Conti all'estero, istruzioni per l'uso

12.4.2019
Tempo di lettura: 3'
I timori sulla situazione finanziaria spingono sempre più italiani ad aprire conti all'estero. Chi volesse percorrere tale via dev'essere consapevole delle modalità e dei conseguenti adempimenti che ne derivano
Periodicamente, quando si sente parlare di imposta patrimoniale o rischio Paese, si riaccende la tentazione di aprire un conto all'estero da parte di (U)hnwi, e non solo, residenti in Italia.
Premesso che non è possibile stabilire a priori se sia escluso da una eventuale imposta patrimoniale, occorre svolgere alcune osservazioni pratiche sulle modalità e sulle conseguenze dell'apertura dei conti all'estero.
La forma più semplice e diretta è quella di aprire un conto intestato nominativamente al titolare. Il primo adempimento riguarda il pagamento dell'Imposta sul valore delle attività finanziarie all'estero (Ivafe), ovvero un tributo del tutto analogo all'imposta di bollo applicata ai conti correnti italiani in misura fissa pari a 34,20 euro per ogni conto. Si applica se la giacenza media, calcolata per singolo intermediario (e non per singolo conto), supera 5mila euro. Spesso la banca estera apre automaticamente un conto multi-currency, ovvero più conti correnti denominati in valute estere. In tal caso, per stabilire se la soglia è superata, vanno sommate le giacenze medie risultanti dagli estratti conto di tutti i conti convertiti in euro secondo i cambi medi individuati periodicamente da apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate.
I conteggi dell'Ivafe vanno riportati nel quadro Rw della dichiarazione fiscale (Unico Pf). Lo stesso quadro svolge la funzione di monitoraggio fiscale, ma solo laddove il valore massimo complessivo raggiunto dal conto nel corso del periodo d'imposta superi i 15mila euro (art. 4, c. 3 D.L. n. 167/1990) anche in equivalente valuta estera.
Ai fini delle imposte sui redditi, il conto corrente può generare sia interessi attivi che plusvalenze da cambi. L'importo degli interessi deve essere riportato in dichiarazione dei redditi e assoggettato a imposta sostitutiva nella misura del 26% (circolare Agenzia delle Entrate n. 9/2015 § 2.2). In alcuni Stati gli interessi sono soggetti a ritenuta alla fonte, che tuttavia non può essere né dedotta né detratta dall'imposta dovuta in Italia. Di conseguenza, va assoggettato a tassazione l'importo lordo degli interessi.
Il conto corrente in valuta estera comporta il rischio del sorgere delle cosiddette plusvalenze da cambi. Infatti, laddove la giacenza in valuta estera complessivamente detenuta dal contribuente superi 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi consecutivi (art. 67, c. 1-ter) Tuir), le cessioni di valuta o i prelievi dai conti danno luogo a plusvalenza tassabile nella misura del 26%. Il calcolo è particolarmente complesso in quanto il capital gain è calcolato con il metodo Lifo (Last in first out) anziché con il costo medio ponderato. Lo stesso principio si ritiene applicabile per analogia alle criptovalute (risp. Dre Lombardia n. 956-39 del 22 gennaio 2018) e ai token.
Un aspetto spesso sottovalutato è la conseguenza dell'apertura del conto corrente denominato in oro, cosiddetto conto Xau, un conto corrente indicizzato al valore dell'oro, che non va confuso con il conto deposito metalli, atteso che non ha come sottostante oro fisico. Anche questo è assimilato a un conto in valuta e ne segue le regole in tema di plusvalenza da cambi.
Al fine di evitare gli adempimenti sopra descritti, ovvero riportare in dichiarazione dei redditi i conteggi ai fini dell'Ivafe, del monitoraggio fiscale e degli interessi da assoggettare a tassazione, è possibile conferire un mandato di amministrazione a una fiduciaria italiana, la quale svolgerà tutte le incombenze per conto del contribuente. L'unico adempimento che non può essere demandato alla fiduciaria è quello relativo alla tassazione delle plusvalenze da cambi, che può essere effettuato esclusivamente dal contribuente nella propria dichiarazione dei redditi. Il mandato può essere conferito con o senza intestazione fiduciaria. Nel primo caso, il conto risulterà intestato direttamente alla fiduciaria italiana. Nel secondo caso, il conto operativo rimane intestato al contribuente, ma tutte le operazioni devono transitare attraverso un conto parallelo aperto dalla fiduciaria presso la stessa banca depositaria (cfr. ris. AdE n. 23 del 8 marzo 2012 e ris. n. 61 del 31 maggio 2011).
Premesso che non è possibile stabilire a priori se sia escluso da una eventuale imposta patrimoniale, occorre svolgere alcune osservazioni pratiche sulle modalità e sulle conseguenze dell'apertura dei conti all'estero.
La forma più semplice e diretta è quella di aprire un conto intestato nominativamente al titolare. Il primo adempimento riguarda il pagamento dell'Imposta sul valore delle attività finanziarie all'estero (Ivafe), ovvero un tributo del tutto analogo all'imposta di bollo applicata ai conti correnti italiani in misura fissa pari a 34,20 euro per ogni conto. Si applica se la giacenza media, calcolata per singolo intermediario (e non per singolo conto), supera 5mila euro. Spesso la banca estera apre automaticamente un conto multi-currency, ovvero più conti correnti denominati in valute estere. In tal caso, per stabilire se la soglia è superata, vanno sommate le giacenze medie risultanti dagli estratti conto di tutti i conti convertiti in euro secondo i cambi medi individuati periodicamente da apposito provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate.
I conteggi dell'Ivafe vanno riportati nel quadro Rw della dichiarazione fiscale (Unico Pf). Lo stesso quadro svolge la funzione di monitoraggio fiscale, ma solo laddove il valore massimo complessivo raggiunto dal conto nel corso del periodo d'imposta superi i 15mila euro (art. 4, c. 3 D.L. n. 167/1990) anche in equivalente valuta estera.
Ai fini delle imposte sui redditi, il conto corrente può generare sia interessi attivi che plusvalenze da cambi. L'importo degli interessi deve essere riportato in dichiarazione dei redditi e assoggettato a imposta sostitutiva nella misura del 26% (circolare Agenzia delle Entrate n. 9/2015 § 2.2). In alcuni Stati gli interessi sono soggetti a ritenuta alla fonte, che tuttavia non può essere né dedotta né detratta dall'imposta dovuta in Italia. Di conseguenza, va assoggettato a tassazione l'importo lordo degli interessi.
Il conto corrente in valuta estera comporta il rischio del sorgere delle cosiddette plusvalenze da cambi. Infatti, laddove la giacenza in valuta estera complessivamente detenuta dal contribuente superi 51.645,69 euro per almeno sette giorni lavorativi consecutivi (art. 67, c. 1-ter) Tuir), le cessioni di valuta o i prelievi dai conti danno luogo a plusvalenza tassabile nella misura del 26%. Il calcolo è particolarmente complesso in quanto il capital gain è calcolato con il metodo Lifo (Last in first out) anziché con il costo medio ponderato. Lo stesso principio si ritiene applicabile per analogia alle criptovalute (risp. Dre Lombardia n. 956-39 del 22 gennaio 2018) e ai token.
Un aspetto spesso sottovalutato è la conseguenza dell'apertura del conto corrente denominato in oro, cosiddetto conto Xau, un conto corrente indicizzato al valore dell'oro, che non va confuso con il conto deposito metalli, atteso che non ha come sottostante oro fisico. Anche questo è assimilato a un conto in valuta e ne segue le regole in tema di plusvalenza da cambi.
Al fine di evitare gli adempimenti sopra descritti, ovvero riportare in dichiarazione dei redditi i conteggi ai fini dell'Ivafe, del monitoraggio fiscale e degli interessi da assoggettare a tassazione, è possibile conferire un mandato di amministrazione a una fiduciaria italiana, la quale svolgerà tutte le incombenze per conto del contribuente. L'unico adempimento che non può essere demandato alla fiduciaria è quello relativo alla tassazione delle plusvalenze da cambi, che può essere effettuato esclusivamente dal contribuente nella propria dichiarazione dei redditi. Il mandato può essere conferito con o senza intestazione fiduciaria. Nel primo caso, il conto risulterà intestato direttamente alla fiduciaria italiana. Nel secondo caso, il conto operativo rimane intestato al contribuente, ma tutte le operazioni devono transitare attraverso un conto parallelo aperto dalla fiduciaria presso la stessa banca depositaria (cfr. ris. AdE n. 23 del 8 marzo 2012 e ris. n. 61 del 31 maggio 2011).