Empowerment femminile, De Molli: “Servono incentivi fiscali”

Rita Annunziata
30.9.2021
Tempo di lettura: 5'
Valerio De Molli di The European House – Ambrosetti spiega a che punto siamo in Italia in termini di empowerment femminile. Poi avverte: “Servono incentivi fiscali e una maggiore trasparenza dei livelli salariali di genere”

La legge Golfo-Mosca ha consentito all’Italia di far aumentare la quota di donne nei board delle quotate a un tasso di crescita annuale composto del 28,4% in media nel periodo 2012-16 (contro il 18,4% nel periodo 2008-12)

L’eliminazione del gender pay gap e l’aumento del tasso di occupazione femminile, fino a eguagliare quello maschile, potrà generare un valore economico pari a 9mila miliardi di dollari nei paesi G20 (circa 12% del pil totale)

Il Manifesto sull’empowerment femminile raccoglie i 10 principi chiave che, secondo The European House – Ambrosetti, devono essere posti al centro delle strategie di sviluppo di istituzioni e imprese al fine di raggiungere la parità di genere

In Italia il countdown della parità di genere continua a scorrere a rilento: solo il 56,5% delle donne lavora o cerca attivamente lavoro, a fronte di una media europea del 68,8%. Una situazione che tende ad ancor più ad aggravarsi nel Meridione. Eppure, secondo alcune stime, l'eliminazione del gender pay gap e l'aumento del tasso di occupazione femminile potrebbe generare un valore economico pari a 110 miliardi di euro (il 6,7% del pil). We Wealth ne ha parlato con Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House – Ambrosetti. Un'occasione anche per discutere del Manifesto sull'empowerment femminile redatto dal Business advisory board coordinato da Ambrosetti Club, che vanta tra i firmatari alcuni nomi di spicco della finanza, da Patrizia Grieco di Mps a Andrea Orcel di Unicredit.
A che punto siamo in Italia in termini di partecipazione femminile all'economia?

La partecipazione delle donne al lavoro configura una situazione di grave ritardo, con numeri record che ci posizionano all'ultimo posto in Europa con solo il 56,5% delle donne che lavorano o cercano attivamente lavoro contro una media europea del 68,8%, con un enorme divario tra il primo Paese nel G20 (Canada con 75,6%) e l'ultimo (India con 22,3%). Il quadro è ancora più critico in alcune aree e/o città del Sud (in Sicilia, Campania e Calabria è inferiore al 40%, tra i dati più bassi al mondo). Il potenziale però c'è: in Italia le donne che vorrebbero avere un'occupazione sono 9 su 10. Come unica società privata esterna chiamata a presentare alla conferenza ministeriale del G20 sul Women empowerment dello scorso 26 agosto a Santa Margerita Ligure, The European House – Ambrosetti è più che mai convinta che serva un cambio di paradigma epocale che ci porti a guardare al tema non solo dalla prospettiva etica, ma anche in modo più “pragmatico” e come opportunità economica di rilancio. Secondo il modello da noi messo a punto, l'eliminazione del gender pay gap e l'aumento del tasso di occupazione femminile (fino a eguagliare quello maschile) potrà generare un valore economico pari a 9mila miliardi di dollari nei Paesi G20 (circa il 12% del pil totale), di cui 110 miliardi di euro solo per l'Italia (6,7% del pil).

A che punto siamo, invece, in termini di presenza femminile ai vertici delle aziende quotate e non? Che ruolo ha avuto in questo contesto, secondo lei, la legge Golfo-Mosca?

Secondo i dati di Cerved, nel 2019 la presenza delle donne nei board delle società quotate era pari al 36,3%. A tale risultato ha contribuito la legge Golfo-Mosca secondo cui almeno il 30% dei membri eletti nei Consigli di amministrazione delle società quotate e delle società a controllo pubblico debbano essere donne. L'introduzione della legge, entrata in vigore il 22 agosto 2012, ha permesso all'Italia di far aumentare la quota di donne nei Cda delle quotate a un tasso di crescita annuale composto del 28,4% in media nel periodo 2012-16 (contro il 18,4% nel periodo 2008-12), raggiungendo l'obiettivo fissato nel 2016. Al contrario, la rappresentanza femminile nei board delle società non quotate è rimasta ampiamente sotto il target del 30%, crescendo più lentamente fino ad attestarsi al 17,7% nel 2019.

Quali sono gli ostacoli culturali e sociali che penalizzano l'empowerment femminile?

Il tema è complesso e determinato da una serie di concause, in primis di matrice socio-culturale, che vede le donne maggiormente coinvolte nei carichi di cura familiare e ancora troppo poco presenti nei settori tecnico-scientifici: in Italia solo il 15% del totale delle donne laureate sceglie dei percorsi di studio legati a discipline Stem (Science, technology, engineering and mathematics, ndr) che sono tra gli ambiti a maggiore crescita occupazionale e di opportunità di lavoro. In aggiunta, in Italia il tasso di partecipazione ai servizi di prima infanzia è del 25,5% contro una media europea del 32,9% (-7,4 p.p.). Un miglioramento dell'offerta di asili nido permetterebbe alle madri di conciliare meglio vita familiare e lavorativa, contribuendo a una riduzione del gender gap nel tasso di dimissione (basti pensare che con l'emergenza covid-19 il 20% delle lavoratrici sta considerando di abbandonare il proprio lavoro per far fronte alle esigenze di cura domestica).

Secondo gli ultimi dati dell'Un women, nessun paese al mondo ha ancora raggiunto la gender equality. Cosa ne pensa? E cosa potrebbe essere fatto ancora da questo punto di vista?

Al G20 del 2014 i paesi si sono impegnati per ridurre il gap tra uomini e donne nel tasso di partecipazione alla forza lavoro del 25% entro il 2025 rispetto ai livelli del 2012. Al 2019, solo Giappone e il Regno Unito avevano raggiunto l'obiettivo. L'Italia, nonostante i miglioramenti siano evidenti, al tasso degli ultimi cinque anni raggiungerebbe il Brisbane Target solo nel 2030, in ritardo di cinque anni rispetto al 2025. Molto deve essere ancora fatto, a partire da un cambiamento culturale dei modelli di riferimento e della percezione del ruolo femminile nel mercato del lavoro. È poi fondamentale promuovere una più equa partecipazione alle discipline Stem, che generano migliori opportunità occupazionali, incentivare le imprese ad assumere più donne attraverso l'introduzione di incentivi fiscali e stimolare una maggiore trasparenza dei livelli salariali di genere.

Cos'è il Manifesto sull'empowerment femminile? E quali sono gli obiettivi?

Il manifesto elaborato da The European House – Ambrosetti raccoglie i 10 principi chiave che, dal nostro punto di vista, devono essere posti al centro delle strategie di sviluppo di istituzioni e imprese al fine di raggiungere la parità di genere e liberare l'energia delle donne in tutti i paesi. I 10 principi vogliono essere uno stimolo affinché i governi sviluppino una visione a 360° sull'empowerment femminile con politiche che consentano di dispiegare la metà dell'energia e del talento della popolazione e un sistema di indicatori per il monitoraggio permanente dei passi avanti compiuti da ogni paese.

Chi compare tra i firmatari?

La stesura del Manifesto per il women empowerment ha beneficiato del supporto e contributo del club The European House – Ambrosetti e di un business advisory board internazionale. Solo per citarne alcuni, tra i firmatari compaiono: Marco Alverà (ceo, Snam), Valentina Bosetti (chairwoman, Terna), Simona Comandè (ceo Italy, Israel & Greece, Philips), Anabel Diaz Calderon (regional ceo Emea rides, Uber), Robert Fauber (president & ceo, Moody's), Marty Flanagan (president & ceo, Invesco), Gabriele Galateri di Genola (chairman, Assicurazioni Generali), Patrizia Grieco (chairwoman, Mps), Nina Hoegh Jensen (country chair, Total Italia - ceo, Total E&P Italy), Ilham Kadri (chairwoman & ceo, Solvay), Päivi Kerkola (ceo, Pfizer Italy), Andrea Orcel (group ceo, Unicredit), Jean-Francois Palus (group managing director, Kering), Monica Poggio (ceo, Bayer Italy), Giovanna Sangiorgi (senior vice president technology sales Emea, Oracle), Cinzia Tagliabue (deputy head of the retail clients division, Amundi e ceo, Amundi sgr), Serpil Timuray (ceo cluster Europe, Vodafone), Marco Tronchetti Provera (executive vice chairman & ceo, Pirelli & C.), Maximilian Viessmann (co-ceo, Viessmann).
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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