Dal sostenibile alle armi, l'ultima capriola degli investimenti

14.3.2022
Tempo di lettura: 5'
La virata degli investitori sembra figlia della delusione sugli investimenti ESG, che in questo tempo di guerra appaiono meno resilienti del previsto. È una buona ragione per abbandonarli a favore di prodotti che investono in armi e difesa? Io credo di no
Dal sostenibile difensivo alla militarizzazione dell'investimento per finanziare la Difesa. Questo è forse il più radicale cambiamento, sul piano degli investimenti, cui si sta assistendo da due settimane. Rapidissimo incedere di un cambiamento finanziario, dunque, come rapidissima è stata l'escalation in termini di realtà che lo ha fagocitato. Soprattutto se si pensa che, tradizionalmente, si è sempre stati abituati ad assistere a lunghi cicli economici cui la finanza rispondeva, anzi no, che essa stessa anticipava, creando soluzioni, o meglio, tentativi di soluzioni mirate a difendere il portafoglio degli investitori e contemporaneamente a costruire opportunità di valorizzazione del patrimonio nel medio lungo termine. E in questo binario (semplifico ovviamente), si è sempre creata la cosiddetta asset allocation (recentemente ho trovato chi ancora non sapeva cosa fosse, ahimè, pur avendo un gestore e un portafoglio investimenti); seguendo questi cicli, il nostro frequentatore seriale di appuntamenti, ovvero il cliente, è sempre stato educato a vedersi configurare dal suo consulente investimenti tattici, quelli potenzialmente brevi, e altri più legati a una strategia che lo portavano a guardare più lontano, al medio-lungo termine. E in quest'ultima classe, o categoria, di investimenti, si sono ultimamente collocati i fantomatici investimenti sostenibili.
Da questi, celeberrimi nell'anno ormai lasciato alle spalle, in coda alla conclusione di un ciclo economico, forse il più lungo della storia, come da molti commentato, siamo invece arrivati a una delle tematiche in discussione con i clienti in appuntamento negli ultimissimi tempi, questi sì veramente attuali. Clienti che, per carità, bontà loro, non hanno affatto rinnegato l'importanza del clima, di evitare lo spreco dell'acqua, o del miglioramento della governance delle aziende; anzi, proprio in seguito allo scoppio della guerra si sono dovuti ulteriormente convincere di quanto sia importante accelerare il processo verso le fonti di energia alternative, forse il più degno investimento sostenibile. Ma ahimè, ci tengo a precisare, qui non parliamo tanto di quello che succede fuori sotto l'aspetto della realtà tutta, e che drammaticamente ci sconvolge, quanto piuttosto di cruda finanza. E sotto questo aspetto, riduttivo e limitato se si pensa al contesto, quello che è successo, finanziariamente parlando o di portafogli parlando, è stato visto da chi ha investito come un quasi tradimento di rendimento da parte di tutti quegli asset finanziari o strumenti di investimento, che erano stati presentati, visti, e assicurati essere vincenti. Senza alcun dubbio. E nella totale buona fede dei consulenti, che li avevano raccomandati come da privilegiare nel portafoglio.
Parliamo degli investimenti ESG, acronimo che proviamo a ricordare, visto che leggiamo di tutt'altro oramai, e che nel 2021 ci aveva fatto venire a noia la ripetizione, a noi consulenti, e a noia l'ascolto, lato clienti. Il fenomeno cui si è assistito, infatti, accesosi con la volatilità della fine dell'anno scorso e dell'inizio di questo, e ulteriormente con il crearsi della situazione che invade le pagine dei giornali, è stato un vero e proprio, dico la parola odiata, storno. Indiscriminato. Cui hanno fatto eccezione i nuovi tre re magi del sistema finanziario: oro, materie prime, fonti energetiche non pulite (gas e petrolio). E così se fino a qualche tempo fa si parlava di rischio di greenwashing, quasi come il casus belli per antonomasia, e si metteva alla gogna qualsiasi azienda tentasse anche solo di pronunciare la parola magica, ESG, senza meritarselo veramente, e il punto d'attenzione per i prodotti di investimento era essere coerenti con le normative dettate dalla regolamentazione di questo genere di investimenti, pena l'esclusone dal "giro"... Insomma, se il punto era questo, nel giro di due mesi, e ancor più con l'escalation bellica, il tema del sostenibile è diventato quasi solo il contrarian, ovvero il cosa non si è fatto, il cosa ci ha improvvisamente ricordato, soprattutto a noi europei, che siamo in un ritardo inaccettabile, al punto da averci costretto da tempo alle dipendenze da quel paese dell'Est che oggi, aldilà dell'evento già di per sé mostruoso della guerra, ha fatto emergere come siamo messi veramente. E proprio in termini di sostenibilità.
Un Paese che vende all'Europa quell'energia così poco pulita che però ne costituisce la fonte primaria e insostituibile, proprio per l'assenza di un vero processo verso la sostenibilità. Ebbene, a parte questa sua predominanza nella discussione del conflitto, la sostenibilità, questa grande protagonista contrarian, lato investimenti, o meglio lato portafoglio, è stata vista per così dire uscire di scena. Sono le parole di clienti che hanno visto, nella caduta dei portafogli, la disattesa degli investimenti sostenibili. Perché i clienti si aspettavano maggiore resilienza da parte di questo tipo di investimenti, sin dalla prima reattività forte a inizio anno, all'attesa di rialzi dei tassi. Sì. Si aspettavano che si sarebbero comportati diversamente. O meglio, pensavano che sarebbero stati diversi dagli altri investimenti. E perché? Perché avevano dimenticato che dentro il tema della sostenibilità c'è il più grande tema di investimento mai visto: trasformare il mondo in un posto più sostenibile. Come si fa a pensare che accada nel breve? Come pensare che gli investimenti su questa priorità, meglio sulla priorità delle priorità, non possano anche creare incertezza, esitazione in momenti in cui quello che si cerca sono proprio le certezze, i dati, i numeri, gli esiti?
Ho ascoltato un interessante webinar dove si diceva che gli investimenti sostenibili sono delle storie di trasformazione, uno storytelling, e che per questo hanno appassionato tanto i consulenti finanziari quanto gli investitori, proprio perché queste storie riguardavano la vita di tutti. Che ci fosse bisogno di un clima migliore, che dell'acqua non si potesse più pensare che fosse inesauribile, che fosse urgente una trasformazione della logica delle aziende, insomma tutti questi temi - e ne ho citati solo alcuni - per forza di cose avevano davvero convinto. Tutti. Ma allora è vero che hanno tradito l'aspettativa, dato che si sono visti cedere nei portafogli? E i clienti hanno ragione nel dire che non è giusto vedere perdite su questi investimenti? Avrebbero dovuto per così dire "salvarsi"? Non direi. Direi invece, e lo dico quasi fosse una raccomandazione di investimento, che a maggior ragione, dove la ragione è anche la guerra, vanno tenuti. Ricordandosi che questi sono gli investimenti per antonomasia, e come tali richiedono tempo.
Questo vuol dire che l'exploit degli investimenti sostenibili cui si è assistito nel 2021, ora identificato come esagerato o assimilabile quasi a una "bolla”, rientrava nella logica delle mode, e che ora saremmo veramente di fronte alla dura verità? Che questi investimenti sarebbero non certo invulnerabili alla sorte? In parte. Perché quello che distrae (o attrae) in finanza sono due cose: i dati e la comunicazione. I dati sono esiti di anni di attività di aziende che investono per creare risultati. E questo fa la vera differenza tra le aziende che hanno già conquistato valore (si sente parlare di value, ma tradurlo non fa male) e dunque sono più in grado di resistere alle tempeste, di risalire, e le aziende che hanno intrapreso cammini inesplorati (anche se la sostenibilità non è un tema così recente) e sono ancora nel cosiddetto periodo di latenza, della prova dei dati, dei risultati. Poi però c'è l'attrattiva, suscitata dalla comunicazione. Se l'anno scorso il mantra sembrava essere "nessuno tocchi l'ESG", l'inizio di quest'anno sta mostrando sempre di più una comunicazione contraddittoria o fuorviante nei riguardi del vecchio tema della sostenibilità. A partire dal fatto che sembra che l'Europa possa affrontare le sfide attuali grazie a chi sarà disposto a investire, a finanziarla per sostenere (ecco la nuova strana sostenibilità) la spesa ingente sulla militarizzazione e sull'energia. E ancora, rimanendo in Europa, non è certo passata inosservata la notizia sul peso di bilancio dato dalla Germania alla spesa per la Difesa. E qui sempre di investimenti si tratta, anche se lato bilancio di un intero Paese.
Quanto tempo ci vorrà per trasformare questo nuovo tema di investimento, la spesa militare, la Difesa, in un altro che nella comunicazione possa avere la stessa enfasi degli ESG? Io sto già pensando alla ricostruzione... Ma ancora non è un tema così centrale come quello già irruente nella stampa finanziaria, ed entrato anche nella costruzione di dettagliati prodotti finanziari complessi (si legge di certificati azionari che mettono a tema aziende legate alla Difesa). Attenzione. Non sto gridando allo scandalo. Sto solo confermando quanto, finanza docet, le occasioni non manchino mai per fare del momento, il momentum per investire. Forse la sostenibilità aveva reso il cliente più aderente a sé stesso in questa dinamica tipica della finanza. Non così il tema degli armamenti, che ormai può essere identificato come il cosiddetto quarto settore. Dopo oro, materie prime ed energia, quest'ultima speriamo presto dominata da altro genere di fonti. È questa l'idea di un portafoglio? Così è se vi pare. Ma aggiungo: senza smontare il mondo del portafoglio di prima, prima che accadesse tutto questo, perché quel mondo non è scomparso. È solo sotto una grande pressione. Che richiede all'investitore di essere solo sé stesso: appunto un investitore, educato ad attendere il giusto tempo, la giusta durata.
Alla prossima!
Da questi, celeberrimi nell'anno ormai lasciato alle spalle, in coda alla conclusione di un ciclo economico, forse il più lungo della storia, come da molti commentato, siamo invece arrivati a una delle tematiche in discussione con i clienti in appuntamento negli ultimissimi tempi, questi sì veramente attuali. Clienti che, per carità, bontà loro, non hanno affatto rinnegato l'importanza del clima, di evitare lo spreco dell'acqua, o del miglioramento della governance delle aziende; anzi, proprio in seguito allo scoppio della guerra si sono dovuti ulteriormente convincere di quanto sia importante accelerare il processo verso le fonti di energia alternative, forse il più degno investimento sostenibile. Ma ahimè, ci tengo a precisare, qui non parliamo tanto di quello che succede fuori sotto l'aspetto della realtà tutta, e che drammaticamente ci sconvolge, quanto piuttosto di cruda finanza. E sotto questo aspetto, riduttivo e limitato se si pensa al contesto, quello che è successo, finanziariamente parlando o di portafogli parlando, è stato visto da chi ha investito come un quasi tradimento di rendimento da parte di tutti quegli asset finanziari o strumenti di investimento, che erano stati presentati, visti, e assicurati essere vincenti. Senza alcun dubbio. E nella totale buona fede dei consulenti, che li avevano raccomandati come da privilegiare nel portafoglio.
Parliamo degli investimenti ESG, acronimo che proviamo a ricordare, visto che leggiamo di tutt'altro oramai, e che nel 2021 ci aveva fatto venire a noia la ripetizione, a noi consulenti, e a noia l'ascolto, lato clienti. Il fenomeno cui si è assistito, infatti, accesosi con la volatilità della fine dell'anno scorso e dell'inizio di questo, e ulteriormente con il crearsi della situazione che invade le pagine dei giornali, è stato un vero e proprio, dico la parola odiata, storno. Indiscriminato. Cui hanno fatto eccezione i nuovi tre re magi del sistema finanziario: oro, materie prime, fonti energetiche non pulite (gas e petrolio). E così se fino a qualche tempo fa si parlava di rischio di greenwashing, quasi come il casus belli per antonomasia, e si metteva alla gogna qualsiasi azienda tentasse anche solo di pronunciare la parola magica, ESG, senza meritarselo veramente, e il punto d'attenzione per i prodotti di investimento era essere coerenti con le normative dettate dalla regolamentazione di questo genere di investimenti, pena l'esclusone dal "giro"... Insomma, se il punto era questo, nel giro di due mesi, e ancor più con l'escalation bellica, il tema del sostenibile è diventato quasi solo il contrarian, ovvero il cosa non si è fatto, il cosa ci ha improvvisamente ricordato, soprattutto a noi europei, che siamo in un ritardo inaccettabile, al punto da averci costretto da tempo alle dipendenze da quel paese dell'Est che oggi, aldilà dell'evento già di per sé mostruoso della guerra, ha fatto emergere come siamo messi veramente. E proprio in termini di sostenibilità.
Un Paese che vende all'Europa quell'energia così poco pulita che però ne costituisce la fonte primaria e insostituibile, proprio per l'assenza di un vero processo verso la sostenibilità. Ebbene, a parte questa sua predominanza nella discussione del conflitto, la sostenibilità, questa grande protagonista contrarian, lato investimenti, o meglio lato portafoglio, è stata vista per così dire uscire di scena. Sono le parole di clienti che hanno visto, nella caduta dei portafogli, la disattesa degli investimenti sostenibili. Perché i clienti si aspettavano maggiore resilienza da parte di questo tipo di investimenti, sin dalla prima reattività forte a inizio anno, all'attesa di rialzi dei tassi. Sì. Si aspettavano che si sarebbero comportati diversamente. O meglio, pensavano che sarebbero stati diversi dagli altri investimenti. E perché? Perché avevano dimenticato che dentro il tema della sostenibilità c'è il più grande tema di investimento mai visto: trasformare il mondo in un posto più sostenibile. Come si fa a pensare che accada nel breve? Come pensare che gli investimenti su questa priorità, meglio sulla priorità delle priorità, non possano anche creare incertezza, esitazione in momenti in cui quello che si cerca sono proprio le certezze, i dati, i numeri, gli esiti?
Ho ascoltato un interessante webinar dove si diceva che gli investimenti sostenibili sono delle storie di trasformazione, uno storytelling, e che per questo hanno appassionato tanto i consulenti finanziari quanto gli investitori, proprio perché queste storie riguardavano la vita di tutti. Che ci fosse bisogno di un clima migliore, che dell'acqua non si potesse più pensare che fosse inesauribile, che fosse urgente una trasformazione della logica delle aziende, insomma tutti questi temi - e ne ho citati solo alcuni - per forza di cose avevano davvero convinto. Tutti. Ma allora è vero che hanno tradito l'aspettativa, dato che si sono visti cedere nei portafogli? E i clienti hanno ragione nel dire che non è giusto vedere perdite su questi investimenti? Avrebbero dovuto per così dire "salvarsi"? Non direi. Direi invece, e lo dico quasi fosse una raccomandazione di investimento, che a maggior ragione, dove la ragione è anche la guerra, vanno tenuti. Ricordandosi che questi sono gli investimenti per antonomasia, e come tali richiedono tempo.
Questo vuol dire che l'exploit degli investimenti sostenibili cui si è assistito nel 2021, ora identificato come esagerato o assimilabile quasi a una "bolla”, rientrava nella logica delle mode, e che ora saremmo veramente di fronte alla dura verità? Che questi investimenti sarebbero non certo invulnerabili alla sorte? In parte. Perché quello che distrae (o attrae) in finanza sono due cose: i dati e la comunicazione. I dati sono esiti di anni di attività di aziende che investono per creare risultati. E questo fa la vera differenza tra le aziende che hanno già conquistato valore (si sente parlare di value, ma tradurlo non fa male) e dunque sono più in grado di resistere alle tempeste, di risalire, e le aziende che hanno intrapreso cammini inesplorati (anche se la sostenibilità non è un tema così recente) e sono ancora nel cosiddetto periodo di latenza, della prova dei dati, dei risultati. Poi però c'è l'attrattiva, suscitata dalla comunicazione. Se l'anno scorso il mantra sembrava essere "nessuno tocchi l'ESG", l'inizio di quest'anno sta mostrando sempre di più una comunicazione contraddittoria o fuorviante nei riguardi del vecchio tema della sostenibilità. A partire dal fatto che sembra che l'Europa possa affrontare le sfide attuali grazie a chi sarà disposto a investire, a finanziarla per sostenere (ecco la nuova strana sostenibilità) la spesa ingente sulla militarizzazione e sull'energia. E ancora, rimanendo in Europa, non è certo passata inosservata la notizia sul peso di bilancio dato dalla Germania alla spesa per la Difesa. E qui sempre di investimenti si tratta, anche se lato bilancio di un intero Paese.
Quanto tempo ci vorrà per trasformare questo nuovo tema di investimento, la spesa militare, la Difesa, in un altro che nella comunicazione possa avere la stessa enfasi degli ESG? Io sto già pensando alla ricostruzione... Ma ancora non è un tema così centrale come quello già irruente nella stampa finanziaria, ed entrato anche nella costruzione di dettagliati prodotti finanziari complessi (si legge di certificati azionari che mettono a tema aziende legate alla Difesa). Attenzione. Non sto gridando allo scandalo. Sto solo confermando quanto, finanza docet, le occasioni non manchino mai per fare del momento, il momentum per investire. Forse la sostenibilità aveva reso il cliente più aderente a sé stesso in questa dinamica tipica della finanza. Non così il tema degli armamenti, che ormai può essere identificato come il cosiddetto quarto settore. Dopo oro, materie prime ed energia, quest'ultima speriamo presto dominata da altro genere di fonti. È questa l'idea di un portafoglio? Così è se vi pare. Ma aggiungo: senza smontare il mondo del portafoglio di prima, prima che accadesse tutto questo, perché quel mondo non è scomparso. È solo sotto una grande pressione. Che richiede all'investitore di essere solo sé stesso: appunto un investitore, educato ad attendere il giusto tempo, la giusta durata.
Alla prossima!