Mps: stop alle trattative Unicredit-Mef, s'infiamma il risiko bancario

Rita Annunziata
25.10.2021
Tempo di lettura: 5'
Interrotte le trattative tra Mef e Unicredit per la cessione di una parte degli asset di Mps. Aperta l'ipotesi stand-alone. Risicata, secondo Filippo Diodovich di IG Italia, la possibilità di una discesa in campo di nuovi acquirenti nel breve termine

Il destino di Mps torna nelle mani del Tesoro, che entro fine anno dovrebbe cedere la sua quota del 64,2% della banca senese

Tra le opzioni vi è la cessione di una parte dei crediti a soggetti come Amco, parallelamente a un aumento di capitale da 2,5-3 miliardi

Filippo Diodovich, IG Italia: “Aumenteranno le indiscrezioni su un possibile matrimonio tra Banco Bpm e Unicredit”

Sembravano essere pronti a scrivere le ultime battute sulla messa in sicurezza definitiva di Monte dei Paschi, ma i tre mesi di due diligence e trattative non sono bastati a trovare una quadra. Il duo Unicredit-Mef, in una nota congiunta, ha annunciato “l'interruzione dei negoziati relativi alla potenziale acquisizione di un perimetro definito” della banca senese, sottolineando l'insufficienza dell'impegno “profuso tra entrambe le parti”. Il destino di Mps torna dunque nelle mani del Tesoro, che entro fine anno dovrebbe cedere la sua quota del 64,2%. Stando ai rumors, una delle ipotesi percorribili (da vagliare con Bruxelles) è una proroga di almeno sei mesi, ma la partita resta aperta.

Il futuro di Monte dei Paschi


Il Tesoro, per gli analisti, potrebbe valutare ora la fattibilità del modello stand-alone ma dovrà comunque fare i conti con le richieste della Banca centrale europea. Tra le opzioni sul piatto vi è la cessione di una parte dei crediti a soggetti come Amco (che ha avuto accesso a sua volta alla data room focalizzata sugli aspetti inerenti ai crediti deteriorati e crediti classificati come Stage 2, come annunciato in una nota ufficiale lo scorso 31 agosto), parallelamente a un aumento di capitale da 2,5-3 miliardi di euro che potrebbe salire fino a 4 miliardi secondo alcune indiscrezioni. Ma affinché ciò avvenga, come anticipato, bisognerà concordare con la Dg Comp (la direzione generale della concorrenza della Commissione europea) una proroga della cessione della quota del capitale. Sembrerebbe aprirsi anche lo scenario di una discesa in campo di un altro partner industriale. L'alternativa Banco Bpm è stata smentita da Piazza Meda, che tra l'altro potrebbe entrare nel mirino anche della stessa Unicredit. Quanto a Piazza Gae Aulenti, infatti, le mire di Andrea Orcel potrebbero tornare a direzionarsi sull'accrescimento della redditività della banca sia in maniera organica sia tramite acquisizioni.
“Riteniamo che lo scenario di una nuova operazione M&A abbia al momento poche chance perché la possibilità di nuovi acquirenti è molto risicata nonostante le condizioni favorevoli portate avanti dal governo”, osserva Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia. “Le indiscrezioni di stampa avevano portato a pensare a Banco Bpm, che tuttavia ha smentito la possibilità di una tale operazione. E chiunque si siederà al tavolo delle negoziazioni richiederà le stesse condizioni estremamente favorevoli poste da Unicredit. Nel risiko bancario non è esclusa la possibilità che Tesoro e vertici di Unicredit possano tornare al tavolo delle trattative e trovare un compromesso sulle questioni che hanno fatto saltare l'accordo”. Secondo Diodovich, Mps rappresenta in questo contesto il titolo più penalizzato in assoluto. “I rischi sono elevati per ulteriori ribassi poiché l'aumento di capitale potrebbe essere ingente e difficilmente si troveranno fondi sul mercato”, precisa. Quanto a Unicredit, il titolo “non dovrebbe essere appesantito dal dossier Monte dei Paschi” e Orcel “guarderà ad altre occasioni per le operazioni straordinarie del gruppo”. Banco Bpm, infine, è il titolo che “potrebbe beneficiare di più” del mancato accordo. “Non crediamo che l'amministratore delegato Castagna possa essere interessato a Mps, mentre aumenteranno le indiscrezioni su un possibile matrimonio tra Banco Bpm e Unicredit”, conclude Diodovich.

Le ragioni del dietrofront


Ricordiamo che lo scorso luglio piazza Gae Aulenti aveva annunciato l'avvio di interlocuzioni in esclusiva col Mef per “verificare la fattibilità dell'operazione” che gli avrebbe garantito di “accelerare i piani di crescita organica e agevolare il raggiungimento di ritorni sostenibili superiori al costo del capitale”. Ma anche di rafforzare il proprio posizionamento competitivo in Italia, con un occhio specialmente al centro-nord, sede del 77% degli sportelli di Mps. Lo stesso ministro dell'Economia, Daniele Franco, aveva avvertito che il governo non avrebbe chiuso “a ogni costo” ma avrebbe proposto “un pacchetto finale” solo qualora si fosse rivelato “adeguato”. Ma alla fine il Tesoro non ha accettato la richiesta di Unicredit di una ricapitalizzazione di oltre 7 miliardi di euro, ritenendo l'operazione “troppo punitiva” per i contribuenti italiani.

Le reazioni politiche e sindacali


Lo stop è stato accolto positivamente dai deputati del Movimento 5 Stelle, che in Commissione Finanze alla Camera hanno auspicato che “la trattativa torni su binari normali e che si ricominci a discutere per trovare la migliore soluzione possibile per Monte dei Paschi”. È necessario pertanto, aggiungono i pentastellati, “ottenere prima di tutto una proroga dei negoziati per capire se c'è spazio per una mediazione”. “L'impressione è che Unicredit pensava di partecipare a una svendita e invece il ministero del Tesoro è stato assolutamente corretto. Serve ora più tempo con l'Europa per avere altre opzioni sul tavolo e che queste opzioni abbiano la possibilità di mettere in atto gli impegni: salvaguardia dell'occupazione, della banca e del marchio”, ha commentato il segretario del Pd Enrico Letta nel corso della trasmissione “Che tempo che fa”. Sul nodo-proroga anche Carla Ruocco, presidente della Commissione d'inchiesta sulle banche all'Adnkronos. “Bisogna assolutamente capitalizzare e ottenere con Bruxelles una proroga dei termini per una giusta valorizzazione” di Mps “con degli acquirenti più propensi ad ascoltare le condizioni del Tesoro”, ha aggiunto. In questa trattativa con Unicredit, spiega, “il Tesoro ha messo i paletti e ha fatto una mossa che ha salvaguardato le casse dello Stato. È un segnale positivo”.

Quanto al capitolo esuberi, interviene infine Emilio Contrasto, segretario generale di Unisin-Confsal. “Non entriamo nel merito dei motivi che hanno causato il fallimento della trattativa ma, come abbiamo sempre sostenuto, nessuna operazione potrà fondarsi su licenziamenti”, spiega. “È necessario comprendere senza ulteriori indugi quale è la strada che il Mef intende percorrere per mettere in sicurezza, una volta e per tutte, la banca. Nelle more, occorrerà immediatamente procedere con la ricapitalizzazione di Mps e con la proroga dei termini imposti dall'Unione europea per permettere al Mef di rimanere azionista di riferimento”. Secondo Contrasto, la banca senese “sta dando segnali di ripresa e vitalità grazie soprattutto ai sacrifici che già da tempo stanno sostenendo lavoratrici e lavoratori”. Occorrerà dunque “salvaguardare in modo strutturale la banca, i livelli occupazionali, le professionalità, il marchio, i legami coi territori e la clientela. Il tutto minimizzando, al tempo stesso, gli impatti sulla finanza pubblica e sulla fiscalità generale”.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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