Mediolanum, Randazzo: “La sostenibilità va oltre le emissioni”

Rita Annunziata
6.4.2022
Tempo di lettura: 5'
Gianluca Randazzo, head of sustainability di Banca Mediolanum, svela a We Wealth le strategie green (e non solo) del gruppo per il 2022. Mentre gli intermediari finanziari continuano a fare i conti con un vero e proprio caos regolamentare

Randazzo: “Il rischio greenwashing fa gola. Ma rappresenta un pericolo gravissimo. Se perdiamo la fiducia dei clienti vendendo prodotti che dichiariamo essere sostenibili ma che non lo sono, tradiamo anche i nostri valori”

Il Gruppo di Basiglio ha pubblicato lo scorso 31 marzo la dichiarazione consolidata di carattere non finanziario, il documento annuale che rendiconta le performance in ambito ambientale, sociale e di buona governance

Davanti al cammino per placare la febbre del pianeta, secondo l'ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico, sembrerebbe schiudersi uno spiraglio positivo. A patto di agire “ora o mai più”. E, soprattutto, di un intervento più deciso della finanza. Il ruolo degli istituti di credito, in questo contesto, non si limita a una questione di emissioni. Ma nelle parole di Gianluca Randazzo, head of sustainability di Banca Mediolanum, si estende a orientare flussi di capitali verso business che operano in modo virtuoso. E non solo. Mentre continuano a fare i conti con quello che può essere definito un vero e proprio caos regolamentare.
“Gli intermediari finanziari rivestono un ruolo da protagonisti nel garantire lo sviluppo di un'economia sostenibile”, spiega a We Wealth Randazzo. “L'orientamento di flussi di capitali verso business che operano in modo virtuoso credo sia la soluzione più efficace da seguire. Sostenendo quelle aziende che operano in modo responsabile e dirette a un minore impatto ambientale o a una mitigazione dello stesso”. Il rischio grenwashing, ricorda l'esperto, fa gola. Ma rappresenta “un pericolo gravissimo”. “Se perdiamo la fiducia dei clienti vendendo prodotti che dichiariamo essere sostenibili ma che non lo sono, tradiamo anche i nostri valori”.

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Tuttavia, continua Randazzo, ci sono due tematiche che gli istituti si trovano ad affrontare. La prima riguarda le informazioni a disposizione del sistema per poter agire in tal senso. “Per sapere se un'azienda è sostenibile o meno e inserirla in un fondo comune d'investimento devo analizzarla. È necessario che questi dati vengano forniti dagli info-provider (come Msci, Bloomberg, Crif o Cerved) ma il punto è che ci sono aziende obbligate a divulgarli in Europa in termini di Dichiarazione non finanziaria (Dnf) e altre, in altre parti del mondo, per le quali la diffusione di queste informazioni non è obbligatoria. Il che complica le cose. Senza dimenticare il nodo dell'aggiornamento delle informazioni stesse”.

Tutto questo si inserisce tra l'altro, come anticipato in apertura, in quello che può essere definito un caos regolamentare. Basti pensare alla Sustainable finance disclosure regulation (Sfdr), la normativa europea sull'informativa di sostenibilità nel settore dei servizi finanziari. La scorsa primavera, infatti, è entrata in vigore soltanto la regolamentazione di “primo livello” e non quella di “secondo” che definisce il dettaglio di trasparenza, il template che dovrà assumere la documentazione precontrattuale e le informazioni che dovrà contenere. Standard tecnici che, come annunciato dalla Commissione europea lo scorso dicembre, saranno attuati soltanto a partire dal 1° gennaio 2023. E lo stesso vale per la Tassonomia Ue: in questo caso la Commissione ha pubblicato l'atto delegato e gli allegati contenenti i criteri tecnici relativi ai primi due obiettivi identificati (mitigazione e adattamento al cambiamento climatico), mentre un ulteriore atto relativo agli altri quattro obiettivi (uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine; transizione verso l'economia circolare; prevenzione e controllo dell'inquinamento; protezione della biodiversità e della salute degli eco-sistemi) dovrebbe entrare in vigore allo scoccare del prossimo anno.
Il che, per gli intermediari finanziari, si traduce in svariati dubbi interpretativi. “Noi dobbiamo rispondere nel modo più corretto possibile ai nostri clienti e family banker affinché comprendano in modo chiaro di cosa stiamo parlando. Non è semplice trasferire la normativa al pubblico in modo che sia comprensibile. Ma capisco le complessità che si trova a fronteggiare il regolatore che, per il bene comune, si trova costretto a emanare delle regole difficili da applicare (anche per rispondere a chi cerca di aggirarle)”, osserva Randazzo. Intanto, stando a un recente rapporto della Banca centrale europea dal titolo Ecb report on banks' progress towards transparent disclosure of their climate-related and environmental risk profiles, la qualità delle divulgazioni su clima e ambiente dei 109 istituti sotto la sua supervisione ha conosciuto un certo miglioramento nell'ultimo anno. Ma non è ancora abbastanza: nel 2021 sette banche su dieci hanno divulgato informazioni sulla gestione dei rischi ambientali e climatici, ma solo una su cinque rivela metodologie, metriche e criteri adottati nell'allinearsi agli obiettivi degli Accordi di Parigi. “Ci vuole tempo affinché tutti si muovano verso questa direzione in modo comprensibile”, osserva Randazzo. “La posizione di Mediolanum è quella di incamminarsi in un'ottica di disclosure. La banca, per esempio, ha pubblicato quest'anno le informazioni relative allo Scope 3 (gli impatti ambientali indiretti) che chiaramente sono quelle più difficili da definire per un istituto finanziario perché legate agli asset under management. Sullo Scope 2 (connesso all'energia acquistata e consumata dalla società, ndr) abbiamo invece stretto degli accordi con i nostri fornitori che dovranno fornirci energia certificata da fonti rinnovabili. E stiamo lavorando anche sullo Scope 1, per ridurre le emissioni dirette dell'istituto”.

Ricordiamo che il Gruppo di Basiglio ha pubblicato lo scorso 31 marzo la dichiarazione consolidata di carattere non finanziario, il documento annuale che rendiconta le performance in ambito ambientale, sociale e di buona governance. Nel 2021, tra l'altro, Mediolanum ha fatto il proprio ingresso nel Mib Esg (l'indice lanciato da Euronext e Borsa Italiana) e Flowe (la società benefit del gruppo bancario) ha conseguito la certificazione Bcorp. “Abbiamo un programma di sostenibilità che si basa su obiettivi a 2-3 anni sull'inclusione finanziaria, il supporto alla comunità, la finanza responsabile, la diversity e la gestione della supply chain”, racconta Randazzo. Poi conclude: “Sull'inclusione finanziaria, per esempio, stiamo espandendo il nostro servizio di prestito di soccorso con l'obiettivo di garantire credito ai soggetti non-bancabili (che non possono offrire garanzie) e puntiamo a renderlo disponibile in quasi tutte le regioni italiane entro il 2025. Nell'ambito della diversity, invece, abbiamo identificato un responsabile all'interno dell'azienda e stiamo implementando politiche di comportamento che mirino ad accrescere il valore e la consapevolezza dell'importanza della diversità all'interno dell'azienda. Con un'efficacia che si traduca, nel tempo, in numeri”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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