Banche europee: come reggono l'urto del conflitto russo-ucraino

Lo scenario base elaborato da S&P a inizio marzo rimane inalterato: il conflitto russo-ucraino ridurrà l’attività per uno o due trimestri, la guerra non si estenderà ad altri paesi e non prevedrà il coinvolgimento di armi non convenzionali
I legami tra le banche europee e l’Est Europa si sono ridotti drasticamente negli ultimi anni al punto da divenire trascurabili a livello di sistema. A fine 2021 le esposizioni nei confronti di Russia, Ucraina e Bielorussia ammontavano a 92 miliardi di euro
Le banche maggiormente esposte
In questo contesto, i legami tra le banche europee e l'Est Europa si sono dunque ridotti drasticamente negli ultimi anni al punto da divenire “trascurabili a livello di sistema”. A fine 2021 le esposizioni nei confronti di Russia, Ucraina e Bielorussia ammontavano a 92 miliardi di euro. Tra gli istituti che che vantano una presenza maggiormente significativa in Russia o in Ucraina vi è Société Générale che lo scorso 11 aprile ha annunciato che avrebbe venduto la sua filiale russa; il che, stando ai calcoli di S&P, le costerà 2 miliardi di euro, riducendo il suo Common equity tier 1 ratio di 20 punti base. Quanto a UniCredit, si attendono novità sul futuro della sua controllata russa. Ma per gli analisti si tratterebbe comunque di una mossa gestibile anche per il gruppo.
Intanto, i rincari energetici e la carenza di materie prime impatteranno su alcuni settori specifici come i servizi pubblici, l'edilizia e quelli manifatturieri a più alta intensità energetica. E per le banche significherà una minore crescita dei prestiti e delle attività in questi segmenti aziendali e un aumento del rischio di portafoglio. “Riteniamo che alcuni paesi dell'Europa centrale e orientale, in misura minore Italia e Germania, siano più esposti a causa dell'importanza relativa del manifatturiero, dei servizi pubblici e delle costruzioni nelle loro economie e nel mercato del lavoro”, osservano al proposito gli analisti.
In secondo luogo, stando alle stime di S&P, la guerra rallenterà l'attività economica europea complessiva per uno o due quarti. Tuttavia, gli economisti prevedono che la crescita dell'Unione europea e del Regno Unito rallenterà (e non si arresterà) al 3,3% e al 3,5% nel 2022. Nessun paese dovrebbe assistere a una contrazione del prodotto interno lordo quest'anno o il prossimo e anche gli effetti sulla disoccupazione dovrebbero essere “modesti”. In questo contesto, spiegano, anche se “le banche europee dovessero assistere a una crescita dei prestiti più lenta del previsto e a prospettive commerciali complessivamente ridotte, la qualità complessiva degli attivi dovrebbe reggere”. Inoltre, lo shock dei prezzi dell'energia innescato dalla guerra viene considerato temporaneo e, di conseguenza, anche il possibile incremento dei costi operativi degli istituti di credito dovrebbe restare circoscritto al breve termine.