Usa, il 53% degli investitori millennial cerca un consulente

2.9.2021
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Mentre spopola l'investimento in autonomia, anche il robo advisor è un'alternativa che attira i più giovani
Un nuovo sondaggio Broadridge, condotto sui risparmiatori americani, ha mostrato come la forte diffusione dei conti di intermediazione per operare sui mercati vada di pari passo con il desiderio di essere affiancati da un consulente
A motivare quest'ultimo bisogno sono soprattutto la sensazione di essere distanti dai propri obiettivi finanziari e il desiderio di moderare l'ansia associata alle operazioni sui mercati
Per una fetta consistente degli investitori americani che finora ha optato per il fai-da-te potrebbe presto iniziare la ricerca di un consulente finanziario, con l'obiettivo di migliorare i propri progressi verso l'obiettivo o di ridurre l'ansia associata alle operazioni sui mercati. Secondo un nuovo sondaggio condotto da 8 Acre Perspective per conto di Broadridge, il 46% degli investitori statunitensi senza consulente, progettano di assumerne uno in futuro; e la percentuale sale al 53% fra i millennial intervistati. Il campione di 1000 investitori americani (con asset investibili di almeno 10mila dollari e un reddito a partire dai 25mila dollari) è stato raggiunto fra il marzo e l'aprile dell'anno scorso.
Fra i millennial che hanno in mente di assumere un advisor, la principale motivazione (citata dal 53%) è data dal timore di essere disallineati con i propri obiettivi finanziari. Nel gruppo più generale degli investitori che intendono passare a un consulente il 46% afferma che l'obiettivo della relazione sarebbe ridurre lo stress finanziario.
Fra i millennial che hanno in mente di assumere un advisor, la principale motivazione (citata dal 53%) è data dal timore di essere disallineati con i propri obiettivi finanziari. Nel gruppo più generale degli investitori che intendono passare a un consulente il 46% afferma che l'obiettivo della relazione sarebbe ridurre lo stress finanziario.
Chi è cresciuto al volgere del millennio, inoltre, sembra decisamente più aperto all'idea di affidarsi a un robo advisor. In generale, solo il 6% degli intervistati fa uso di questa tecnologia e uno su tre afferma di essere a conoscenza di come funzioni. Ma ben il 76% dei millennial che hanno familiarità con il concetto di robo advisory, si dice pronto a provarlo entro un anno.
La diffusione dell'investimento in autonomia
Sempre nella fascia generazionale più giovane è assai rilevante la quota di investitori che gestisce un conto di intermediazione per operare sui mercati: lo ha aperto il 65% dei millennial e oltre la metà (52%) di tutti gli investitori intervistati. La popolarità dei brokerage account è più elevata fra i soggetti particolarmente abbienti (l'ha aperto il 64% degli Hnwi), ma risulta elevata anche fra i mass affluent (sotto il milione di dollari investibili) e nel mass market (sotto i 100mila dollari investibili), rispettivamente al 52 e 49%. Per il 28% degli investitori, inoltre, il fatto di aver aperto un conto di intermediazione non ha escluso la compresenza di un consulente finanziario.
"Nella finanza l'ultimo anno è stato segnato dalle esperienze high-touch e high-tech, con la tecnologia che rende i mercati sempre più accessibili. I consulenti finanziari si trovano ora in un momento critico in cui devono dimostrare direttamente il loro valore fornendo strumenti, prodotti e consigli incentrati sul cliente", ha detto Andrew Guillette, vicepresidente di Distribution Insights, Americas di Broadridge. "I gestori patrimoniali – ha aggiunto – hanno l'opportunità di fornire gli strumenti tecnologici più aggiornati e i nuovi prodotti per aiutare i consulenti a soddisfare questa domanda mutevole".
Sembra che gli investimenti fai-da-te si faranno più fitti nei prossimi 12 mesi, dal momento che un terzo degli intervistati prevede di incrementare la frequenza del proprio trading e (solo il 5% di diminuirla). Del resto, la maggioranza degli investitori ha una visione (molto o in una certa misura) positiva per il futuro sia dell'economia americana sia del mercato azionario Usa, rispettivamente nel 49 e nel 53% dei casi.