Il greenwashing delle banche: 742 miliardi all'industria fossile

1.4.2022
Tempo di lettura: 5'
60 banche, a dispetto degli impegni assunti sul clima, hanno erogato lo scorso anno 742 miliardi all'industria fossile. Ecco quali
Dagli Accordi di Parigi del 2016 le più grandi banche al mondo hanno erogato al settore dei combustibili fossili ben 4.600 miliardi di dollari, con un picco di 830 miliardi solo nel 2019
Fanno da padrone le Big four (JpMorgan Chase, Citi, Wells Fargo e Bank of America) che insieme rappresentano un quarto di tutti i finanziamenti concessi negli ultimi sei anni
JpMorgan Chase, Wells Fargo, Citi e Bank of America. Ma anche le italiane Intesa Sanpaolo e Unicredit. Sono solo alcune delle banche che, secondo una nuova analisi dal titolo Banking on climate chaos curata da sei organizzazioni governative, hanno concesso all'industria dei combustibili fossili finanziamenti per 742 miliardi di dollari solo lo scorso anno. Un dato lievemente in calo rispetto ai 750 miliardi del 2020 ma che stride con gli impegni assunti sul clima anche dalle 44 firmatarie della Net-zero banking alliance. E che rischia di venir esacerbato dalle più attuali tensioni nell'Est Europa, che alimentano le aspettative di un boom della domanda di carbone, petrolio e gas almeno nel breve termine.
Lo studio è stato condotto su un campione di 60 istituti di credito da Rainforest Action Network, BankTrack, Indigenous Environmental Network, Oil Change International, Reclaim Finance, Sierra Club e Urgewald. Mettendo in evidenza come, fin dagli Accordi di Parigi del 2016, le più grandi banche al mondo abbiano erogato al settore dei fossili ben 4.600 miliardi di dollari con un picco di 830 miliardi solo nel 2019. Fanno da padrone le Big four statunitensi (JpMorgan Chase, Citi, Wells Fargo e Bank of America) che insieme rappresentano un quarto di tutti i finanziamenti concessi negli ultimi sei anni.
Si parte da JpMorgan Chase che ha erogato all'industria dei combustibili fossili 61,7 miliardi di dollari di finanziamenti solo nel 2021. Anche se, stando a quanto dichiarato a We Wealth dalla multinazionale americana di servizi finanziari, nel corso dello scorso anno avrebbe “facilitato più di 100 miliardi di attività green negli ambiti delle energie rinnovabili, efficienza energetica e trasporti sostenibili” oltre che raddoppiato le proprie attività di investment banking green. Sforzi che, spiegano, avvicinano l'istituto all'obiettivo “di facilitare un trilione di attività green entro i prossimi dieci anni” mentre pone in essere “scelte pragmatiche per raggiungere il target di riduzioni di emission intensity entro il 2030 nei settori oil&gas, energia e automotive, aiutando il pianeta a soddisfare i propri bisogni energetici in modo sicuro ed economicamente sostenibile”.
Seguono Wells Fargo, che ha sbloccato 46,2 miliardi di dollari per l'industria fossile nel 2021. E Citi, che ha fornito al settore 41,3 miliardi di finanziamenti (seppur in calo rispetto ai 48,9 miliardi dell'anno prima). A chiudere il cerchio delle Big Four è Bank of America, che ha ridotto le proprie attività di finanziamento ai combustibili fossili dai 42,1 miliardi del 2020 ai 31,9 miliardi del 2021. Guardando alle italiane, Unicredit e Intesa Sanpaolo ottengono rispettivamente il 37° e il 43° posto in classifica. La prima, secondo i dati raccolti dalle sei organizzazioni governative, ha messo sul piatto delle fossili 4,7 miliardi di dollari nel 2021 mentre per la seconda si parla di 3,6 miliardi. Unicredit, intercettata da We Wealth, ha dichiarato di aver recentemente migliorato le “politiche su carbone, petrolio e gas, rafforzando i principi che modellano” il proprio modo di operare. “Continuiamo a progredire nel nostro impegno verso il net-zero e incorporiamo l'Esg in tutte le aree del business, rafforzando al contempo la cultura aziendale con lo scopo comune di contribuire a una società migliore e più sostenibile”, ha aggiunto. Intesa Sanpaolo, invece, ricorda l'impegno previsto dal Piano d'Impresa 2022-2025 rispetto alle iniziative riguardanti il clima e l'ambiente. Tra queste, zero emissioni nette proprie entro il 2030; zero emissioni nette entro il 2050 per i portafogli prestiti e investimenti e per l'asset management e l'attività assicurativa; e il credito sostenibile, mettendo a disposizione flussi cumulati di nuovi finanziamenti pari a 88 miliardi di euro di cui 8 miliardi dedicati all'economia circolare.
Lo scorso anno, ricordano i ricercatori, l'Agenzia internazionale per l'energia ha pubblicato un rapporto in cui sottolinea come uno scenario di contenimento del riscaldamento globale a 1,5°C (in linea con gli Accordi di Parigi) escluderebbe la nascita di nuovi giacimenti di petrolio e gas. Ma nessuna delle banche che si sono impegnate a raggiungere lo zero netto negli ultimi anni ha annullato i finanziamenti all'industria fossile. Anzi. Dei 145,9 miliardi dispiegati dalle 44 banche che hanno aderito alla Net-zero banking alliance ben 11,6 miliardi hanno raggiunto QatarEnergy, 13 miliardi Saudi Aramco e 10 miliardi ExxonMobil. Non mancano però alcuni casi di successo. Nella giusta direzione, secondo i ricercatori, si starebbe incamminando La Banque Postale che nel 2021 si è impegnata a porre fine ai finanziamenti alle società che contribuiscono all'espansione del settore del petrolio e del gas, fino ad azzerarli entro il 2030. Ma anche Crédit Agricole e Nordea Bank, che hanno assunto impegni simili sul carbone.
Seguono Wells Fargo, che ha sbloccato 46,2 miliardi di dollari per l'industria fossile nel 2021. E Citi, che ha fornito al settore 41,3 miliardi di finanziamenti (seppur in calo rispetto ai 48,9 miliardi dell'anno prima). A chiudere il cerchio delle Big Four è Bank of America, che ha ridotto le proprie attività di finanziamento ai combustibili fossili dai 42,1 miliardi del 2020 ai 31,9 miliardi del 2021. Guardando alle italiane, Unicredit e Intesa Sanpaolo ottengono rispettivamente il 37° e il 43° posto in classifica. La prima, secondo i dati raccolti dalle sei organizzazioni governative, ha messo sul piatto delle fossili 4,7 miliardi di dollari nel 2021 mentre per la seconda si parla di 3,6 miliardi. Unicredit, intercettata da We Wealth, ha dichiarato di aver recentemente migliorato le “politiche su carbone, petrolio e gas, rafforzando i principi che modellano” il proprio modo di operare. “Continuiamo a progredire nel nostro impegno verso il net-zero e incorporiamo l'Esg in tutte le aree del business, rafforzando al contempo la cultura aziendale con lo scopo comune di contribuire a una società migliore e più sostenibile”, ha aggiunto. Intesa Sanpaolo, invece, ricorda l'impegno previsto dal Piano d'Impresa 2022-2025 rispetto alle iniziative riguardanti il clima e l'ambiente. Tra queste, zero emissioni nette proprie entro il 2030; zero emissioni nette entro il 2050 per i portafogli prestiti e investimenti e per l'asset management e l'attività assicurativa; e il credito sostenibile, mettendo a disposizione flussi cumulati di nuovi finanziamenti pari a 88 miliardi di euro di cui 8 miliardi dedicati all'economia circolare.
Lo scorso anno, ricordano i ricercatori, l'Agenzia internazionale per l'energia ha pubblicato un rapporto in cui sottolinea come uno scenario di contenimento del riscaldamento globale a 1,5°C (in linea con gli Accordi di Parigi) escluderebbe la nascita di nuovi giacimenti di petrolio e gas. Ma nessuna delle banche che si sono impegnate a raggiungere lo zero netto negli ultimi anni ha annullato i finanziamenti all'industria fossile. Anzi. Dei 145,9 miliardi dispiegati dalle 44 banche che hanno aderito alla Net-zero banking alliance ben 11,6 miliardi hanno raggiunto QatarEnergy, 13 miliardi Saudi Aramco e 10 miliardi ExxonMobil. Non mancano però alcuni casi di successo. Nella giusta direzione, secondo i ricercatori, si starebbe incamminando La Banque Postale che nel 2021 si è impegnata a porre fine ai finanziamenti alle società che contribuiscono all'espansione del settore del petrolio e del gas, fino ad azzerarli entro il 2030. Ma anche Crédit Agricole e Nordea Bank, che hanno assunto impegni simili sul carbone.