Cosa resta del fintech londinese dopo Brexit

Laura Magna
Laura Magna
30.11.2021
Tempo di lettura: 5'
Le grandi banche internazionali sono migrate fin dal 2017 verso altri hub europei. Ma anche il fintech è andato alla ricerca di nuove dimore. Ne abbiamo parlato con Carlo Gualandri, imprenditore seriale e uno dei papà di Internet in Italia (fondatore di Virgilio e Fineco negli anni '90), che aveva scelto la City come sede della sua ultima creatura, Soldo, startup dello spend management. Testa inglese (e in futuro sempre più irlandese) ma cuore e team di sviluppatori italiano doc
“Londra è sempre stata la miglior piazza dove fare finanza e dove far nascere un'azienda. E se è vero per un'impresa tradizionale lo è a maggior ragione per chi fa innovazione, in quanto il regolatore inglese è il più avanzato di tutti. Per questo, almeno prima della follia di Brexit, tutte le fintech nascevano nella City”. A dirlo a We Wealth è Carlo Gualandri, uno dei papà italiani di Internet e fondatore nel 2015 di Soldo, startup fintech che fa servizi per la gestione delle uscite di cassa delle aziende, di qualsiasi settore e dimensione o, in gergo tecnico "spend management". La tecnologia proprietaria (sviluppata con investimenti di 50 milioni) e il modello di business replicabile sono i suoi punti di forza.

Londra non è più hub della finanza


“Londra, business-friendly, densa di capitali, internazionale e aperta era l'ombelico del mondo – dice Gualandri – era così come era stata costruita dagli europei, non certo dagli inglesi. Che hanno barattato tutto quello che essa rappresentava con un senso di malinteso orgoglio britannico. Dal referendum del 2016 tra gli hub dell'innovazione Berlino e Parigi sono cresciuti tantissimo, così la Spagna e l'Olanda, ma nessuno di questi è diventato Londra. E gli effetti veri di Brexit sono stati finora soffocati dall'emergenza pandemica: dobbiamo ancora vederli. In sintesi sappiamo cosa abbiamo perso, e sappiamo che non c'è nulla a sostituirlo”.

La storia di Gualandri


Cittadino inglese dal 2020 e residente nella capitale da dieci anni “per uscire insieme ai miei figli dalla zona di comfort che ti impedisce di crescere”, Gualandri negli anni '90 è stato tra i fondatori di Virgilio ed è una delle menti che ha partorito Fineco. In anni in cui i browser e le challenger bank di fatto non esistevano – anche perché l'informatica non aveva le capacità di storage e di elaborazione necessarie a sostenere quelle innovazioni. Questa eredità l'ha portata anche in Soldo, la cui tecnologia è completamente sviluppata da ingegneri italiani, a Roma. E che in Italia ha avuto il suo secondo centro gravitazionale dall'inizio.


... e di Soldo (testa inglese, cuore e tecnologia italiani)


“Quando si è trattato di trovare il team di ingegneri la scelta naturale è stata l'Italia, perché i team di sviluppatori nella mia vita li ho sempre avuti a Roma, e là ho contatti e relazioni consolidate; inoltre se la distribuzione dell'intelligenza è uniforme, diversa è la distribuzione delle opportunità. In Italia i talenti hanno meno opportunità, noi possiamo ambire a scegliere il meglio”. E la terza ragione è che “l'Italia è uno dei nostri principali mercati di sbocco. Un'azienda che tenta di essere globale non può farlo solo da un paese. Da un polo non si capisce tutto quello che succede in Europa. Dal giorno zero avevamo l'ambizione di essere un'azienda europea e non poteva essere in un solo posto. Quindi dopo l'Italia, abbiamo affiancato Spagna, Germania, Francia, Olanda. Trent'anni dopo la fondazione dell'Ue dovrebbe essere naturale pensare che siamo cittadini d'Europa e che l'impresa si fa in questo mercato, eppure non è così”, dice Gualandri.
Ma se non si è globali, non si entra nei radar degli investitori, non si raccoglie finanza e non si cresce. “E tipicamente arriva un operatore più grande che invade il mercato. Questo è sempre successo in Italia. Oggi se pensiamo alla consegna a domicilio del cibo ci viene in mente Deliveroo o JustEat ma nessuno ricorda che dieci anni fa c'erano Bacchette&forchette e Myfood, aziende italiane basate sullo stesso concetto e del tutto pionieristiche che però non sono riuscite a crescere”, dice Gualandri.

Round per 240 milioni


Soldo, non a caso, è rapidamente finita sotto i riflettori di investitori globali, raccogliendo da questi 240 milioni in due anni (una cifra fuori misura per qualsiasi startup italiana).
Oggi però già non ha più il suo centro nella City. Le maggior banche internazionali sono fuggite per prime. Ma anche le fintech sono state costrette a cercare una nuova base europea. “Nel 2017 per poter sopravvivere abbiamo scelto di guardare all'Irlanda, nel 2019 abbiamo ottenuto la licenza bancaria e abbiamo impiegato tutto il 2020 per spostare i clienti”. E nel futuro, ca va sans dire, sarà Dublino e non Londra a beneficiare dell'aumento di fatturato che Soldo si attende.
“Non siamo ancora a break-even e abbiamo un'ipotesi di finire l'anno con un fatturato di 20 milioni e prospettico di abbonamenti (che indicano i ricavi ricorrenti) di oltre 30 milioni su base annualizzata e un obiettivo tra 100 e 200 milioni nel giro di tre anni. Che è la dimensione per un attore come noi con una logica di servizi software per ambire alla quotazione in Borsa. Non sono escluse nuove raccolte di capitale nel frattempo”.

Il core business al servizio delle imprese


Quanto al business, Soldo gestisce l'intero ciclo del processo di acquisto all'interno di un'organizzazione, dalla decisione, alla disposizione della somma alla rendicontazione.
Dunque le operazioni che la tecnologia di Soldo consente di agevolare sono diverse. “Pensiamo per esempio al business travel, o il procurement, o tutto ciò che ruota intorno alle flotte di auto aziendali e alla benzina che l'azienda deve fornire per esse”, dice Gualandri. “Le fasi da gestire sono tre: la decisione, il pagamento e la riconciliazione. Tutte hanno aspetti automatizzabili. La fase del pagamento, per esempio, una volta che il manager ha autorizzato un acquisto, può essere realizzata senza ulteriori passaggi emettendo una carta virtuale con l'importo preciso del prezzo da pagare”, spiega Gualandri.
La terza fase è infine quella della raccolta delle informazioni per poter classificare, riconciliare e contabilizzare ogni transazione. “Quindi è necessario classificare dal punto di vista fiscale e gestionale ogni uscita di cassa, registrare l'Iva, attribuire il costo al sales o al marketing o altra funzione e arrivare alla riconciliazione della contabilità. Di fatto la tecnologia di Soldo consente di eliminare tutta la manualità del lavoro ricorrente”.

I vantaggi della gestione automatica delle spese


I vantaggi per le aziende clienti sono evidenti. “Secondo i nostri dati i controlli sulla spesa non efficaci sono costati alle imprese europee il 2% del loro fatturato annuo durante il periodo della pandemia. Questo spreco è ciò che Soldo mira a sradicare”. Senza alcun timore che venga “rubato” lavoro ai contabili umani. “Una persona non dovrebbe fare il lavoro di una macchina. Pensiamo al tempo e alle energie mentali liberate che un venditore può dedicare alla strategia se non deve ricostruire almeno un pomeriggio al mese a quale incontro ricondurre ogni scontrino da farsi rimborsare. Pensiamo se un contabile anziché gestire i pagamenti di cui è responsabile affida quella parte alla macchina e può dedicarsi all'analisi del business. La tecnologia sta togliendo spazio a lavori meno qualificati che vengono eliminati perché non più necessari, potrebbe esserci il pericolo che qualcuno non si trasformi e rimanga fuori, ma nella realtà quello che abbiamo visto è che la necessità di ottimizzare la gestione dei processi in azienda esplode perché le aziende si stanno muovendo più velocemente, posso reimpiegare le persone in attività produttive che spesso per fare l'ordinario vengono invece tralasciare”.
Giornalista professionista dal 2002, una laurea in Scienze della Comunicazione con una tesi sull'intelligenza artificiale e un master della Luiss in Giornalismo e Comunicazione di Impresa. Scrivo di macroeconomia, mercato italiano e globale, investimenti e risparmio gestito, storie di aziende. Ho lavorato per Il Mattino di Napoli; RaiNews24 e la Reuters a Roma; poi Borsa&Finanza, il Mondo e Plus24 a Milano. Oggi mi occupo del coordinamento del Magazine We Wealth (e di quello di tre figli tra infanzia e adolescenza). Collaboro anche con MF Milano Finanza.

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