Acquisto e cessione opere arte, quale Iva?

17.8.2021
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Differenze fra speculazione e collezionismo, trattamento Iva e sua detraibilità, quali imposte sulla cessione, deducibilità costo in caso di acquisto...
La cessione di opere d'arte può essere fiscalmente rilevante o non rilevante a seconda del soggetto e delle modalità con cui viene effettuata. In base all'attuale ordinamento giuridico italiano delle imposte sui redditi, non esiste tuttavia una specifica norma che consenta di ricomprendere nel suo alveo fattispecie relative alla cessione di opere d'arte e la conseguente tassazione.
Data tale assenza, la disamina deve essere ricondotta nell'ambito delle generali disposizioni del TUIR, ciò a dire che occorre verificare se i pro- venti derivanti dalla cessione rientrino o meno in una delle categorie di reddito esistenti e, generalmente, tra i:
a) “redditi di impresa”, derivanti dall'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di un'attività commerciale; ovvero
b) “redditi diversi”, derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente.
È chiaro che laddove la compravendita di opere d'arte configuri attività commerciale, il provento è fiscalmente rilevante.
Tuttavia, la criticità consiste proprio nel qualificare correttamente la compravendita come attività commerciale. In particolare, essa è riscontrata laddove l'operazione è motivata da intento speculativo, vale a dire dalla preordinata intenzione di vendere l'opera d'arte sin dal momento del suo acquisto per trarne un profitto. Al contrario, all'assenza dell'intento speculativo, ergo di attività commerciale, non consegue la tassazione del provento.
a) “redditi di impresa”, derivanti dall'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di un'attività commerciale; ovvero
b) “redditi diversi”, derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente.
È chiaro che laddove la compravendita di opere d'arte configuri attività commerciale, il provento è fiscalmente rilevante.
Tuttavia, la criticità consiste proprio nel qualificare correttamente la compravendita come attività commerciale. In particolare, essa è riscontrata laddove l'operazione è motivata da intento speculativo, vale a dire dalla preordinata intenzione di vendere l'opera d'arte sin dal momento del suo acquisto per trarne un profitto. Al contrario, all'assenza dell'intento speculativo, ergo di attività commerciale, non consegue la tassazione del provento.
Pertanto, si vengono a creare tre tipologie principali di attori in questo settore:
a) il mercante d'arte che commercializza professionalmente ed abitualmente opere d'arte ponendo dunque in essere un'attività commerciale fiscalmente rilevante, i cui redditi sono annoverabili tra quelli “di impresa”;
b) lo speculatore occasionale che, animato da intento speculativo, commercializza occasionalmente e non professionalmente opere d'arte ponendo dunque in essere un'attività commerciale fiscalmente rilevante, i cui redditi sono annoverabili tra quelli “diversi”;
c) il collezionista privato che, mosso unicamente dallo spirito culturale e dalla volontà di incrementare la propria collezione, acqui- sta opere d'arte e solo incidentalmente si trova nella condizione di doverle vendere. Egli, pertanto, non pone in essere un'attività fiscalmente rilevante e i proventi ricavati dall'eventuale cessione (rectius dismissione patrimoniale) di una propria opera d'arte non configurano un reddito rientrante nelle categorie di reddito esistenti in base all'ordinamento tributario italiano.
Con riferimento all'attività esercitata, essendo il confine piuttosto labile nell'individuare l'abitualità e professionalità che fanno propendere all'attività commerciale del mercante d'arte piuttosto che a quella dello speculatore occasionale, è intervenuta più volte la giurisprudenza che, con numerose sentenze, ha cercato di tacciare un solco tra le suddette tipologie di attività considerando, per esempio: l'elevato importo e l'elevato numero di compravendite, la varietà della tipologia di beni, l'attività di valorizzazione e promozione, i rapporti professionali intrattenuti con altri operatori del settore (es. case d'aste), nonché l'esperienza acquisita. Cionondimeno, occorre sottolineare che la qualifica dell'attività commerciale continua a comportare profili di incertezza che dovrebbero far propendere il contribuente a interpellare preventi- vamente l'Agenzia delle entrate al fine di non incorrere in accertamenti dalle conseguenze imprevedibili.
Per quanto concerne invece i profili di deducibilità dei costi relativi all'acquisto di opere d'arte – circoscrivendo l'analisi al solo caso del mercante d'arte esercente attività d'impresa – occorre menzionare che in assenza di una norma specifica, operano i principi generali del TUIR. Pertanto, nel caso in cui oggetto dell'attività d'impresa sia il commercio di opere d'arte, le relative spese d'acquisto saranno iscritte tra i costi e le rimanenze in quanto “beni merce”.
Discorso diverso andrebbe invece fatto nel caso di opere d'arte non costituenti oggetto dell'attività d'impresa, per le quali occorrerebbe valutare i costi sul piano dell'inerenza, guardando alla natura del bene e all'entità del costo in relazione all'attività esercitata.
Quanto ai profili dell'imposizione indiretta, occorre osservare come le cessioni di opere d'arte tra privati non siano soggette ad Iva, difettando del presupposto soggettivo che prevede che le operazioni siano assoggettabili ad imposta quando compiute da imprese, artisti o professionisti nell'esercizio dell'attività. Diversamente, qualora le cessioni siano effettuate da soggetti passivi Iva, la regola base prevede l'applicazione dell'aliquota ordinaria del 22%, salvo il caso in cui le cessioni siano effettuate direttamente dall'autore dell'opera, da suoi eredi o legatari in cui l'aliquota da applicare è pari al 10%. Anche le importazioni scontano un'aliquota del 10%, applicabile quando effettuate sia da soggetti privati sia da soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni. Infine, è previsto un particolare regime alternativo (c.d. “regime del margine” tra prezzo di acquisto e prima rivendita) volto ad evitare la doppia imposizione sui beni per i quali il rivenditore ha corrisposto un prezzo per il quale non abbia potuto portare in detrazione l'Iva. Tale regime si applica ai rivenditori al dettaglio, all'ingrosso e in forma ambulante che, per professione abituale, commerciano opere d'arte, nonché alle imprese ed ai professionisti che effettuano occasionalmente la cessione delle medesime, tenendo presente che tali beni devono essere stati acquistati da soggetti che non hanno potuto detrarre l'Iva all'atto dell'acquisto o dell'importazione.
a) il mercante d'arte che commercializza professionalmente ed abitualmente opere d'arte ponendo dunque in essere un'attività commerciale fiscalmente rilevante, i cui redditi sono annoverabili tra quelli “di impresa”;
b) lo speculatore occasionale che, animato da intento speculativo, commercializza occasionalmente e non professionalmente opere d'arte ponendo dunque in essere un'attività commerciale fiscalmente rilevante, i cui redditi sono annoverabili tra quelli “diversi”;
c) il collezionista privato che, mosso unicamente dallo spirito culturale e dalla volontà di incrementare la propria collezione, acqui- sta opere d'arte e solo incidentalmente si trova nella condizione di doverle vendere. Egli, pertanto, non pone in essere un'attività fiscalmente rilevante e i proventi ricavati dall'eventuale cessione (rectius dismissione patrimoniale) di una propria opera d'arte non configurano un reddito rientrante nelle categorie di reddito esistenti in base all'ordinamento tributario italiano.
Con riferimento all'attività esercitata, essendo il confine piuttosto labile nell'individuare l'abitualità e professionalità che fanno propendere all'attività commerciale del mercante d'arte piuttosto che a quella dello speculatore occasionale, è intervenuta più volte la giurisprudenza che, con numerose sentenze, ha cercato di tacciare un solco tra le suddette tipologie di attività considerando, per esempio: l'elevato importo e l'elevato numero di compravendite, la varietà della tipologia di beni, l'attività di valorizzazione e promozione, i rapporti professionali intrattenuti con altri operatori del settore (es. case d'aste), nonché l'esperienza acquisita. Cionondimeno, occorre sottolineare che la qualifica dell'attività commerciale continua a comportare profili di incertezza che dovrebbero far propendere il contribuente a interpellare preventi- vamente l'Agenzia delle entrate al fine di non incorrere in accertamenti dalle conseguenze imprevedibili.
Per quanto concerne invece i profili di deducibilità dei costi relativi all'acquisto di opere d'arte – circoscrivendo l'analisi al solo caso del mercante d'arte esercente attività d'impresa – occorre menzionare che in assenza di una norma specifica, operano i principi generali del TUIR. Pertanto, nel caso in cui oggetto dell'attività d'impresa sia il commercio di opere d'arte, le relative spese d'acquisto saranno iscritte tra i costi e le rimanenze in quanto “beni merce”.
Discorso diverso andrebbe invece fatto nel caso di opere d'arte non costituenti oggetto dell'attività d'impresa, per le quali occorrerebbe valutare i costi sul piano dell'inerenza, guardando alla natura del bene e all'entità del costo in relazione all'attività esercitata.
Quanto ai profili dell'imposizione indiretta, occorre osservare come le cessioni di opere d'arte tra privati non siano soggette ad Iva, difettando del presupposto soggettivo che prevede che le operazioni siano assoggettabili ad imposta quando compiute da imprese, artisti o professionisti nell'esercizio dell'attività. Diversamente, qualora le cessioni siano effettuate da soggetti passivi Iva, la regola base prevede l'applicazione dell'aliquota ordinaria del 22%, salvo il caso in cui le cessioni siano effettuate direttamente dall'autore dell'opera, da suoi eredi o legatari in cui l'aliquota da applicare è pari al 10%. Anche le importazioni scontano un'aliquota del 10%, applicabile quando effettuate sia da soggetti privati sia da soggetti esercenti attività d'impresa, arti o professioni. Infine, è previsto un particolare regime alternativo (c.d. “regime del margine” tra prezzo di acquisto e prima rivendita) volto ad evitare la doppia imposizione sui beni per i quali il rivenditore ha corrisposto un prezzo per il quale non abbia potuto portare in detrazione l'Iva. Tale regime si applica ai rivenditori al dettaglio, all'ingrosso e in forma ambulante che, per professione abituale, commerciano opere d'arte, nonché alle imprese ed ai professionisti che effettuano occasionalmente la cessione delle medesime, tenendo presente che tali beni devono essere stati acquistati da soggetti che non hanno potuto detrarre l'Iva all'atto dell'acquisto o dell'importazione.