A cosa serve, in pratica, l'euro digitale

Alberto Battaglia
19.11.2021
Tempo di lettura: 5'
A dispetto delle apparenze, la Cbdc che la Bce sta valutando di creare non somiglia a qualcosa che esiste già

In un mondo pieno di pagamenti elettronici veloci e già abbastanza abituato a fare a meno del contante, l'idea di una moneta digitale pubblica sembra una specie di doppione. Il membro del comitato esecutivo Bce, Fabio Panetta, spiega perché non è così

Alcuni giorni fa la ceo di una delle banche che sta collaborando con la Bank of England nello sviluppo della sua moneta digitale, il “britcoin”, aveva sollevato un dubbio che, probabilmente è passato anche nella mente di molti lettori: "Tutto ciò che facciamo in questo spazio”, quello delle monete digitali delle banche centrali (Cbdc) deve risolvere un problema reale... se vuole fornire un valore reale", aveva dichiarato alla Cnbc. Yuan digitale, euro digitale, sterlina digitale: se ne parla sempre più spesso da almeno un anno questa parte. Ma, esattamente, che problema risolvono?

Non è una domanda che compare di rado quando si parla di blockchain, anche se gli entusiasti – fra cui anche gli analisti di Bank of America – hanno fatto notare che tutte le grandi innovazioni, come Internet o i personal computer, sembravano inizialmente soluzioni alla ricerca di un problema.

Il denaro serve essenzialmente a due cose: prim0, è una riserva di valore e, secondo, è un mezzo di pagamento. Oggi la maggioranza delle persone mette da parte la gran parte della sua liquidità sotto forma di deposito bancario e svolge le operazioni di pagamento tramite contante o, sempre più spesso, attraverso un pagamento elettronico. Considerata la velocità con la quale vengono completate oggi le transazioni e la relativa sicurezza sul fatto che i soldi sul conto bancario non sono in pericolo, è legittimo chiedersi quale valore aggiunto potrebbe mai offrire un nuovo euro digitale. Ovvero, una “versione digitale del contante” direttamente emessa e garantita dalla banca centrale.

Non è forse un doppione inutile che rischia, inoltre, di fare concorrenza alle riserve di valore che oggi sono sotto forma di depositi bancari? Secondo uno dei massimi promotori del progetto, il membro italiano del comitato esecutivo Bce, Fabio Panetta, non è così. L'euro digitale non sarebbe inutile, perché il mondo intorno sta cambiando rapidamente.
“Il ruolo del contante è sfidato dalla digitalizzazione, mentre emergono nuove tecnologie che creano nuove possibilità per le transazioni all'ingrosso” ha spiegato Panetta in un intervento pubblicato sul Financial Times. Anche se in quest'ultimo articolo Panetta non le ha nominate direttamente, sono soprattutto le monete basate su blockchain a rappresentare una possibile alternativa alle funzioni del denaro tradizionale. Una stablecoin come Tether, il cui valore è ancorato al dollaro, può essere percepito come una riserva di valore stabile e, al tempo stesso, essere accettato, come forma di pagamento veicolata non più nel sistema monetario convenzionale, ma attraverso la blockchain.

Se pagare con queste modalità diventerà più veloce e più conveniente rispetto ai sistemi attuali, c'è il rischio che l'utilizzo delle monete convenzionali ceda il passo ai gettoni di emissione privata. “Per continuare a svolgere il suo ruolo di ancora del sistema monetario, la moneta della banca centrale dovrà rispondere alle esigenze in evoluzione” ha scritto Panetta e “intensificare il lavoro sulle valute digitali delle banche centrali”.

L'euro digitale è quindi un concorrente pubblico che entrerebbe nell'arena, sempre più affollata, dei mezzi di pagamento. E quale problema risolve, allora? Più che di un bisogno immediato dei consumatori, ci sembra che si tratti di un piano più ampio per assicurare la stabilità finanziaria nei prossimi anni. Panetta ha espresso il concetto nei seguenti termini:
“Alcuni hanno sostenuto che le Cbdc per i cittadini al dettaglio sarebbero superflue, data la vasta offerta di mezzi di pagamento digitali privati. A mio parere, è vero il contrario. Il buon funzionamento dei pagamenti, che è fondamentale per la stabilità monetaria e finanziaria, dipende in ultima analisi dal fatto che la moneta sovrana continui a svolgere il suo ruolo di ancoraggio nell'era digitale”.

Un mondo in cui i pagamenti fossero in buona parte condotti per mezzo delle stablecoin solleverebbe, infatti, alcuni importanti interrogativi. Cosa succede se le società che emettono i token si rivelano incapaci di convertirli (nei rapporti stabiliti) con la moneta tradizionale? Quali spazi si aprirebbero per l'economia sommersa e l'evasione fiscale? Quanto denaro sarebbe spostato dai depositi bancari alle forme di moneta alternativa, sottraendosi così alle politiche monetarie e limitando le risorse che possono essere indirizzate verso l'attività di credito?

“In effetti, la storia ci ha ripetutamente mostrato che diverse forme di denaro privato che coesistono in assenza di denaro sovrano portano a crisi” ha dichiarato Panetta, “l'obiettivo politico primario di un euro digitale sarebbe quello di prevenire una tale situazione".

Non sembra un'esigenza particolarmente sentita quando si sceglie come pagare al ristorante, ma questo non significa che tutto il gran parlare di Cbdc sia solo fiato sprecato.
Responsabile per l'area macroeonomica e assicurativa. Giornalista professionista, è laureato in Linguaggi dei media e diplomato in Giornalismo all'Università Cattolica

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