Progettando il futuro occorre pensare agli imprevisti

Il caso del mese
l'ingegnere Anselmo, un distinto settantenne brianzolo, con volontà e determinazione e anche grazie al supporto della moglie Rosetta aveva costruito dal nulla una realtà imprenditoriale di successo che gli aveva assicurato la realizzazione di un importante patrimonio mobiliare e immobiliare. Aveva due figlie, volenterose e capaci, entrambe sposate e con prole in tenera età, che sin da adolescenti lo avevano affiancato nell'attività di impresa e che progressivamente avevano assunto cariche sempre più importanti all'interno dell'azienda di famiglia. Una realtà familiare e lavorativa perfetta insomma e la sua preoccupazione era, appunto, il voler mantenere questo virtuoso equilibrio anche dopo la sua morte.
A tal fine mi spiegò che era sua ferma intenzione risolvere da subito il “problema” del passaggio generazionale dell'azienda e, più in generale, di tutto il suo patrimonio, tramite due donazioni di pari valore di tutti i suoi beni alle figlie, non riservandosi neanche l'usufrutto di quanto trasferito, nella convinzione che tale restrizione potesse sembrare quasi una mancanza di fiducia verso una prole che si era sempre mostrata all'altezza del nome che portava e sicuro che le figlie avrebbero sempre provveduto a lui e a sua moglie in maniera ineccepibile.
A nulla valsero le mie obiezioni, in quell'incontro e negli altri che seguirono, anche perché l'operazione della donazione era stata avallata come convenientissima dal punto di vista fiscale dai consulenti dell'ingegnere e da farsi con assoluta tempestività, atteso l'imminente possibile aumento dell'imposta di successione e donazione da parte dello Stato italiano. Non più di un mese fa mi ha contattata per una consulenza legale la moglie dell'ingegnere Anselmo, la quale mi ha raccontato il triste epilogo di questa vicenda: nel dicembre 2017, giusto un anno dopo l'effettuazione delle “famose” donazioni da parte di Anselmo alle figlie, queste ultime sono morte insieme in un incidente d'auto.
Dopo pochi mesi dal tragico evento suo marito ha iniziato a litigare con gli ex coniugi delle figlie (entrati ormai a pieno titolo nell'azienda sia come eredi, che come tutori dei figli minori) per la gestione dell'impresa ed in breve tempo è venuto a mancare per il dispiacere, lasciando lei da sola a dover “elemosinare” vitto e alloggio ai generi.
Un Trust può aiutare un passaggio generazionale tranquillo
Ogni passaggio generazionale, anche quello relativo a situazioni apparentemente semplici, va pianificato da chi lo pone in essere con attenzione e lucidità, obiettivamente, senza alcun coinvolgimento personale ed emotivo. Né deve pesare oltremisura sulla pianificazione l'aspetto fiscale, importante in un'ottica generale ma che non può essere una delle primarie ragioni per cui si opta per una soluzione piuttosto che per un'altra. Che cosa avrebbe potuto fare Anselmo in alternativa alla donazione? Paradossalmente, anche se non avesse intrapreso alcuna pianificazione, le cose sarebbero andate meglio di come poi si sono evolute. Di qui un'altra riflessione: o si pianifica a lungo raggio o, se non si vuole fare questo passo, è meglio lasciare che la natura faccia il suo corso, senza forzare gli eventi. Il trust in una situazione siffatta avrebbe avuto una sua ragion d'essere? A mio avviso sì, e a suo tempo cercai di palesarlo all'ingegnere nei nostri colloqui. Innanzitutto, è vero che con l'istituzione del trust e la segregazione in esso del suo patrimonio l'ingegnere Anselmo si sarebbe comunque spossessato dello stesso, ma lo spossessamento sarebbe avvenuto a favore del trustee e non direttamente delle sue figlie, e questo sarebbe stato sufficiente ad evitare il passaggio di parte dei beni di famiglia ai generi. Inoltre, se così previsto nell'atto istitutivo, anche dopo il conferimento in trust dell'azienda di famiglia e degli altri beni, da parte di Anselmo il trustee avrebbe potuto sia consentirgli di continuare a gestire come amministratore l'azienda stessa, senza interferenze di soggetti estranei al nucleo familiare, sia assicurare a lui e alla moglie tutto quanto occorresse loro per una vita agiata e serena, analoga a quella condotta fino ad allora.
Infine, anche dal punto di vista fiscale, l'utilizzo del trust sarebbe stato virtuoso in quanto per il trasferimento dell'azienda di famiglia si sarebbe potuta evocare l'esenzione totale del tributo successorio ex art. 3 comma 4- ter del D. Lgs. 31 ottobre 1990 n. 346, mentre il conferimento di altri beni avrebbe scontato imposte analoghe a quelle assolte con le “famose” donazioni.
Morale della vicenda: vanno evitate le soluzioni “escogitate in casa”, combinando o forzando negozi giuridici che perseguono altre finalità: nella maggior parte dei casi gli effetti che ne derivano sono devastanti.