Made in Italy in attesa di Brexit: la crisi frena l'export in Uk

Rita Annunziata
13.10.2020
Tempo di lettura: 3'
Mentre l'Italia fa i conti con le nuove norme restrittive introdotte dall'ultimo dpcm, le pmi continuano a restare appese al filo dei negoziati tra Uk e Ue. Ferdinando Pastore, direttore di Ice Londra, spiega a We Wealth a che punto siamo e quali settori restano in allerta

Il saldo positivo della bilancia commerciale italiana verso il Regno Unito a fine 2019 era di circa 9,3 miliardi di sterline

Sulla scia della crisi l'export verso il Regno Unito ha subito un crollo compreso tra il 22 e il 23%

Ferdinando Pastore, direttore di Ice Londra: “Quello che a noi interessa è che il flusso delle nostre esportazioni resti al pari degli altri paesi, perché la Brexit è una questione che non riguarda solo l'Italia. Tutti dovranno adeguarsi e confrontarsi con la regola della concorrenza”

Le chiusure anticipate alle attività di ristorazione previste dalle nuove norme restrittive introdotte dall'ultimo dpcm firmato dal presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, mettono a rischio ben 20mila attività. Imprese, spiega Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet Confesercenti, che “solo con l'annuncio di una nuova stretta” hanno perso negli scorsi giorni il 20% del fatturato. Un “ulteriore danno” che va a instaurarsi all'interno di un contesto imprenditoriale, quello italiano, che intanto continua a restare appeso al filo del deal o no-deal, in attesa delle evoluzioni sui negoziati tra Regno Unito e Unione europea. Ferdinando Pastore, direttore di Ice Londra, l'istituto nazionale per il commercio estero, spiega a We Wealth a che punto siamo e quali potrebbero essere le conseguenze di Brexit su un tessuto per sua natura “export-oriented”.
“L'Italia è un partner fondamentale nello scambio bilaterale con il Regno Unito. Stando ai dati di chiusura del 2019, il saldo positivo della nostra bilancia commerciale verso il Regno Unito è di circa 9,3 miliardi di sterline e pone l'Uk al secondo posto della graduatoria, anticipato unicamente dagli Stati Uniti. In termini di rapporti bilaterali, invece, il Belpaese è il settimo paese fornitore e si posiziona tra l'ottava e la nona posizione tra i partner commerciali. Quello che a noi interessa, però, è che la bilancia commerciale rimanga positiva e che il flusso delle nostre esportazioni si mantenga al pari degli altri paesi, perché la Brexit è una questione che non riguarda solo l'Italia. Tutti dovranno adeguarsi e confrontarsi con la regola della concorrenza”.

Quali potrebbero essere i settori più colpiti?


“Il 30% dell'export italiano è rappresentato dalla meccanica strumentale. A questo si aggiungono gli altri ambiti del made in Italy, come la moda e l'agroalimentare, ma tutti i settori sono minacciati. Perdere quote di mercato per il 30-35% per il settore della meccanica strumentale e il 12% per il settore della moda o del food&beverage in ogni caso rappresenterebbe uno shock. A questa situazione si aggiungono poi gli effetti della pandemia. I dati relativi alla fine dello scorso anno si scontrano oggi con una realtà diversa. Nei primi sette mesi abbiamo registrato un calo dell'interscambio di quasi il 20%. Le esportazioni in valore sono diminuite del 22-23%, anche se leggermente meno rispetto ai competitor (per la Germania si parla del -28%, per la Francia siamo intorno al -35%)”.

Cosa accadrà a partire dal 1° gennaio?


“Deal o no-deal, dal primo gennaio le cose cambieranno. Le aziende che esportano potrebbero scontare delle difficoltà, a partire da come si imballa, l'etichetta sulla bottiglia (nel caso delle esportatrici di vino, ad esempio), quali sono i dazi e le accise, ma anche altre complicazioni che al momento non conosciamo. Ma il vero problema oltre la Brexit, ripeto, è la pandemia. I dati sull'export si riflettono sulle difficoltà delle nostre aziende abituate a organizzare incontri reali con i partner commerciali, un problema cui stiamo cercando di trovare soluzione con iniziative anche in forma virtuale”.

In che modo supportarle in questo contesto?


“Quando tutto sarà delineato in maniera chiara e sapremo cosa accadrà per ogni tipo di prodotto e ogni tipo di procedura, cercheremo di dare le informazioni operative necessarie su come muoversi. La formula è informazione, assistenza, interventi tecnici e, auspicabilmente, promozione. Noi abbiamo già un desk di assistenza diretta attivato su sollecitazione della presidenza del Consiglio dei ministri, nella consapevolezza di quanto questo mercato sia rilevante sia per le nostre pmi che per i grandi gruppi. Speriamo di poter portare avanti un discorso coerente con il brand made in Italy, quindi innovazione, originalità e qualità”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

Cosa vorresti fare?