Ersel, una boutique con nuovi orizzonti

Pieremilio Gadda
Pieremilio Gadda
16.12.2021
Tempo di lettura: 5'
Ersel Spa è il punto di arrivo del processo di integrazione societaria e operativa avviato nel 2018, quando la sim torinese e la Banca Albertini di Milano hanno deciso di unire il proprio destino. L’ad, Andrea Rotti, racconta il modello di wealth management del gruppo. E le strategie per il futuro

“Vogliamo essere il punto di riferimento del wealth management in Italia”, dice Rotti. “Oggi abbiamo una dimensione, patrimoniale e operativa, che rende ancora più credibile, solido, il nostro progetto".

Il 1° gennaio si è concluso il processo di integrazione avviato nel 2018, quando la società finanziaria nata nel 1936 da una famiglia di imprenditori torinesi, i Giubergia, decise di legarsi ad un’altra famiglia, gli Albertini.

Ersel è una boutique con nuovi orizzonti. Il 1° gennaio si è concluso il processo di integrazione avviato nel 2018, quando la società finanziaria nata nel 1936 da una famiglia di imprenditori torinesi, i Giubergia, decise di legarsi ad un’altra famiglia, gli Albertini: un nome storico della finanza milanese che oggi converge sul percorso iniziato nel 1983, quando lo Studio Giubergia Agenti di Cambio divenne Sogersel, per dare vita a una sola azienda: Ersel Spa. Le famiglie azioniste rimangono impegnate nello sviluppo dell’impresa, supportate da una squadra di manager di lungo corso, capitanati dall’ad Andrea Rotti, oggi al timone di un nuovo gruppo bancario, completamente privato. Che si presenta al mercato come il più importante wealth manager italiano indipendente, 20,5 miliardi di masse, di cui 16,8 miliardi afferenti al wealth management. Il resto, in pancia a Online sim, piattaforma italiana di distribuzione online di fondi per clienti privati e istituzionali.

“Vogliamo essere il punto di riferimento del wealth management in Italia”, dice Rotti. “Oggi abbiamo una dimensione, patrimoniale e operativa, che rende ancora più credibile, solido, il nostro progetto. E ci permette di affrontare serenamente le sfide dell’industria, dall’evoluzione del quadro normativo, alla capacità di attrarre nuovi talenti, partendo ovviamente dalla specializzazione: lo abbiamo voluto ribadire esplicitamente anche nel nome del nuovo brand, che sarà Ersel Wealth Management”. A scanso di equivoci.


Ci sono modi molto diversi di fare wealth management. Che wealth sarà quello della “nuova Ersel”?

Quello di sempre, con un perimetro ancora più largo: il nostro modello di business abbraccia tutte le attività che riguardano la gestione del patrimonio, dal private banking all’asset management anche qui abbiamo una lunga tradizione, essendo la prima società di gestione di fondi comuni di investimento autorizzata in Italia, nel 1983 dai servizi fiduciari alla consulenza specialistica per i gruppi familiari e imprenditoriali. In un gruppo sorretto da imprenditori è più semplice comprendere ciò di cui hanno bisogno i nostri clienti, in larga parte esponenti di family business.


Cosa cambierà per i clienti?

Il completamento dell’integrazione ha dei risvolti operativi non banali, per esempio l’adozione di un unico sistema informativo. Negli ultimi tre anni, abbiamo lavorato intensamente per mettere a fattore comune, innovare e far evolvere l'ampia piattaforma di prodotti e servizi pensati per gestire la complessità dei patrimoni delle famiglie imprenditoriali. Ci siamo concentrati sulla personalizzazione delle procedure a supporto dell'attività di wealth management, con le gestioni multilinea, l'advisory evoluto, il credito Lombard, i servizi di wealth planning e family office di Simon Fiduciaria.


Le famiglie wealth chiedono soprattutto personalizzazione del servizio. Cosa vuol dire, concretamente, in relazione alla gestione di portafoglio?

Un esempio: la nuova piattaforma permette di costruire delle gestioni multi-linea: in uno stesso contratto, possono vivere diversi portafogli, uno per la componente core e altri per i posizionamenti tattici o le strategie satellite. Una formula che si presta molto bene per realizzare, nel concreto, una gestione personalizzata. Un altro esempio è l’accesso ai private market da parte dei nostri clienti privati, secondo modalità tipiche degli investitori istituzionali.


Cosa significa?

Negli ultimi anni, abbiamo sviluppato alcune partnership importanti sugli asset illiquidi. Al 2019 risale un accordo distributivo con Muzinich per un fondo eltif specializzato sul private debt. Nel 2020 abbiamo lavorato a un fondo di fondi di private equity con Fondaco, di cui Ersel è storico socio fondatore. Un’alleanza che ci apre le porte ai migliori gestori a livello internazionale, possibilità che ad altri player è preclusa perché i grandi fondi di private equity si muovono con una logica di networking: accolgono, cioè, solo gli investitori professionali con cui lavorano da tempo e con un approccio di lungo periodo. Attraverso uno strumento diversificato, che ha anche una componente di venture capital, noi rendiamo quelle strategie accessibili anche ai clienti del private banking. Nel 2021 abbiamo lanciato un’iniziativa simile con Equiter, specializzata sulle infrastrutture, con un focus sull’Italia: è dedicato alla clientela istituzionale, ma sottoscrivibile anche dai clienti Hnwi, a partire da mezzo milione di euro. Analogamente, stiamo ragionando su una soluzione di private equity immobiliare. Il nostro percorso testimonia la volontà di presidiare questo mercato, che continuiamo a monitorare con grande attenzione. Tra gli asset alternativi, non possiamo dimenticare la strategia event driven (specializzata su operazioni di finanza straordinaria ndr), lanciata nel 2003 con il fondo Hedgersel, che continua a dare ottimi riscontri.


Qual è il vostro posizionamento nel campo delle strategie liquide?

L’asset management è il nostro hub di competenze finanziarie. È un elemento fortemente identitario e sinergico alla gestione del patrimonio. Da una parte, ci sono aree in cui possiamo vantare una lunga tradizione, come l’azionario Italia, che oggi approcciamo con un meccanismo sistematico di copertura, per ridurre la volatilità di portafoglio. Siamo molto bravi nello stock picking globale con un focus su tecnologia e innovazione e abbiamo un team di gestori dedicato all’universo obbligazionario e al mondo dei subordinati bancari. Dove non ci sono competenze adeguate, ci appoggiamo a società terze, attraverso deleghe di gestione: ad esempio, nell’azionario globale, nell’equity americano e nel debito dei mercati emergenti. Stiamo valutando anche una soluzione dedicata al mercato asiatico. Il nostro punto di forza, qui, è la presenza sulla piazza londinese: da oltre 10 anni, il nostro ufficio di Londra seleziona opportunità d'investimento per la clientela istituzionale e Hnwi, sia nei mercati liquidi che nei private market. E poi abbiamo un altro vantaggio rispetto ad altri player: siamo gestori che dialogano con altri gestori: possiamo fare due diligence amministrative e contabili e valorizzare il nostro sistema informativo che vanta un sofisticato processo di risk management interno.


Un wealth management moderno, però, non può limitarsi ad abbracciare la gestione di portafoglio.

I nostri clienti hanno tipicamente patrimoni molto superiori alla classica soglia del private banking, 500mila euro, a fronte di una complessità che richiede competenze specifiche, capaci di andare ben oltre il perimetro degli investimenti. Attraverso Simon Fiduciaria e i nostri team di wealth analysis e wealth planning, che comprendono XX professionisti siamo operativi in tutte le aree che vanno dal trust all’intestazione fiduciaria, dall’ottimizzazione fiscale all’analisi dei costi e del rischio complessivo del patrimonio, ovunque sia detenuto, fino alla pianificazione successoria, ai servizi di consulenza sull’arte e sul mercato immobiliare. Come si vede, è un modello distintivo rispetto all’offerta delle banche universali e a quello delle reti di consulenza finanziaria. Facciamo cose diverse. Attraverso la fiduciaria possiamo anche supportare dal punto di vista amministrativo l’attività di club deal, anche per conto di terzi.


Ersel rimarrà focalizzata sull’asse Milano Torino?

Oggi vantiamo una squadra di 80 banker, con portafogli da 150-200 milioni di euro. L’obiettivo è acquisire due o tre senior banker ogni anno. Sicuramente vogliamo rafforzare la nostra presenza su Milano, dove abbiamo appena aperto una nuova prestigiosa sede in via Caradosso, ma anche in Veneto, dove abbiamo già dei clienti. Un’altra area di sviluppo commerciale molto concreto è su Roma. La nostra boutique è diventata grande. E continueremo a crescere.

Direttore del magazine We wealth direttore editoriale della redazione di We Wealth. Nato a Brescia, giornalista professionista, è laureato in Relazioni Internazionali presso l’Università Cattolica di Milano. Nel passato ha coordinato la redazione di Forbes Italia e Collabora anche con l’Economia del Corriere della Sera e Milano Finanza.

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