Società senza impresa: tasse di successione e donazione restano

Marco Sandoli, Sabrina Tronci
23.3.2023
Tempo di lettura: 3'
Con la pronuncia della Cassazione si va consolidando sempre più l’orientamento restrittivo, che nega l’applicazione dell’esenzione da imposta di successione e donazione in tutte le ipotesi in cui oggetto del trasferimento sia una società senza impresa

L’esenzione dall’imposta di successione e donazione prevista dall’art. 3, comma 4-ter, d.lgs. n. 346/1990, per agevolare il passaggio generazionale, non si applica alle cosiddette società senza impresa, ossia alle società di mero godimento, quali le immobiliari o le società che detengono un portafoglio finanziario o singoli beni (ad esempio, immobili, valori mobiliari, opere d’arte, ecc). Così si è pronunciata la Corte di Cassazione nella recente ordinanza n. 6082 del 28 febbraio scorso.


La norma agevolativa sull’esenzione dall’imposta di successione e donazione

L’art. 3, comma 4-ter, del d.lgs. n. 346/1990, prevede la non applicazione dell’imposta di successione e donazione ai trasferimenti effettuati, anche tramite patti di famiglia, a favore del coniuge e dei discendenti, oltre che di aziende o rami di esse, anche di partecipazioni di cui, per effetto del trasferimento, venga acquisito o integrato il cosiddetto controllo di diritto, e ciò comunque a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa o detengano il controllo per un periodo non inferiore a 5 anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla dichiarazione di successione o al trasferimento, apposita dichiarazione di impegno in tal senso.


La fattispecie oggetto di giudizio

La fattispecie sottoposta al vaglio della Cassazione ha ad oggetto il conferimento in una società lussemburghese, da parte di due coniugi, della nuda proprietà di immobili ubicati in Italia, seguita dalla donazione delle quote delle società lussemburghese ai due figli, a cui veniva applicata l’esenzione da imposta di donazione ai sensi dell’art. 3, comma 4-ter, del d.lgs. n. 346/1990. L’Agenzia delle entrate disconosceva l’esenzione e recuperava l’imposta di donazione, sostenendo che il riconoscimento dell’agevolazione in parola fosse circoscritta alle ipotesi in cui la società esercitava un’attività d’impresa, cosa che non si era verificata nel caso di specie, in quanto la società lussemburghese risultava una società di mero godimento immobiliare, economicamente non operativa e caratterizzata da una gestione statica. I coniugi, quindi, presentavano ricorso, sostenendo nel merito che, in base al tenore letterale della norma, in caso di trasferimento di partecipazioni l’esenzione andasse accordata con il semplice mantenimento del controllo per 5 anni, accompagnato da specifica dichiarazione di impegno in tal senso, senza che fosse necessaria anche la prosecuzione dell’attività d’impresa. Il ricorso veniva respinto nei due gradi di merito e veniva da ultimo sottoposto al vaglio di legittimità della Suprema Corte.


L’orientamento restrittivo della Corte di Cassazione

La Cassazione rigetta il ricorso dei contribuenti, avallando l’interpretazione restrittiva dell’Agenzia delle entrate. In particolare, la Corte liquida come una mera “improprietà lessicale” la lettera della norma – in cui, come detto, è assente per il trasferimento di quote e azioni, il requisito della continuità aziendale – e conclude che, ai fini dell'esenzione, nel caso di trasferimento di partecipazioni, siano necessari non solo l'acquisizione del controllo e la sua detenzione per almeno un quinquennio, ma anche l'ulteriore requisito dell'esercizio dell'impresa da parte della società trasferita, poiché solo a questa condizione il trasferimento del controllo di una società può ritenersi equivalente al trasferimento di un'azienda. Ciò in quanto, secondo la Corte, la norma di esenzione va interpretata tenendo conto della sua ratio ispiratrice di origine comunitaria (raccomandazioni della Commissione Ue n. 94/1069/CE del 1994, e n. 98/C 93/02 del 1998), che è quella di agevolare il passaggio generazionale dell’impresa allo scopo di non pregiudicare la continuità di aziende che, donate o cadute in successione, potrebbero altrimenti dover essere cedute, in tutto o in parte, per consentire agli eredi o donatari di procurarsi la provvista con cui assolvere gli obblighi tributari. Si tratterebbe quindi di un’agevolazione disposta principalmente a favore dell’impresa, più che dei familiari, diretta ad assicurare la sopravvivenza della stessa e dunque la salvaguardia dei suoi livelli occupazionali.


La posizione dell’Agenzia delle Entrate

Tale importante arresto giurisprudenziale si pone in continuità rispetto alla posizione assunta dall’Agenzia delle entrate nella risposta n. 552 del 25 agosto 2021, dove, richiamando l’individuazione della medesima ratio normativa da parte della Corte costituzionale nella sentenza n. 120/2020, l’Agenzia ha negato l’applicazione dell’esenzione, in quanto il trasferimento, pur avendo ad oggetto l’intero capitale di una società holding, non trasferisce l’effettivo controllo della società operativa di famiglia. In particolare, l’Amministrazione valorizza la “necessaria ed indispensabile presenza dell’oggetto principale della disposizione agevolativa in esame, vale a dire la sussistenza di un’azienda di famiglia, intesa quale realtà imprenditoriale produttiva meritevole di essere tutelata anche nella fase del suo passaggio generazionale, anche per evitareuna conseguente perdita dei posti di lavoro e ulteriori ripercussioni sul tessuto economico”. Di contro, ne deriva che in assenza di una “azienda”, l’applicazione dell’agevolazione de qua violerebbe la ratio della disposizione medesima.

Tale innovativa presa di posizione è stata di recente confermata con la risposta n. 185/2023, nella quale l’Agenzia ha precisato che “la ratio della norma richiede che i donanti trasferiscano il controllo della società di famiglia, intesa quale realtà imprenditoriale produttiva meritevole di essere tutelata anche nella fase del suo passaggio generazionale, a favore dei beneficiari”, aggiungendo che “l’effettivo esercizio del controllo da parte dei donatari e la sussistenza di un’azienda di famiglia costituiscono, unitamente agli altri requisiti richiamati, le condizioni poste dalla legge la cui inosservanza determina la mancata applicazione del beneficio”.

Si va quindi consolidandosi sempre più l’orientamento restrittivo, che, superando il dato letterale, nega l’applicazione dell’esenzione da imposta di successione e donazione in tutte le ipotesi in cui oggetto del trasferimento sia una società senza impresa.


(Articolo scritto in collaborazione con Sabrina Tronci, Di Tanno Associati)

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Marco Sandoli, Sabrina Tronci
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Avvocato e partner di Di Tanno Associati, Marco Sandoli vanta una consolidata esperienza nella fiscalità internazionale, d’impresa e contenzioso. Le sue aree di specializzazione comprendono: fiscalità dei fondi di investimento, operazioni di finanza straordinaria, venture capital, fiscalità dei patrimoni individuali (Hnwi) e protezione patrimoniale. È componente del collegio sindacale di società industriali e intermediari finanziari e membro della commissione Tax&Legal dell’Aifi e dell’Osservatorio pmi Euronext.

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