Alla ricerca degli unicorni: le caratteristiche di queste startup

Andrea Messuti
Andrea Messuti, Federica Albano
17.5.2022
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Gli “unicorni” sono startup con un valore superiore a un miliardo di dollari che non sono quotate in Borsa. Cosa serve per diventarlo e dove si possono trovare?
L'unicorno è un animale leggendario, alla cui immagine viene associato il concetto di rarità, forza e immaginazione. In effetti, è “piuttosto raro” incontrare un unicorno e, allo stesso modo, è possibile affermare che le startup cosiddette unicorni sono da considerarsi delle rarità, essendo loro delle aziende altamente performanti in un brevissimo lasso di tempo.

Il termine “startup unicorno” fu coniato nel 2013 da Aileen Lee, fondatrice di Cowboy Ventures, per identificare le startup di natura privata (vale a dire non quotate), con una valutazione di mercato di oltre 1 miliardo di dollari. I settori più sviluppati in questo senso sono quelli del  fintech e del mondo internet software & services, seguiti, tra gli altri, da intelligenza artificiale, e-commerce, salute, trasporti e telecomunicazioni.

Le startup unicorni sono società pioniere nei loro settori, focalizzate su un paradigma tecnologico fortemente innovativo e con un modello di business prevalentemente B2C che sfruttano la strategia Massive transformative purpose (Mtp) per il loro business.

Certo, raggiungere 1 miliardo di dollari di valutazione è piuttosto difficile: stando alle stime, una startup ha solo lo 0,000006% di possibilità di diventare un unicorno, ovvero parliamo di 2 aziende su 5 milioni, con una media di 7 anni.

Per queste ragioni, sul mercato mondiale, le startup unicorni non superano qualche centinaio di unità. Attualmente si ravvisa una netta predominanza degli Stati Uniti con 432 startup unicorni (ovvero la metà delle 865 totali) e della Cina, seguite dall'India; mentre l'Europa è, purtroppo, ancora lontana da questi numeri, con circa 70 unità, 33 delle quali con sede nel Regno Unito, mentre in Italia ci sono solamente due società (Yoox e Depop, seppur quest'ultima sia una società nata in Italia, nell'incubatore H-Farm, ma successivamente spostata nel Regno Unito) che sono state cedute con una valutazione superiore al miliardo di dollari. A queste si è recentemente aggiunta Scalapay, che ha da poco chiuso un round di investimento di quasi 500 milioni di dollari con una valutazione complessiva oltre il miliardo

Sempre rimanendo in un contesto di terminologia (e valutazioni) “da sogno”, una startup che raggiunge il valore di 10 miliardi di dollari è detta decaron. È il caso, ad esempio, di colossi fintech come Klarna, Nubank o i giganti cinesi dell'e-commerce Xiaohongshu e Shein; mentre se si raggiungono i 100 miliardi di dollari si parla di hectocorn, come ByteDance, società cinese valutata 140 miliardi di dollari attiva nel settore informatico e proprietaria di TikTok, e l'americana SpaceX di Elon Musk.
Tuttavia, il fenomeno delle startup unicorni è piuttosto controverso perché se da un lato rappresentano le nuove realtà imprenditoriali altamente tecnologiche dell'ultimo millennio, dall'altro, secondo alcuni, il numero crescente di queste realtà rischia di essere il segno di una potenziale bolla nel settore, dal momento che la valutazione di queste società è opera di venture capitalist e investitori che hanno partecipato ai round di investimento delle startup stesse in base al loro potenziale di crescita e al loro sviluppo previsto e non è correlata alla loro effettiva performance finanziaria.

In conclusione, le startup unicorni rappresentano un importante traguardo per il sistema dal momento che hanno rivoluzionato molti dei mercati esistenti o creato mercati completamente nuovi apportando innovatività dirompente (“disruptive”) nei loro settori, tutto ciò grazie alla creazione di nuove tecnologie negli ultimi decenni, amplificate e potenziate dalla globalizzazione e dalla contaminazione tra le diverse realtà imprenditoriali nel mondo.

(Articolo scritto in collaborazione con Federica Albano, di Lca Studio Legale)
Andrea Messuti
Andrea Messuti, Federica Albano
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È avvocato e partner di Lca Studio Legale, dove coordina il team di Emerging companies &
venture capital. È specializzato in operazioni di M&A e venture capital e in operazioni sui mercati
dei capitali nazionali o stranieri (con particolare riferimento alle Ipo nei settori tech e life science).
Assiste clienti italiani e internazionali operanti in diversi settori industriali e tecnologici.

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