Sos liquidità, Abi: velocizzare e semplificare le misure

Rita Annunziata
11.5.2020
Tempo di lettura: 3'
Mentre continuano a piovere le richieste di finanziamenti, l'Abi chiede di anticipare la riunione della task force sull'emergenza liquidità. Secondo l'associazione, bisognerebbe velocizzare e semplificare le misure di sostegno alle imprese. Pervenute al fondo di garanzia oltre 140mila domande per 7,2 miliardi di euro. Per Confcommercio rischiano la chiusura 270mila attività

L'Abi sollecita una valutazione di possibili interventi normativi e tecnologici in vista della conversione in legge del decreto liquidità e in prospettiva del preannunciato decreto rilancio

Secondo i dati raccolti da Mediocredito Centrale, al fondo di garanzia sono pervenute 138.604 domande ai sensi dei decreti “cura Italia” e “liquidità”

Secondo Confcommercio per molte imprese il rischio di azzeramento dei ricavi dovuto al calo della domanda e all'incidenza dei costi fissi sfiora il 54%.

A quasi un mese dall'inizio dell'operazione liquidità, le richieste di finanziamenti continuano a incrementare i bilanci del fondo di garanzia, ma le banche sollecitano ancora un intervento del governo. L'Associazione bancaria italiana, infatti, chiede all'esecutivo di anticipare la periodica riunione della task force del ministero dell'Economia e delle finanze, del ministero dello Sviluppo economico, della Banca d'Italia, del Mediocredito Centrale, della Sace e della stessa Abi.
L'obiettivo, spiega l'associazione, è di “semplificare, velocizzare ed efficientare le misure di sostegno di liquidità e le altre misure in favore di imprese e famiglie”, proponendo di passare al vaglio possibili interventi normativi e tecnologici sia nell'ambito della conversione in legge del decreto liquidità sia in vista del preannunciato “decreto rilancio”.

Intanto, secondo gli ultimi dati raccolti da Mediocredito Centrale, tra il 17 marzo e il 10 maggio sono pervenute al fondo di garanzia 140.688 richieste per un importo superiore ai 7,2 miliardi di euro. Tra queste, più di 138mila sono relative alle misure introdotte con i decreti “cura Italia” e “liquidità”. In particolare, 116.923 domande riguardano i finanziamenti fino alla soglia massima di 25mila euro con una copertura al 100%, per un importo che sfiora i 2,5 miliardi di euro. Se si considera che venerdì 8 maggio si parlava di 105mila richieste, l'Abi sottolinea come nell'ultimo weekend il fondo di garanzia abbia continuato a raccogliere domande che “per numeri complessivi e importi in continua crescita – si legge in una nota – evidenziano il forte impegno delle banche e dei lavoratori bancari, pur nella prolungata emergenza da coronavirus”.
Tornando alle stime di Mediocredito Centrale, 56 richieste pervenute al fondo di garanzia riguardano le operazioni di riassicurazione con una percentuale di copertura del 100% e 1.283 le operazioni di garanzia diretta con copertura al 90%, entrambe per finanziamenti di una durata massima di 72 mesi. Inoltre, si calcolano 10.465 operazioni di garanzia diretta con una copertura all'80%, 5.623 operazioni di riassicurazione con copertura al 90%, e 1.337 domande di rinegoziazione e/o consolidamento del debito con credito aggiuntivo di almeno il 10% del debito residuo e con incremento della percentuale di copertura all'80% o al 90%. Infine, 75 richieste riguardano le small mid cap con una percentuale di copertura all'80% e al 90%, e 2.842 con “beneficio della sola gratuità della garanzia”, spiega l'istituzione finanziaria, che ai sensi della normativa previgente “erano a titolo oneroso”.

Confcommercio, a rischio chiusura 270mila imprese


Restano intanto allarmanti i dati di Confcommercio. Secondo l'ufficio studi, circa 270mila imprese del commercio e dei servizi potrebbero chiudere definitivamente qualora le condizioni economiche non conoscessero un “rapido miglioramento”, con una completa riapertura a ottobre. Un dato che potrebbe essere ancora più acuito se si considerasse, oltre alla sospensione delle attività, anche il rischio di azzeramento dei ricavi dovuto al calo della domanda e all'incidenza dei costi fissi, che in alcuni casi sfiora il 54%.

Risultano potenzialmente più colpite le micro imprese, per le quali la chiusura degli esercizi potrebbe essere la conseguenza di una riduzione pari a solo il 10% dei ricavi. A rischio, in particolare, ambulanti, negozi di abbigliamento, alberghi, bar, ristoranti e imprese di intrattenimento e cura della persona.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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