Clima: i “blablabla” dei Paesi del G20, in numeri

28.10.2021
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Un nuovo rapporto Unep mostra come i piani di carbon neutrality siano ancora insufficienti e vaghi, a partire da quello italiano
Per centrare l'obiettivo minimo del contenimento del riscaldamento globale a 2 gradi i Paesi del G20 devono tagliare le emissioni del 30% entro il 2030. Per ora lo faranno solo del 7,5%
Fra i 12 Paesi del G20 che hanno annunciato il raggiungimento delle zero emissioni nette, l'Italia è fra quelli il cui piano è più carente di dettagli e di obiettivi legalmente vincolanti
L'Italia si presenterà alla Cop26 con uno delle agende climatiche più fumose e povere di dettagli fra i 12 Paesi del G20 che hanno annunciato l'obiettivo delle zero emissioni nette: è quanto emerge dall'analisi comparativa pubblicata martedì 26 ottobre dal Programma ambientale delle Nazioni Unite (Unep).
In particolare, l'Italia ha sì dichiarato il raggiungimento della carbon neutrality entro 2050, come la maggioranza dei Paesi del gruppo dei paesi industrializzati, ma questo impegno non è legalmente vincolante – si tratta, per ora, solo di un annuncio governativo. A confronto, le vicine Francia e Germania hanno non solo stabilito il target nel corpus normativo, ma anche previsto revisioni annuali per monitorare i progressi verso il target, nonché pubblicato un programma vero e proprio. Fra i 12 Paesi del G20 che hanno fissato un obiettivo di carbon neutrality, solo Cina, Argentina e Brasile, oltre all'Italia, hanno limitato l'impegno verso le zero emissioni nette a un mero annuncio governativo.
“I piani climatici di molti paesi ritardano l'azione fino a dopo il 2030”, ha ammonito l'Unep nel suo factsheet, “dodici membri del G20 hanno promesso un obiettivo di zero emissioni, ma sono ancora molto ambigui. Pochi degli obiettivi nationally determined contribution (Ndc) dei membri del G20 sono coerenti con il raggiungimento di emissioni nette zero entro la metà del secolo. Dei nove paesi del G20 per i quali sono disponibili sia un obiettivo netto-zero sia una valutazione Ndc, solo cinque” presentano “un percorso diretto e lineare verso il raggiungimento dei loro obiettivi di zero emissioni”. Fra questi ultimi l'Italia non c'è.
In particolare, l'Italia ha sì dichiarato il raggiungimento della carbon neutrality entro 2050, come la maggioranza dei Paesi del gruppo dei paesi industrializzati, ma questo impegno non è legalmente vincolante – si tratta, per ora, solo di un annuncio governativo. A confronto, le vicine Francia e Germania hanno non solo stabilito il target nel corpus normativo, ma anche previsto revisioni annuali per monitorare i progressi verso il target, nonché pubblicato un programma vero e proprio. Fra i 12 Paesi del G20 che hanno fissato un obiettivo di carbon neutrality, solo Cina, Argentina e Brasile, oltre all'Italia, hanno limitato l'impegno verso le zero emissioni nette a un mero annuncio governativo.
“I piani climatici di molti paesi ritardano l'azione fino a dopo il 2030”, ha ammonito l'Unep nel suo factsheet, “dodici membri del G20 hanno promesso un obiettivo di zero emissioni, ma sono ancora molto ambigui. Pochi degli obiettivi nationally determined contribution (Ndc) dei membri del G20 sono coerenti con il raggiungimento di emissioni nette zero entro la metà del secolo. Dei nove paesi del G20 per i quali sono disponibili sia un obiettivo netto-zero sia una valutazione Ndc, solo cinque” presentano “un percorso diretto e lineare verso il raggiungimento dei loro obiettivi di zero emissioni”. Fra questi ultimi l'Italia non c'è.
La maggior parte degli obiettivi” annunciati finora dai Paesi del G20, “sono poco chiari o indecisi se includere o meno le compensazioni relative alle emissioni del trasporto aereo e marittimo internazionale”. Una “mancanza di chiarezza che è “notevole anche per la copertura delle emissioni legate al gas”. In entrambi i casi, l'Italia non ha preso impegni chiari (l'Unep piazza una serie di punti interrogativi nelle caselle, visibili nel grafico in basso).

Rispetto ai precedenti impegni dei Paesi del G20 il divario fra le emissioni previste in riduzione e quelle necessarie per contenere il riscaldamento globale a 2 gradi è “ampio”.
“I nuovi impegni per il 2030 riducono le emissioni previste per il 2030 solo del 7,5%, mentre per i 2°C è necessario 30% e per gli 1,5°C del 55%.

Se si allarga lo sguardo, le premesse che anticipano l'imminente Conferenza sul clima di Glasgow (Scozia) non sono delle migliori. Infatti, il riscaldamento globale, stando agli impegni assunti dai vari Paesi fino ad ora, condurrebbe il pianeta verso un riscaldamento di 2,7 gradi entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. “Questo provocherebbe cambiamenti catastrofici sul clima terrestre”, ha dichiarato l'Unep. Allo stato attuale, le emissioni globali andrebbero ad aumentare del 16% nel 2030 rispetto a quelle del 2010, ha affermato un'altra analisi delle Nazioni Unite. In questo momento, dunque, le "parole" restano ancora "vuote", come affermato nella pre-Cop26 dall'attivista svedese Greta Thunberg. La conferenza di Glasgow sarà un'occasione per superare il "blablabla", anche se l'attuale crisi energetica - è l'esigenza di garantire per diverso tempo ancora un'offerta di combustibili fossili adeguata - renderà l'obiettivo particolarmente complicato.

Rispetto ai precedenti impegni dei Paesi del G20 il divario fra le emissioni previste in riduzione e quelle necessarie per contenere il riscaldamento globale a 2 gradi è “ampio”.
“I nuovi impegni per il 2030 riducono le emissioni previste per il 2030 solo del 7,5%, mentre per i 2°C è necessario 30% e per gli 1,5°C del 55%.
Se si allarga lo sguardo, le premesse che anticipano l'imminente Conferenza sul clima di Glasgow (Scozia) non sono delle migliori. Infatti, il riscaldamento globale, stando agli impegni assunti dai vari Paesi fino ad ora, condurrebbe il pianeta verso un riscaldamento di 2,7 gradi entro la fine del secolo, rispetto ai livelli pre-industriali. “Questo provocherebbe cambiamenti catastrofici sul clima terrestre”, ha dichiarato l'Unep. Allo stato attuale, le emissioni globali andrebbero ad aumentare del 16% nel 2030 rispetto a quelle del 2010, ha affermato un'altra analisi delle Nazioni Unite. In questo momento, dunque, le "parole" restano ancora "vuote", come affermato nella pre-Cop26 dall'attivista svedese Greta Thunberg. La conferenza di Glasgow sarà un'occasione per superare il "blablabla", anche se l'attuale crisi energetica - è l'esigenza di garantire per diverso tempo ancora un'offerta di combustibili fossili adeguata - renderà l'obiettivo particolarmente complicato.