Residenza fiscale societaria: quando si parla di esterovestizione?

Nicola Dimitri
21.2.2022
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Le società esterovestite sono società di mero schermo costituite nello Stato estero al solo fine di beneficiare di regimi fiscali più favorevoli

L’onere della prova ricade sul contribuente, il quale dovrà dimostrare che non si tratta di una costruzione di puro artificio

Per esterovestizione si intende la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale

Il trasferimento della residenza all'estero, in particolare verso giurisdizioni che garantiscono vantaggi fiscali sui profitti, è una tendenza sempre più diffusa dalle aziende che, in un mondo globalizzato e caratterizzato da Stati in competizione fiscale tra loro, cercano di rimanere competitive.
Il tema dell'esterovestizione è strettamente correlato a quello della residenza fiscale, così come disciplinata ai sensi dell'art. 73 Tuir, a mente del quale si considerano residenti i soggetti Ires che hanno nel territorio dello Stato, per la maggior parte del periodo d'imposta, alternativamente la sede legale; la sede dell'amministrazione; l'oggetto principale dell'attività svolta.
Il medesimo articolo, più nel dettaglio, il co. 5 dell'art. 73 Tuir, sempre in materia di residenza fiscale dei soggetti Ires, opera una presunzione legale, considerando comunque come residenti nel territorio dello Stato quegli enti o quelle società non residenti che però detengono direttamente partecipazioni di controllo in società di capitali ed enti commerciali residenti.

Si presume integrata l'esterovestizione se questi sono controllati, anche indirettamente, da soggetti residenti nel territorio italiano; oppure se sono amministrati da un consiglio di amministrazione o altro organo di gestione, composto in prevalenza da soggetti residenti in Italia.

E invero, per vincere la presunzione di residenza nel territorio dello Stato, il soggetto estero è chiamato a dimostrare con argomenti adeguati e convincenti la presenza degli elementi di fatto, situazioni od atti, idonei a dare prova di un concreto radicamento della direzione effettiva nello Stato estero; in questi termini, ad esempio, non potrà ritenersi fondata la presunzione di esterovestizione se la società ha all'estero uffici, personale dipendente, gode di autonomia operativa ed è interpenetrata nel territorio.

Nel caso in cui il contribuente non riuscisse a confutare la presunzione di esterovestizione, dimostrando che la sede di direzione effettiva della società è all'estero e non in Italia, l'ente sarà considerato, ad ogni effetto, residente nel territorio dello Stato e, conseguentemente, sarà soggetto a tutti gli obblighi che l'ordinamento prevede per le società e gli enti residenti. Per tale ragione, i redditi conseguiti dal soggetto esterovestito saranno assoggettati a tassazione in Italia.
Come chiarito dalla Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 4463/2022, sulla scorta di questi principi, non può essere considerata residente in Italia la società di diritto lussemburghese se la maggioranza degli amministratori risiede all'estero, se all'estero si svolge l'oggetto sociale della holding e se all'estero, detta società, è sottoposta a imposizione.

Per esterovestizione si intende, infatti, la fittizia localizzazione della residenza fiscale di una società in un Paese con un trattamento fiscale più vantaggioso di quello nazionale, allo scopo di sottrarsi al più gravoso regime nazionale.

Ebbene, ad avviso della Corte di Cassazione, la presunzione di esterovestizione viene meno se l'amministrazione non dimostra, tra le altre cose, che la società estera è stata artificiosamente costituita al solo fine di beneficiare di un vantaggio fiscale.

La disciplina dell'esterovestizione persegue, infatti, finalità antielusive, di modo che, affinché questa presunzione possa essere sostenuta è necessario dimostrare in concreto la pratica abusiva: nel caso di specie, ad avviso dei giudici di legittimità, l'Agenzia delle entrate non è riuscita ad identificare il vantaggio fiscale conseguito o conseguibile con la artificiosa collocazione della sede sociale in Lussemburgo e non in Italia.
Redattore e coordinatore dell'area Fiscal & Legal di We Wealth. In precedenza ha lavorato nell'ambito del diritto tributario e della fiscalità internazionale presso primari studi legali

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