a fiscalità privilegiata è divenuta alquanto penalizzata poiché comporta una significativa inefficienza fiscale rispetto alle distribuzioni erogate ai beneficiari fiscalmente residenti in Italia (che sconterebbero l'Irpef, con aliquota marginale del 43%). Al contempo, l'istituzione di un trust in tali paesi avrebbe l'effetto di differire la tassazione, laddove il differimento potrebbe essere anche definitivo nella misura in cui al momento della distribuzione il beneficiario sia residente in uno Stato che non preveda alcuna imposizione rispetto alle distribuzioni da trust esteri o comunque abbia optato per l'applicazione di specifici regimi fiscali di favore, come per esempio il “res non dom” in vigore nel Regno Unito.
1. fiscalmente interposti: si tratta tipicamente di quei trust rispetto ai quali il settlor (disponente) o i beneficiari hanno nella sostanza un diretto controllo sui beni del trust); oppure
2. fiscalmente trasparenti: sono tali i trust diversi da quelli interposti e rispetto ai quali i beneficiari sono identificati e hanno diritto a ricevere distribuzioni su base annua del reddito generato dal trust. Nel caso dei trust esteri opachi, il reddito generato non è imputato né al disponente né al beneficiario e non era soggetto ad alcuna tassazione in Italia se le attività erano situate al di fuori del territorio italiano. Infatti, prima che il Decreto fiscale introducesse le nuove disposizioni qui in commento, le distribuzioni erogate da trust esteri opachi non erano oggetto di alcuna specifica norma fiscale e – nono- stante permanessero diverse incertezze sul tema – erano in generale considerate non imponibili in capo ai beneficiari residenti, alla luce di un'interpretazione che in passato è stata condivisa anche dalla stessa Amministrazione finanziaria in alcuni interpelli (mai resi pubblici). Le nuove norme introdotte dal Decreto fiscale stabiliscono che le distribuzioni erogate da un trust estero opaco sono imponibili in capo ai beneficiari italiani come redditi di capitale soggetti ad Irpef con aliquota progressiva, nella misura in cui:
a) le distribuzioni hanno ad oggetto redditi generati dal trust e non il patrimonio in precedenza apportato al trust dal settlor (disponente); e b) il trust è stabilito in uno Stato o territorio che con riferimento al trattamento dei redditi prodotti dal trust stesso si considera a “fiscalità privilegiata” ai sensi di cui all'art. 47-bis del Tuir e, quindi, in uno Stato o territorio nel quale i redditi del trust scontano un onere fiscale inferiore alla metà dell'onere fiscale gravante su un trust residente in Italia.
Numerosi sono i dubbi interpretativi connessi alla nuova norma e al fine di comprenderne appieno gli effetti sarà quindi indispensabile attendere la conversione in legge del Decreto e i chiarimenti che verranno forniti da parte dell'Agenzia delle Entrate. Tra i dubbi di maggior rilievo vi sono in particolare:
a. l'applicabilità o meno delle nuove disposizioni ai trust “stabiliti” negli Stati Ue/See. Secondo alcune interpretazioni, questi ultimi potrebbero essere esclusi dall'ambito applicativo delle nuove norme e le distribuzioni erogate dagli stessi potrebbero essere in ogni caso considerate non imponibili in capo ai beneficiari italiani;
b. le modalità di confronto dell'onere fiscale estero gravante sul trust con l'onere fiscale che avrebbe trovato applicazione ad un trust residente in Italia. In particolare, non è chiaro se occorra fare riferimento alla tassazione “nominale” ovvero alla tassazione “effettiva” e se, oltre all'imposizione che i redditi hanno scontato in capo al trust, si debbano altresì considerare anche le imposte che hanno trovato applicazione nei confronti del settlor o dei beneficiari (anche se diversi dai beneficiari residenti in Italia che ricevono le relative distribuzioni) nei rispettivi Stati di residenza;
c. l'entrata in vigore della norma e, in particolare, se la stessa abbia natura interpretativa, e trovi quindi applicazione anche retroattivamente, ovvero se si applichi in relazione alle distribuzioni effettuate a partire dalla entrata in vigore (27 ottobre 2019) ovvero, ancora, se si applichi solamente alle distribuzioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2020;
d. l'impatto ai fini degli obblighi di monitoraggio fiscale in capo ai beneficiari residenti. Attualmente, l'opinione prevalente è che i beneficiari di trust opachi esteri non siano soggetti ad alcun obbligo di monitoraggio fiscale ma non si può escludere che le modifiche normative potrebbero avere un impatto anche a tali fini. Complessivamente la nuova norma – una volta risolti i dubbi interpretativi – dovrebbe consentire una maggiore chiarezza in relazione al trattamento fiscale dei trust fiscalmente residenti all'estero e, in tal senso, deve essere accolta con favore. Un esempio è costituito dal fatto che è stato finalmente confermato che l'eventuale tassazione è in ogni caso limitata alle distribuzioni di redditi e non anche a quelle di patrimonio. È comunque chiaro che l'istituzione di trust in paesi e territori a fiscalità privilegiata è divenuta alquanto penalizzata poiché comporta una significativa inefficienza fiscale rispetto alle distribuzioni erogate ai beneficiari fiscalmente residenti in Italia (che sconterebbero l'Irpef, con aliquota marginale del 43%). Al contempo, l'istituzione di un trust in tali paesi avrebbe l'effetto di differire la tassazione, laddove il differimento potrebbe essere anche definitivo nella misura in cui al momento della distribuzione il beneficiario sia residente in uno Stato che non preveda alcuna imposizione rispetto alle distribuzioni da trust esteri o comunque abbia optato per l'applicazione di specifici regimi fiscali di favore, come per esempio il “res non dom” in vigore nel Regno Unito.