Donne: la chiusura del gender gap slitta di una generazione

Rita Annunziata
31.3.2021
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Il countdown dell'uguaglianza di genere torna a rallentare: un'altra generazione di donne dovrà subire gli effetti negativi delle disparità, con gli anni necessari alla chiusura del gap che scivolano da 99,5 a 135,6. L'Islanda, intanto, resta il paese più “roseo”. Buoni progressi anche per l'Italia

La crisi aggiunge 36 anni in più al tempo rimanente a colmare il divario di genere: progressi in fase di stallo nella maggior parte delle grandi economie

Poche donne nei “lavori del domani”. Rappresentano solo il 14% della forza lavoro nel cloud computing, il 20% nell'ingegneria e il 32% nell'intelligenza artificiale

L'Italia guadagna 13 posizioni scivolando dal 76° al 63° posto della classifica generale. Un salto legato principalmente ai progressi sul fronte politico

L'emergenza sanitaria allunga i tempi necessari a colmare il divario di genere a livello globale. E, a un anno di distanza, rende la recessione in rosa (anche definita come “shecession”) più che mai evidente. Secondo il Global gender gap report 2021 del World economic forum, un'altra generazione di donne dovrà subire gli effetti negativi delle disparità, con il countdown dell'uguaglianza che, dopo il recupero del 2019 (dai 108 anni del 2018 a 99,5 anni), torna a rallentare.
Saranno necessari infatti 135,6 anni per chiudere definitivamente il gender gap, con i progressi in fase di stallo nella maggior parte delle grandi economie e le donne frequentemente impegnate nei settori più colpiti dai blocchi, oltre a dover gestire il peso delle incombenze familiari. Un deterioramento, spiega il Wef, in parte attribuito a un crescente “divario politico di genere”. Sebbene oltre la metà dei 156 paesi analizzati registri un miglioramento, infatti, le donne detengono ancora solo il 26,1% dei seggi parlamentari e il 22,6% delle cariche ministeriali a livello globale. Un contesto che, proseguendo lungo questa traiettoria, renderebbe necessario assumere impegni per altri 145,5 anni, contro i 95 dell'edizione del 2020.
In lieve miglioramento invece il gap economico di genere, per la cui chiusura si parla di ulteriori 267,6 anni. Una “lentezza” legata a tendenze opposte: mentre la proporzione di donne tra i professionisti qualificati continua ad aumentare, poche ricoprono ruoli manageriali e persistono disparità di reddito. Chiudono il cerchio le aree dell'istruzione e della salute. Nel primo caso, ben 37 paesi hanno già raggiunto la parità di genere, ma ci vorranno altri 14,2 anni affinché anche gli altri governi si adeguino al passo. Nel secondo, oltre il 95% del gap risulta colmato, in lieve calo rispetto allo scorso anno.

Poche donne nei “lavori del domani”


“La pandemia ha avuto un impatto rilevante sull'uguaglianza di genere, sia sul posto di lavoro che a casa, riportando indietro anni di progressi. Se desideriamo un'economia dinamica per il futuro, è fondamentale che le donne siano rappresentate nei lavori del domani (oggi rappresentano solo il 14% della forza lavoro nel cloud computing, il 20% nell'ingegneria e il 32% nell'intelligenza artificiale, ndr). Ora, più che mai, è necessario focalizzare l'attenzione dei leader, impegnarsi su obiettivi precisi e mobilitare risorse. È il momento per incorporare la parità di genere nei programmi per la ripresa”, interviene Saadia Zahidi, amministratore delegato del World Economic Forum.

Islanda ancora prima al mondo


A guidare la classifica per la dodicesima volta è l'Islanda, avendo colmato l'89,2% del proprio gender gap. Seguono la Finlandia con l'86,1% e la Norvegia con l'84,9%. I paesi che riportano i principali miglioramenti sono Lituania, Serbia, Timor Est, Togo e Emirati Arabi Uniti, che hanno ridotto il divario di genere di almeno 4,4 punti percentuali. Rientrano nel ranking per la prima volta anche l'Afghanistan (156°), la Guyana (53°) e la Nigeria (138°). Complessivamente, l'Europa occidentale continua a essere la regione con le prestazioni migliori in quanto, avendo colmato il 77,6% del suo gender gap, necessita ancora di “soli” 52,1 anni. L'Italia, intanto, guadagna 13 posizioni scivolando dal 76° al 63° posto della classifica generale. Un salto legato principalmente al gender gap politico, nel cui ranking la Penisola sale al 41° posto e al 33° se si considerano le donne al governo. Meno positivo il fronte economico, che la vede arrancare alla 114esima posizione.
Giornalista professionista, è laureata in Politiche europee e internazionali. Precedentemente redattrice televisiva per Class Editori e ricercatrice per il Centro di Ricerca “Res Incorrupta” dell’Università Suor Orsola Benincasa. Si occupa di finanza al femminile, sostenibilità e imprese.

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