Più facili i patti di famiglia e i trasferimenti di holding

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Alcune recenti pronunce dell'Agenzia delle Entrate hanno confermato l'orientamento della dottrina volto a incentivare il passaggio generazionale tramite il trasferimento del controllo di società sia nell'ambito dei patti di famiglia che al di fuori
Come dimostrano alcuni dati, il passaggio generazionale è giunto a un momento cruciale. Gli imprenditori baby boomer, cioè nati nell'immediato dopoguerra e che hanno creato le proprie aziende nella fase del boom economico fra gli anni ‘60 e ‘80, sono giunti o stanno giungendo alla fine della loro carriera imprenditoriale.

Secondo una ricerca condotta l'anno scorso dall'Associazione Italiana Private Banking (Aipb) in collaborazione con il Censis, il 50,3% degli imprenditori italiani non ha ancora affrontato il tema del passaggio generazionale dell'azienda. Di questi, il 32,2% semplicemente tende a rimandare la decisione, mentre il 18,2% non è interessato.

Del 49,6% degli imprenditori che ha affrontato il tema, il 30,9% è consapevole delle conseguenze, mentre il 18,7% non lo è. Secondo l'analisi, solo l'11,7% degli imprenditori ha cominciato il percorso del passaggio generazionale del patrimonio aziendale. Per il 36% del campione, l'ostacolo maggiore nella pianificazione del passaggio generazionale dell'impresa risiede nella garanzia di dare continuità all'azienda, mentre per il 32,6%  nel  timore  di  scontentare qualche  erede. Per il 21,8% si tratta di individuare il sostituto più adatto e per il 9,2% affrontare il tema.

Una delle difficoltà insite nel passaggio generazionale dell'impresa è legato anche alla circostanza che alcuni degli strumenti tipici del wealth management non si prestano a questo scopo, quali ad esempio le polizze vita o il trust.

Al contrario, i patti di famiglia sono stati pensati esattamente a questo fine. Il patto di famiglia è “il contratto con cui […] l'imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l'azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti” (art. 768-bis c.c.).

Tuttavia, due criticità ne hanno impedito la diffusione come strumento di pianificazione successoria sinora:

  1. l'obbligo da parte dell'assegnatario (o degli assegnatari) di liquidare gli altri eredi;

  2. la circostanza che successivamente alla stipula dei patti possano subentrare nuovi eredi legittimari, come un coniuge o un figlio.


A corollario della disciplina civilistica è stata introdotta nell'ordinamento una disposizione che esenta dall'imposta di successione e di donazione il passaggio dell'impresa avvenuto tramite i patti di famiglia (art. 3, c. 4-bis Tusd). Al di fuori di tale ambito, la disposizione estende l'esenzione anche al trasferimento ai discendenti o al coniuge di un'azienda o ramo aziendale oppure del controllo di società italiane o straniere. I beneficiari o gli eredi si devono impegnare con dichiarazione scritta a proseguire l'attività di impresa o a mantenere il controllo per almeno cinque anni dalla data di trasferimento.

Il vincolo del controllo è volto a evitare la frammentazione delle partecipazioni che spesso portano alla polverizzazione delle quote con la conseguente instabilità della governance.

Il lustro di blocco può sembrare un vincolo eccessivo, ma è stato giudicato dal legislatore un lasso di tempo sufficiente a garantire la stabilità del nuovo assetto proprietario, oltre che evitare elusioni di imposta. Ciò nonostante, nel corso del periodo di blocco sono possibili operazioni di riassetto (sempre che sia mantenuto il controllo) quali fusioni, scissioni, aumenti di capitale o cessione della nuda proprietà. Proprio con riferimento a quest'ultima fattispecie, l'Agenzia delle Entrate ha recentemente confermato che l'agevolazione non viene meno nella misura in cui viene mantenuto il controllo tramite la conservazione del diritto di usufrutto (Risposta n. 231 del 12 luglio 2019). Per contro, è possibile diluire la partecipazione a seguito di aumento di capitale nella misura in cui i beneficiari mantengano comunque il controllo della società. L'agevolazione riguarda anche il caso di:

  1. partecipazioni di minoranza che integrano una partecipazione già di controllo;

  2. controllo indiretto, cioè tramite altra società controllata.


In quest'ultimo caso si apre al passaggio generazionale di società con una lunga catena partecipativa.

A presidio della stabilità della governance vanno lette anche le prese di posizione dell'Agenzia delle Entrate in merito al passaggio tramite comunione della partecipazione di controllo, la quale impone il voto tramite un rappresentante comune nominato dei beneficiari (art. 2468, c. 5 c.c.). Tuttavia, non comporta la necessità di avere quote uguali, ben potendo differire la ripartizione all'interno della partecipazione pro-indiviso alla comunione fra i vari soggetti coinvolti.

Il passaggio delle quote viene spesso suddiviso fra nuda proprietà e usufrutto. In questo modo, il trasferimento avviene in modo graduale posto che la nuda proprietà e l'usufrutto si riuniscono alla morte del titolare di uno dei due (art. 1014 c.c.). Inoltre, il carico fiscale è attenuato (se non è del tutto esentato) in quanto il valore dell'usufrutto o della nuda proprietà è ridotto in base a una tabella parametrata all'età del donante.

Sotto questo profilo, l'Agenzia delle Entrate ha recentemente ribadito che il trasferimento del controllo va visto in capo ai beneficiari delle quote e non del soggetto donante o del de cuius (risposta n. 257 del 17 luglio). Il caso riguardava un complicato riassetto partecipativo in cui le quote erano divise fra genitori e figli, laddove i primi avevano ceduto ai discendenti in un primo momento la nuda proprietà delle quote di maggioranza pur mantenendone l'usufrutto. A seguito del riassetto, i figli ricevevano l'usufrutto in comunione delle quote di cui possedevano a titolo individuale la nuda proprietà. Nonostante una sola delle quote trasferite soddisfacesse il criterio del controllo, l'Agenzia ha riconosciuto che l'esenzione dovesse essere estesa all'intero pacchetto delle quote trasferite. Nel caso di specie, nonostante uno solo dei coniugi avesse l'usufrutto su una quantità di quote che gli permetteva di esercitare il controllo sulla società, anche la donazione dell'usufrutto delle quote da parte dell'altro coniuge e della piena proprietà della quota di minoranza è stata inclusa nell'agevolazione, perché le donazioni sono avvenute contestualmente secondo una complessiva finalità economica.

Per le ragioni sopra esposte, la detenzione dell'azienda o del patrimonio di famiglia tramite una holding può rivelarsi un efficiente strumento volto ad accompagnare il passaggio generazionale.
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Avvocato responsabile del settore tax di Alvarium con particolari competenze nel settore della fiscalità finanziaria, pianificazione patrimoniale e del passaggio generazionale. Ha lavorato in Assonime a Bruxelles e per un primario studio tributario di Milano specializzato nella consulenza cross-border. Collabora con la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi) su vari temi di fiscalità fra Italia e Svizzera.

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