Il private debt alla conquista degli Hnwi

Laura Magna
Laura Magna
22.2.2021
Tempo di lettura: 5'
L'economia reale è fatta per lo più da pmi, che mai come ora, necessitano di liquidità. Il credito bancario non basta più, perché non riesce a soddisfare la domanda delle imprese ma anche perché, se rimane l'unica fonte di finanziamento, ne limita la crescita. Ecco qual è in questo contesto il ruolo del private banking, secondo Giovanni Andrea Incarnato di EY

Le pmi rappresentano circa il 99% delle imprese in tutte le aree geografiche. Non sono tutte uguali: quelle nordamericane sono in media molto più grandi rispetto alle altre aree (1,55% di large companies vs 0,86% in Europa, 0,35% in Italia e 1% in Asia). Ma hanno un tratto comune: fanno fatica a effettuare passaggi generazionali efficaci e ad aprire il capitale

Il mercato degli Investimenti alternativi sta sperimentando un'enorme crescita negli ultimi anni. L'AuM nel 2017 risultava di 8,8mila miliardi di dollari con un Cagr 2008-2017 del 12%. “Tale crescita è dovuta soprattutto agli investitori in cerca di diversificazione e migliori performance sugli investimenti. Secondo le proiezioni questa industry potrebbe raggiungere un valore di 14mila miliardi di AuM nel 2023”, sostiene Incarnato

Le pmi, cuore pulsante delle economie di tutto il mondo, dovrebbero dipendere meno dal sistema bancario e aprirsi a nuove fonti di finanziamento, a partire da private equity e private debt. Questa differenziazione aumenta il loro valore complessivo e la propria redditività. Ma per riuscire nell'intento le pmi devono rendersi appetibili agli occhi dei potenziali investitori, migliorando la governance. E in questo il private banking può fare la differenza, accompagnando il flusso di denaro dai propri clienti all'economia reale da un lato e dall'altro contribuendo a insegnare le buone pratiche agli imprenditori che guidano le pmi – dalla pianificazione del passaggio generazionale, a quella fiscale, fino a porre ai vertici manager esterni e tutte le competenze che il mercato richiede. La ricetta è quella di Giovanni Andrea Incarnato, Italy wealth & asset management industry leader di EY.

Clienti private verso l'economia reale


Il momento è propizio. La necessità di differenziare le fonti di finanziamento delle pmi si confronta infatti con un appetito crescente di investitori istituzionali e private per i prodotti alternativi, che si attende registreranno tassi di crescita positivi nei prossimi anni. In particolare, sembra esserci una tendenza a incrementare gli investimenti in private equity in modo diretto. “Il private banking – dice Incarnato - può svolgere un ruolo determinante: proponendo alla clientela, soprattutto imprenditori, tipologie di investimento alternative, quali private equity e private debt, e specifici servizi finanziari: asset allocation, investimenti esenti dalle tasse, consulenza su investimenti filantropici e specializzati, insight sul mercato; e aiutando nello specifico i clienti private imprenditori con servizi non finanziari, che vanno dal trasferimento generazionale alla consulenza sulla governance, fino alla pianificazione fiscale e alla tutela degli interessi a 360°: tutto ciò contribuisce a rendere le imprese di loro proprietà appetibili agli occhi dei potenziali investitori”.

Pmi, cuore pulsante delle economie (con qualche bug)


Le pmi rappresentano circa il 99% delle imprese in tutte le aree geografiche. Non sono tutte uguali: quelle nordamericane sono in media molto più grandi rispetto alle altre aree (1,55% di large companies vs 0,86% in Europa, 0,35% in Italia e 1% in Asia). In Italia, inoltre, le imprese sono mediamente più piccole rispetto all'Europa. Ma un fatto è certo: le pmi rappresentano una realtà fondamentale nel panorama economico di ogni singolo stato. Esse contribuiscono in maniera rilevante alla crescita del valore aggiunto (pesano per il 56% di quello prodotto nei Paesi Ue) e dell'occupazione e il sottoinsieme delle piccole presenta risultati migliori in termini di redditività rispetto alle medie. Ma le pmi presentano anche dei vulnus: “in particolare, la prevalenza di una governance familiare e la difficoltà a pianificare un passaggio generazionale efficace. Spesso confondono i beni dell'impresa con i beni familiari. Da qui la necessità di supportare il cliente imprenditore con servizi di wealth planning dedicati, al fine di rendere l'azienda appetibile per investitori sempre più sensibili alla qualità della governance aziendale”, dice Incarnato.

Ridurre la dipendenza dal credito bancario


Che pure rileva che pian piano anche in Italia le cose stanno cambiando. “Le imprese in generale, e in particolare le pmi, evolvono e lo dimostra anche il fatto che si stiano orientando sempre di più verso la ricerca di forme di finanziamento quali private debt e fonti di finanziamento alternative a discapito del credito bancario: private equity, peer to peer lending, Fintech, crowdfunding”, dice Incarnato. Anche questo trend precede il Covid: ed è generato dal rallentamento economico e dall'irrigidimento dei credit standard. “Le banche, infatti, presentano una minore tolleranza al rischio e alla possibile insolvenza delle controparti” dice Incarnato “Ne risentono maggiormente le piccole e medie imprese, infatti il tasso di rigetto dei prestiti è in aumento in tutta Europa”.

Si fanno strada il leasing e il factoring; il private debt (cresciuto del 10% nel 2017 a livello globale, 27% in Europa), che è particolarmente rilevante per le pmi più grandi e mature; ma anche il venture capital e le quotazioni e le alternative offerte dal mercato online e le FinTech companies, come l'equity crowdfunding, il peer-to-peer lending e l'Initial Coin Offerings nei mercati più evoluti come Cina, Usa e Uk.

Il boom degli asset alternativi


Il mercato degli Investimenti Alternativi sta sperimentando un'enorme crescita negli ultimi anni. L'AuM nel 2017 risultava di 8,8mila miliardi di dollari con un CAGR 2008-2017 del 12%. “Tale crescita è dovuta soprattutto agli investitori in cerca di diversificazione e migliori performance sugli investimenti. Secondo le proiezioni questa industry potrebbe raggiungere un valore di 14mila miliardi di AuM nel 2023”, sostiene Incarnato.

Tutte le tipologie di alternativi mostrano trend di crescita elevati. Le principali categorie sono il private equity e gli hedge funds, ma il private debt e le infrastructures hanno mostrato un consistente tasso di crescita nel periodo considerato.

... e del private debt


Il private equity e gli hedge funds rappresentano circa il 75% AuM, ma nei prossimi anni si prevede che il loro peso si ridimensionerà.  Con il private debt, infatti, potrebbe raddoppiare in dimensione e diventare la terza asset class dopo le due principali. Le crescite maggiori si predicono sulle natural resources e le infrastructures (attualmente le meno sviluppate), mentre gli hedge funds sarebbero la categoria con la crescita più bassa.

Tornando all'Italia, secondo “il rapporto Cerved Pmi 2019 le pmi italiane che risultano essere meno dipendenti dalle banche presentano una redditività operativa superiore rispetto a quelle più dipendenti (5,6% vs 3%)”, conclude Incarnato “Il dato da solo sintetizza tutto il tema e invita a una seria riflessione sul valore dei privati markets per l'economia reale”.
Giornalista professionista dal 2002, una laurea in Scienze della Comunicazione con una tesi sull'intelligenza artificiale e un master della Luiss in Giornalismo e Comunicazione di Impresa. Scrivo di macroeconomia, mercato italiano e globale, investimenti e risparmio gestito, storie di aziende. Ho lavorato per Il Mattino di Napoli; RaiNews24 e la Reuters a Roma; poi Borsa&Finanza, il Mondo e Plus24 a Milano. Oggi mi occupo del coordinamento del Magazine We Wealth (e di quello di tre figli tra infanzia e adolescenza). Collaboro anche con MF Milano Finanza.

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