Successioni: cosa succede se il de cuius è residente (o non) in Italia?

21.1.2022
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Se il de cuius/donante è residente in Italia l'imposta è dovuta su tutti i beni ovunque esistenti (in Italia e all'estero), mentre se il de cuius/donante non è residente l'imposta è dovuta solo sui beni esistenti in Italia
L'art. 2 del D.Lvo 346/1990 disciplina i criteri di territorialità alla base dell'applicazione dell'imposta di successione e donazione. In particolare, se il de cuius/donante è residente in Italia l'imposta è dovuta su tutti i beni ovunque esistenti (in Italia e all'estero), mentre se il de cuius/donante non è residente l'imposta è dovuta solo sui beni esistenti in Italia.
Tra i beni esistenti in Italia si segnalano, oltre ai casi più evidenti (ad esempio, immobili italiani), anche fattispecie più peculiari, come le quote/azioni di società italiane e i crediti verso soggetti italiani. Così, se cadono in successione azioni di società italiane, l'imposta è dovuta anche se il de cuius non è residente in Italia. Un'eccezione ai principi sopra delineati è quella relativa ai beni “esteri” detenuti da soggetti cosiddetti neoresidenti, che hanno optato per la tassazione sostitutiva forfetaria pari a 100mila euro sui redditi prodotti all'estero ai sensi dell'art. 24-bis del Tuir. Per tali soggetti, infatti, in deroga agli ordinari principi di territorialità, l'imposta è dovuta solo sui beni “italiani” e non sui beni “esteri”.
Come si può notare, i principi di territorialità previsti dall'ordinamento italiano non attribuiscono rilevanza alla residenza del soggetto beneficiario (erede/donatario). Così, se il de cuius è non residente e i beni sono “esteri” l'imposta di successione italiana non è dovuta anche se l'erede è residente in Italia. L'irrilevanza della residenza del beneficiario contraddistingue il sistema impositivo italiano rispetto a quello di altri ordinamenti (peraltro una minoranza – si veda in proposito l'interessante Studio Oecd del 2021 “Inheritance taxation in Oecd countries”), come ad esempio quello tedesco.
Tra i beni esistenti in Italia si segnalano, oltre ai casi più evidenti (ad esempio, immobili italiani), anche fattispecie più peculiari, come le quote/azioni di società italiane e i crediti verso soggetti italiani. Così, se cadono in successione azioni di società italiane, l'imposta è dovuta anche se il de cuius non è residente in Italia. Un'eccezione ai principi sopra delineati è quella relativa ai beni “esteri” detenuti da soggetti cosiddetti neoresidenti, che hanno optato per la tassazione sostitutiva forfetaria pari a 100mila euro sui redditi prodotti all'estero ai sensi dell'art. 24-bis del Tuir. Per tali soggetti, infatti, in deroga agli ordinari principi di territorialità, l'imposta è dovuta solo sui beni “italiani” e non sui beni “esteri”.
Come si può notare, i principi di territorialità previsti dall'ordinamento italiano non attribuiscono rilevanza alla residenza del soggetto beneficiario (erede/donatario). Così, se il de cuius è non residente e i beni sono “esteri” l'imposta di successione italiana non è dovuta anche se l'erede è residente in Italia. L'irrilevanza della residenza del beneficiario contraddistingue il sistema impositivo italiano rispetto a quello di altri ordinamenti (peraltro una minoranza – si veda in proposito l'interessante Studio Oecd del 2021 “Inheritance taxation in Oecd countries”), come ad esempio quello tedesco.
Se, ad esempio, il de cuius è residente in Italia e l'erede è residente in Germania (anche se cittadino italiano) l'imposta di successione tedesca è applicabile anche sui beni “non tedeschi”, ivi compresi quelli “italiani” (come gli immobili italiani o i portafogli titoli detenuti presso banche italiane). In questo caso, quindi, l'imposta di successione è dovuta sia in Italia (in quanto il de cuius è residente in Italia), sia in Germania (poiché l'erede è residente in Germania).
Ai fini di eliminare/attenuare la doppia imposizione, la normativa in tema di imposta di successione e donazione prevede il riconoscimento di un credito di imposta per le imposte pagate all'estero. Tale meccanismo, tuttavia, può non risultare di semplice applicazione, anche per la significativa differenza tra le aliquote applicabili in Italia e quelle applicabili nei Paesi esteri. Inoltre, l'Italia ha concluso alcune (non numerose) Convenzioni contro le doppie imposizioni in materia di imposta sulle successioni. Le principali sono quelle con il Regno Unito, gli Stati Uniti (applicabili solo all'imposta di successione) e la Francia (applicabile anche all'imposta di donazione).
L'art. 55, comma 1-bis, D.L.vo 346/1990 stabilisce che sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti aventi a oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all'estero nei confronti di beneficiari residenti in Italia. L'Agenzia delle entrate (risposta a interpello n. 310 del 2019) ha confermato che, in caso di donazione di beni “esteri” effettuata da un soggetto non residente a favore di un soggetto residente, l'imposta di donazione italiana non è applicabile e l'atto formato all'estero non deve essere registrato in termine fisso. Ciò in quanto la norma sostanziale in tema di territorialità dell'imposta (la donazione di beni “esteri” da parte di un soggetto non residente non è soggetta ad imposta) prevale sulla norma procedurale (la donazione effettuata all'estero a favore di un soggetto residente deve essere registrata in termine fisso).
Ai fini di eliminare/attenuare la doppia imposizione, la normativa in tema di imposta di successione e donazione prevede il riconoscimento di un credito di imposta per le imposte pagate all'estero. Tale meccanismo, tuttavia, può non risultare di semplice applicazione, anche per la significativa differenza tra le aliquote applicabili in Italia e quelle applicabili nei Paesi esteri. Inoltre, l'Italia ha concluso alcune (non numerose) Convenzioni contro le doppie imposizioni in materia di imposta sulle successioni. Le principali sono quelle con il Regno Unito, gli Stati Uniti (applicabili solo all'imposta di successione) e la Francia (applicabile anche all'imposta di donazione).
L'art. 55, comma 1-bis, D.L.vo 346/1990 stabilisce che sono soggetti a registrazione in termine fisso gli atti aventi a oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all'estero nei confronti di beneficiari residenti in Italia. L'Agenzia delle entrate (risposta a interpello n. 310 del 2019) ha confermato che, in caso di donazione di beni “esteri” effettuata da un soggetto non residente a favore di un soggetto residente, l'imposta di donazione italiana non è applicabile e l'atto formato all'estero non deve essere registrato in termine fisso. Ciò in quanto la norma sostanziale in tema di territorialità dell'imposta (la donazione di beni “esteri” da parte di un soggetto non residente non è soggetta ad imposta) prevale sulla norma procedurale (la donazione effettuata all'estero a favore di un soggetto residente deve essere registrata in termine fisso).